Vendita di carne di vitello: mancata indicazione dell'età in etichetta, sanzioni e responsabilità.

 

Quesito: Un supermercato ha ricevuto una visita dall’Ispettorato Centrale della Tutela della Qualità e Repressione Frodi dei Prodotti agroalimentari (ICQRF), che ha segnalato l’assenza in etichetta sulla carne di vitello della dicitura “età alla macellazione inferiore agli 8 mesi”; in seguito, le è arrivata comunicazione di una sanzione di 2.800 euro, se pagata entro cinque giorni, per mancato rispetto dell’articolo 13 del decreto del Ministero delle Politiche agricole e forestali del 24 ottobre 2018.

Nella contestazione dell’illecito amministrativo è precisato che non sussistono le circostanze previste dall’articolo 1 del decreto legge 91/2014, quindi la violazione non è diffidabile e pertanto non è possibile sanare il problema nei 30 giorni previsti dall’articolo 3, comma 1, del decreto legge 91/2014.

Su richiesta del verbalizzante, il gestore del supermercato risponde che al momento non sono reperibili cartelli informativi da esporre al pubblico con indicazioni dell’età e queste non sono visibili nemmeno nei documenti di trasporto. È possibile
rivalersi sul fornitore della carne che ha omesso l’età alla macellazione? 

 

Risponde l'avvocato Stefano Senatore

 

Ai sensi dell’allegato VII, parte I, punto IV del regolamento (UE) 1308/2013, le carni ottenute da bovini di età inferiore a otto mesi devono essere accompagnate, in ogni fase della produzione e della commercializzazione, dalle seguenti indicazioni:

  1. la denominazione di vendita “vitello”;
  2. la dicitura “età alla macellazione: inferiore a 8 mesi”, che può essere sostituita dalla dicitura “categoria V” nelle fasi che precedono la distribuzione al consumatore finale.

Le citate disposizioni prevedono che le informazioni siano riportate con un’etichetta apposta sulle carni oppure, nel caso di vendita al dettaglio al consumatore finale di carne non preimballata, con le modalità stabilite dagli Stati membri.

L’Italia ha dato applicazione alla disciplina europea attraverso il decreto del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali del 24 ottobre 2018, nel quale si prevede, tra l’altro, che per le carni non preimballate, poste in vendita al consumatore finale presso esercizi al dettaglio, le etichette con le indicazioni obbligatorie possano essere sostituite con un’informazione esposta al pubblico accanto alla merce o in modo tale che sia, comunque, riconducibile inequivocabilmente alla carne cui si riferisce.

Nel caso prospettato nel quesito, il personale dell’ICQRF, nel corso di un controllo ufficiale condotto presso un supermercato il 20 gennaio 2022, ha constatato l’avvenuta messa in vendita di carne di vitello non preimballata, sia allo stato sfuso che come “preincarto” a libero servizio, senza la fornitura dell’indicazione obbligatoria sull’età di macellazione.

Di conseguenza, con nota datata 22 gennaio 2022 la stessa ICQRF ha avviato, nei confronti dell’operatore responsabile del punto vendita, un procedimento per l’applicazione delle sanzioni amministrative previste dall’articolo 5, comma 1-bis del decreto legislativo 58/2004, in base al quale “l’operatore o l’organizzazione, come definiti dall’articolo 12 del regolamento (CE) n. 1760/2000, che in ogni fase della produzione e della commercializzazione non apponga, o apponga in maniera errata, sulle carni ottenute da bovini di età non superiore a dodici mesi un’etichetta recante le indicazioni obbligatorie, previste ... dal punto IV dell’allegato XI-bis del regolamento (CE) n. 1234/2007 ... è soggetto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 euro a 12.000 euro”.

Nella citata nota, l’ICQRF ha, tra l’altro, precisato di non ritenere applicabile alla violazione in esame la diffida di cui all’articolo 1, comma 3 del decreto-legge 91/2014. Valutazione che lo scrivente ritiene di poter condividere, posto che l’attuale formulazione della norma – come modificata da ultimo dall’art. 1-ter del decreto-legge 42/2021 – esclude l’operatività dell’istituto “nel caso in cui i prodotti non conformi siano stati già immessi in commercio, anche solo in parte, e che nella fattispecie, per l’appunto, 11 kg di carne sono risultati essere già stati venduti prima dei controlli ufficiali.

In relazione a tale vicenda, nel quesito si rileva che la violazione degli obblighi di etichettatura sarebbe imputabile, in realtà, all’operatore che ha fornito la carne al supermercato, il quale non avrebbe messo a disposizione dell’acquirente le indicazioni sull’età degli animali. Ci si chiede, pertanto, se il gestore del supermercato possa rivalersi, nei confronti del proprio fornitore di carne, per i danni subiti in conseguenza del procedimento sanzionatorio amministrativo.

Al riguardo, si evidenzia innanzitutto che la pretesa prospettata nel quesito dovrebbe – in linea di principio – essere inquadrata nell’ambito della responsabilità per inadempimento contrattuale, regolata dalle disposizioni del codice civile sull’inadempimento delle obbligazioni, di cui agli articoli 1218 e ss., e da quelle specificamente dedicate ai contratti di vendita, di cui agli articoli 1470 e ss.

Il gestore del supermercato, infatti, potrebbe – potenzialmente – contestare al proprio fornitore la vendita di merce inidonea all’uso cui era destinata (ossia, alla commercializzazione), in quanto priva delle indicazioni obbligatorie prescritte dalla legge, formulando, di conseguenza, una domanda di risarcimento dei danni derivati dall’inadempimento del venditore, ai sensi degli articoli 1223 e 1494 del codice civile.

Va tuttavia chiarito che un eventuale giudizio, instaurato per far valere tale pretesa risarcitoria, potrebbe non avere esito favorevole per l’acquirente.

In particolare, l’Autorità giudiziaria investita della controversia – qualora riconducesse la fattispecie al regime della garanzia per vizi della cosa venduta – potrebbe respingere la domanda di tutela in forza dell’articolo 1491 del codice civile, che esclude le garanzie dell’acquirente in caso di vizi “facilmente riconoscibili” (a meno che il venditore abbia espressamente dichiarato che la merce era esente da vizi). In tal senso si è pronunciato, ad esempio, il Tribunale di Bari con la sentenza n. 5334/2015, che ha qualificato come “vizio facilmente riconoscibile” la mancanza di informazioni obbligatorie nell’etichettatura di prodotti cosmetici.

Si ricorda, peraltro, che in base all’articolo 1494 del codice civile il compratore decade dalla garanzia per vizi se non denunzia gli stessi al venditore entro 8 giorni dalla loro scoperta e che, in caso di “vizi apparenti” (rilevabili attraverso un esame rapido e sommario del bene), la giurisprudenza fa decorrere tale termine dalla data di consegna dei prodotti.

 

[Articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 4/2022, Filo diretto con l'esperto]