Indicazione quantitativa degli ingredienti: se la presenza è inferiore a quanto dichiarato in etichetta.

 

Quesito: Su un prodotto dolciario ho dichiarato la presenza di uova al 16%, mentre da un rapporto analitico la percentuale presente risulta del 15,1, quindi inferiore a quanto dichiarato. Si tratta di una non conformità secondo la normativa ? Se sì, qual è il riferimento normativo o perlomeno ufficiale per questo tipo di non conformità? C'è un range a cui mi devo riferire per poter assegnare analiticamente la conformità al prodotto? Se dichiarassi il 16% di uova e il prodotto ne contenesse il 17% sarebbe comunque non conforme?

 

Risponde l'avvocato Stefano Senatore.

 

L’indicazione quantitativa degli ingredienti utilizzati nella preparazione dei prodotti alimentari è disciplinata dall’articolo 22 e dall’allegato VIII del regolamento (UE) 1169/2011.

Le citate disposizioni regolano, in particolare, sia i casi in cui l’indicazione risulta obbligatoria nell’etichettatura degli alimenti preimballati, sia le esenzioni dall’obbligo, sia, infine, le modalità di fornitura dell’informazione.

In merito a quest’ultimo profilo, per quanto qui rileva, la regola generale è stabilita dall’allegato VIII, punto 3 del regolamento, secondo il quale l’indicazione della quantità è espressa in percentuale e deve corrispondere alla quantità dell’ingrediente al momento della sua utilizzazione (rapportata con la quantità totale degli ingredienti della ricetta).

Sono peraltro contemplate anche alcune regole speciali, stabilite per tenere conto delle eventuali variazioni nella proporzione degli ingredienti che potrebbero essere apportate dal processo produttivo o dalle fasi successive di preparazione.

Nello specifico, il punto 4 dell’allegato VIII dispone che:

  1. per gli alimenti che hanno subito una perdita di umidità in seguito al trattamento termico o di altro tipo, la quantità è indicata come percentuale, corrispondente alla quantità dell’ingrediente utilizzato in relazione alla quantità del prodotto finito; qualora, però, tale indicazione percentuale (o la somma delle indicazioni percentuali di tutti gli ingredienti menzionati sull’etichettatura) superi il 100%, la quantità dovrà essere espressa come peso dell’ingrediente utilizzato per preparare 100 g di prodotto finito;
  2. la quantità degli ingredienti volatili è indicata in funzione della loro proporzione ponderale nel prodotto finito;
  3. la quantità degli ingredienti utilizzati sotto forma concentrata o disidratata e ricostituiti durante la fabbricazione può essere indicata sulla base della loro proporzione ponderale così come registrata prima della loro concentrazione o disidratazione;
  4. quando si tratta di alimenti concentrati o disidratati da ricostituirsi mediante l’aggiunta di acqua, la quantità degli ingredienti può essere indicata sulla base della loro proporzione ponderale nel prodotto ricostituito.

Dai dati normativi illustrati in precedenza si può ricavare che, in linea generale, l’indicazione quantitativa – salvo le ipotesi sopra citate in cui debba essere riferita alla quantità effettivamente presente nel prodotto finito – è normalmente basata sulla quantità aggiunta durante il processo produttivo (quindi, sulla “ricetta”). Ne consegue che in tali casi, a parere di chi scrive, anche i controlli sulla conformità dell’etichettatura non potrebbero fondarsi esclusivamente sulle analisi dell’alimento immesso sul mercato, dovendo invece considerare le quantità di partenza utilizzate dall’operatore.

Pertanto, nell’esempio prospettato nel quesito, in cui venga indicato il 16% di uova in relazione ad un prodotto dolciario, gli accertamenti dovrebbero risalire alla quantità di uovo utilizzata, rapportando quest’ultima con la quantità totale degli ingredienti o, nel caso di processo produttivo con perdita di umidità, con la quantità del prodotto finito.

Fermo quanto sopra, va chiarito che la disciplina in esame non prevede specifiche soglie di tolleranza che permettano di giustificare eventuali disallineamenti tra la quantità dell’ingrediente indicata nell’etichettatura e la quantità identificata all’esito degli accertamenti (a seconda dei casi, documentali e/o analitici).

