Filetti di pesce congelati: riconfezionamento in vaschette più piccole ed etichettatura.

 

Quesito: In uno stabilimento autorizzato alla lavorazione dei prodotti della pesca (eviscerazione, sfilettatura, confezionamento e vendita di prodotti della pesca freschi o congelati), è possibile riconfezionare in quantità più piccole dei filetti di pesce panati congelati? Nella fattispecie, si tratterebbe di sconfezionare i filetti prodotti da terzi e confezionati in cartoni contenenti grosse quantità, riconfezionarli in vaschette più piccole e, infine, etichettare le vaschette stesse e rivenderle. Qualora fosse possibile, nella nuova etichetta dovrà essere indicato soltanto lo stabilimento che ha prodotto i filetti, quello che li ha riconfezionati oppure entrambi?

 

I prodotti della pesca eviscerati, sfilettati e confezionati sono riconducibili alla categoria dei “prodotti della pesca preparati”, definiti dal regolamento (CE) 853/2004, al punto 3.6. dell’allegato I, come “i prodotti della pesca non trasformati sottoposti ad una operazione che ne abbia modificato l'integrità anatomica, quali l'eviscerazione, la decapitazione, l'affettatura, la sfilettatura e la tritatura”.

I suddetti alimenti sono soggetti ai requisiti specifici di igiene previsti dall’allegato III del regolamento (CE) 853/2004 e, in particolare, dalla sua Sezione VIII dedicata ai “prodotti della pesca”. Pertanto, gli stabilimenti che li lavorano e commercializzano devono essere preventivamente riconosciuti dall’Autorità competente ai sensi dell’articolo 4 del regolamento, salvo ricorra una delle ipotesi di esenzione ivi previste [1].

Ad avviso di chi scrive, anche i filetti di pesce impanati e congelati dovrebbero potersi qualificare come “prodotti della pesca preparati”, posto che:

  • il filetto di pesce tal quale rientra nella definizione di “prodotto della pesca preparato”, avendo subìto una lavorazione che ha “modificato l’integrità anatomica” del pesce fresco intero;
  • un “prodotto della pesca preparato” potrebbe diventare un “prodotto della pesca trasformato” solo ove fosse sottoposto ad un “trattamento” ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera m) del regolamento (UE) 852/2004, ossia, ad una “azione che provoca una modificazione sostanziale del prodotto iniziale, compresi trattamento termico, affumicatura, salagione, stagionatura, essiccazione, marinatura, estrazione, estrusione o una combinazione di tali procedimenti”;
  • lo scrivente ritiene che la mera aggiunta della panatura al filetto di pesce non sia tale da causare una “modificazione sostanziale” del prodotto di partenza e non rappresenti, quindi, un “trattamento” nel senso indicato al punto precedente (peraltro, le stesse Linee guida applicative del reg. CE 853/2004, approvate dalla Conferenza Stato-Regioni, confermano che i “prodotti non trasformati [di origine animale, NdR] contenenti prodotti di origine vegetale” restino comunque classificati come “prodotti non trasformati” [2]);
  • parimenti, neppure il congelamento può rappresentare un’operazione di “trattamento”, essendo ciò espressamente escluso dall’articolo 1, paragrafo 1, lettera n) del regolamento (CE) 852/2004 (che definisce “prodotti non trasformati” tutti gli alimenti “non sottoposti a trattamento, compresi i prodotti che siano stati … refrigerati, congelati, surgelati o scongelati”).

La qualificazione di tali filetti di pesce, impanati e congelati, come “prodotti della pesca preparati” comporta l’applicazione, anche nei loro confronti, dei requisiti specifici di igiene stabiliti dall’allegato III, sezione VIII del regolamento (CE) 853/2004, con conseguente obbligo di riconoscimento per gli stabilimenti coinvolti nella loro preparazione e commercializzazione, come previsto dal già citato articolo 4.

