Acido ascorbico, indicarlo in etichetta come “vitamina C” può indurre in errore sulla sua valenza tecnologica.

 

Quesito: Sull’etichetta di un prodotto contenente acido ascorbico, si può scrivere vitamina C? Il prodotto è un semilavorato di farina che tra gli ingredienti ha anche acido ascorbico (miscela contenete nucleo (enzimi + acido ascorbico) e farina 00).

 

Risponde l'avvocato Stefano Senatore.

 

L’acido ascorbico (o acido L-ascorbico) è uno dei composti organici che identificano la vitamina C, analogamente alle sostanze L-ascorbato di sodio, L-ascorbato di calcio, L-ascorbato di potassio e 6-palmitato di L-ascorbile.

La sua presenza negli alimenti può essere dovuta alla composizione naturale delle materie prime (essendo presente in natura, ad esempio, nei vegetali a foglia verde, nei peperoni, nei pomodori, nei kiwi e negli agrumi) oppure all’aggiunta intenzionale della sostanza nel corso del processo produttivo. Tale aggiunta intenzionale, a sua volta, può avere luogo per diverse finalità, dalle quali dipende la qualifica giuridica della sostanza ed il regime normativo applicabile.

In particolare, qualora l’acido ascorbico sia impiegato in ragione della sua valenza nutrizionale come vitamina C, troverà applicazione la disciplina di cui al regolamento (CE) 1925/2006, concernente, per l’appunto, l’aggiunta di vitamine, minerali ed altre sostanze agli alimenti.

Diversamente, ove lo scopo del suo utilizzo sia quello di esercitare una specifica funzione tecnologica sul prodotto, l’acido ascorbico andrà qualificato:

  1. come additivo alimentare, soggetto alle disposizioni del regolamento (CE) 1333/2008, nel caso in cui la sua aggiunta abbia (o possa presumibilmente avere) per effetto che la sostanza o i suoi sottoprodotti diventino, direttamente o indirettamente, componenti dell’alimento, conformemente alla definizione stabilita dall’articolo 3, paragrafo 2, lettera a);
  2. come coadiuvante tecnologico, nel caso in cui, invece, né la sostanza, né i suoi sottoprodotti siano destinati a divenire componenti del prodotto finito, fatta salva l’eventuale presenza, non intenzionale ma tecnicamente inevitabile, di residui di tale sostanza o di suoi derivati.

Sulla base di tali premesse è possibile analizzare la fattispecie oggetto del quesito, nella quale l’acido ascorbico è stato addizionato ad un semilavorato ad uso professionale, costituito anche da enzimi e farina di grano tenero, presumibilmente destinato alla preparazione di prodotti da forno (come può ricavarsi dal termine gergale “nucleo” utilizzato nel settore).

Ad avviso di chi scrive, è ragionevole ritenere che il suddetto impiego dell’acido ascorbico assolva, essenzialmente, una funzione tecnologica in combinazione con la farina, al fine di migliorare le caratteristiche dell’impasto finale del prodotto da forno al quale il semilavorato è destinato. Pertanto, il composto in esame andrà considerato un additivo alimentare rispetto al prodotto semilavorato in cui è attualmente contenuto.

Il che, del resto, risulta coerente con le previsioni del regolamento (CE) 1333/2008, che contempla tale sostanza come additivo alimentare e ne autorizza, espressamente, l’uso nelle farine all’allegato II, parte E, punto 06.2.1.

Ne consegue che, nell’etichettatura del semilavorato, l’acido ascorbico dovrà essere identificato con le modalità previste dall’articolo 22 del regolamento (CE) 1333/2008, utilizzando la denominazione di “acido ascorbico” e/o il numero “E 300” previsti dall’allegato II, parte B.

A parere dello scrivente, non dovrebbe invece potersi ritenere consentito il riferimento alla “vitamina C”, neppure se aggiunto in etichetta a titolo complementare e volontario, in quanto suscettibile di indurre in errore gli acquirenti in merito alla valenza tecnologica (e non nutrizionale) dell’acido ascorbico aggiunto nella miscela.

 

[Articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 1/2024, Filo diretto con l'esperto]