Neppure le relative linee guida della Commissione, adottate con la comunicazione 2017/C 393/05 “sull’applicazione del principio della dichiarazione della quantità degli ingredienti (QUID)”, indicano limiti entro i quali lo scarto tra i valori indicati e quelli reali possa considerarsi accettabile.

L’unico riferimento sul punto si rinviene all’interno della circolare del Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato del 31 marzo 2000, n. 165 (recante “Linee guida relative al principio della dichiarazione della quantità degli ingredienti”), secondo la quale “le quantità indicate nell’etichettatura designano la quantità media dell’ingrediente o della categoria di ingredienti da citare”. Il riferimento alla “quantità media” potrebbe infatti esprimere, implicitamente, l’intenzione del Ministero di reputare ammissibili gli scostamenti tra la quantità riferita ad un singolo imballaggio e l’indicazione quantitativa fornita, laddove quest’ultima risulti, comunque, corrispondente alla quantità media dell’intera partita.

Ad avviso di chi scrive, tuttavia, varie ragioni inducono a non fare affidamento sulla valenza delle suddette (ormai risalenti) indicazioni ministeriali, tenuto conto che le stesse: in primo luogo, sono riferite agli obblighi derivanti dall’articolo 8 del decreto legislativo n. 109/1992, ormai abrogato; in secondo luogo, non trovano alcun riscontro obiettivo nelle vigenti disposizioni del regolamento (UE) 1169/2011; infine, per loro natura rimangono prive di effetti giuridici vincolanti invocabili dagli operatori.

Le precedenti considerazioni portano lo scrivente a concludere che ogni (pur minima) difformità tra le quantità indicate e quelle accertate possa rappresentare, potenzialmente, una non conformità dell’etichettatura assoggettabile alle relative sanzioni penali ed amministrative.

Con specifico riferimento ai profili sanzionatori, assumono rilievo in particolare:

  • l’articolo 11 del decreto legislativo n. 231/2017, in base al quale “salvo che il fatto costituisca reato, la violazione delle disposizioni relative all'indicazione quantitativa degli ingredienti di cui all'articolo 22 ed all'allegato VIII del regolamento (…) fatte salve le deroghe ivi previste, comporta l'applicazione al soggetto responsabile della sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 1.000 euro a 8.000 euro”;
  • l’articolo 515 del codice penale, che punisce con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a euro 2.065 “chiunque, nell'esercizio di una attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all'acquirente (…) una cosa mobile, per (…) quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita”.

Infine, venendo all’ultima parte del quesito, si rileva che l’unica tipologia di non conformità che potrebbe –  in ipotesi – andare esente da conseguenze sanzionatorie sarebbe quella in cui venisse dichiarata una quantità di ingrediente minore della quantità effettivamente accertata in sede di controllo (ad esempio, qualora l’operatore, in relazione ad un prodotto dolciario, dichiarasse il 16% di uova avendone, invece, utilizzata una quantità corrispondente al 17% della quantità del prodotto finito).

Al riguardo, appare ragionevole ritenere che un errore “per difetto” di questo tipo, nella generalità dei casi e salvo eccezioni, non sia tale da indurre ingannevolmente il consumatore all’acquisto del prodotto, fornendo, al contrario, una rappresentazione meno appetibile dell’alimento. Con ciò, si potrebbe considerare la condotta inidonea a pregiudicare gli interessi tutelati dalle regole di etichettatura, con riferimento sia alla posizione del consumatore, sia a quella degli operatori concorrenti sul mercato.

L’argomento da ultimo illustrato potrebbe, quindi, potenzialmente essere speso, nell’ambito di un procedimento sanzionatorio, per sostenere un’interpretazione della norma coerente con il principio di offensività, nel senso di considerare punibili esclusivamente le dichiarazioni di quantità degli ingredienti da cui risulti una quantità maggiore rispetto a quella effettivamente utilizzata.

 

[Articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 7/2022, Filo diretto con l'esperto]