In definitiva, alla luce delle precedenti considerazioni, si dovrebbe poter concludere che sia le attività di eviscerazione, sfilettatura, confezionamento e vendita di prodotti della pesca freschi, sia le attività di lavorazione, confezionamento e vendita di prodotti della pesca freschi impanati debbano essere poste in essere nell’ambito di stabilimenti muniti di riconoscimento.

In particolare, si ritiene che tale riconoscimento vada richiesto, in entrambe le ipotesi, per le attività di “FFPP Fresh fishery products plants - Impianti di lavorazione dei prodotti della pesca freschi, conformemente alla classificazione prevista dalle “Linee guida in materia di igiene dei prodotti della pesca” adottate dalla Conferenza Stato-Regioni [3] (nella categoria FFPP sono, difatti, incluse la “preparazione di prodotti della pesca e dell’acquacoltura, compresa la macellazione (filetti, spiedini e altre preparazioni con aggiunta di prodotti vegetali, sushi ecc.)”, il “congelamento, scongelamento e glassatura”, nonché i “prodotti della pesca separati meccanicamente”).

Venendo, in conclusione, all’oggetto del quesito, a parere dello scrivente, lo stabilimento già riconosciuto per le attività “FFPP” ai fini delle operazioni di eviscerazione, sfilettatura, confezionamento e vendita di prodotti della pesca freschi dovrebbe poter, al contempo, svolgere anche le operazioni di sconfezionamento, riconfezionamento, etichettatura e vendita dei prodotti della pesca freschi impanati.

 

Resta fermo che, all’esito dello sconfezionamento e del riconfezionamento dei prodotti impanati, dovrà essere applicato agli stessi un nuovo marchio di identificazione, recante il numero di riconoscimento dello stabilimento presso cui hanno avuto luogo tali attività, come stabilito dall’allegato II, sezione I, parte A del regolamento (CE) 853/2004.

Non sarà, invece, necessario indicare in etichetta la sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento di cui al decreto legislativo n. 145/2017. L’articolo 4 di tale testo normativo prevede, infatti, un’esenzione generale per tutti i prodotti alimentari che riportino un marchio di identificazione.

Ciò non toglie che, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera h) del regolamento (UE) 1169/2011, nell’etichettatura del prodotto preimballato dovranno figurare il nome e l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare responsabile delle informazioni sugli alimenti. Tale soggetto dovrà essere identificato applicando il criterio stabilito dall’articolo 8 del medesimo regolamento, in base alla quale: “l’operatore del settore alimentare responsabile delle informazioni sugli alimenti è l’operatore con il cui nome o con la cui ragione sociale è commercializzato il prodotto o, se tale operatore non è stabilito nell’Unione, l’importatore nel mercato dell’Unione”.

 

[Articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 4/2022, Filo diretto con l'esperto]



NOTE:

[1] Secondo l’articolo 4, paragrafo 2 del regolamento (CE) 853/2004, “gli stabilimenti che trattano i prodotti di origine animale per i quali sono previsti requisiti ai sensi dell'allegato III del presente regolamento possono operare solo se l'autorità competente li ha riconosciuti a norma del paragrafo 3 del presente articolo, ad eccezione degli stabilimenti che effettuano esclusivamente:

  1. produzione primaria;
  2. operazioni di trasporto;
  3. magazzinaggio di prodotti che non richiedono installazioni termicamente controllate;
  4. operazioni di vendita al dettaglio diverse da quelle cui si applica il presente regolamento ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 5, lettera b)”.

[2] v. l’Allegato I dell’Atto rep. 253/CSR del 17 dicembre 2009 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, recante “Accordo, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le Regioni e delle Province autonome relativo a ‘Linee guida applicative del Regolamento n . 85312004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sull'igiene dei prodotti di origine animale’”.

[3] V. l’Atto rep. 195/CSR del 5 novembre 2015 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.


ALLEGATO: