Depositi di prodotti congelati di origine animale: obbligo di riconoscimento ed eccezioni.

 

Quesito: Un'azienda che svolge attività di deposito frigorifero autonomo può stoccare (all'interno della cella a temperatura negativa) e commercializzare, oltre a gelati, prodotti da forno, vegetali e ortofrutticoli (tutti congelati/surgelati), anche prodotti di origine animale congelati/surgelati (prodotti della pesca, carni di ungulati domestici, preparati di carne eccetera), essendo riconosciuta ai sensi del regolamento (CE) 852/2004, senza essere riconosciuta ai sensi del regolamento (CE) 853/2004? Trattasi di prodotti tutti confezionati (non esposti). I prodotti sono commercializzati presso bar, ristoranti ed anche negozi di genere alimentare. Nel caso la stessa azienda avesse anche uno stabilimento di lavorazione di prodotti di origine animale, la cella sopra menzionata potrebbe ospitare anche i prodotti lavorati e confezionati da se stessa? Potrebbe ospitare anche la materia prima da lavorare (prodotti di origine animale confezionati) senza che questa cella sia riconosciuta ai sensi del regolamento (CE) 853/2004?

 

Risponde l'avvocato Stefano Senatore.

 

Gli alimenti di origine animale indicati nel quesito (prodotti della pesca, carni di ungulati domestici e preparazioni di carne) rientrano tra i prodotti soggetti ai requisiti di igiene previsti dall’allegato III del regolamento (CE) 853/2004.

Pertanto, secondo quanto previsto dall’art. 4 del regolamento, gli stabilimenti che trattano tali alimenti possono operare, in linea di principio, solo previo riconoscimento dell’autorità competente.

È tuttavia prevista un’eccezione per le attività di commercio al dettaglio, che l’art. 3, punto 7 del regolamento (CE) 178/2002 definisce come “la movimentazione e/o trasformazione degli alimenti e il loro stoccaggio nel punto di vendita o di consegna al consumatore finale, compresi i terminali di distribuzione, gli esercizi di ristorazione, le mense di aziende e istituzioni, i ristoranti e altre strutture di ristorazione analoghe, i negozi, i centri di distribuzione per supermercati e i punti di vendita all'ingrosso”.

Ai sensi dell’art. 1, par. 5 del regolamento (CE) 853/2004, infatti, le suddette attività sono espressamente escluse dal campo di applicazione del citato testo normativo – e di conseguenza dall’obbligo di riconoscimento – nei seguenti casi:

1. quando le attività di commercio al dettaglio sono dirette alla vendita al consumatore finale;

2. quando le attività di commercio al dettaglio sono volte a fornire i prodotti ad altri operatori del settore alimentare e ricorre una delle ipotesi indicate di seguito:

  • le operazioni si limitano al magazzinaggio o al trasporto, nel qual caso si applicano comunque i requisiti specifici di temperatura stabiliti nell'allegato III”;
  • la fornitura di alimenti di origine animale è effettuata unicamente da un laboratorio annesso all'esercizio di commercio al dettaglio ad un altro laboratorio annesso all'esercizio di commercio al dettaglio e, conformemente alla legislazione nazionale, tale fornitura costituisce un'attività marginale, localizzata e ristretta”.

Stando alle disposizioni innanzi richiamate, ad avviso di chi scrive, il mero “magazzinaggio e trasporto” di alimenti congelati preimballati, finalizzato alla successiva fornitura a ristoranti, bar e rivenditori al dettaglio, dovrebbe potersi qualificare come “commercio al dettaglio”, essendo conseguentemente escluso dal campo di applicazione del regolamento (CE) 853/2004 e dall’obbligo di riconoscimento.

Tale interpretazione è stata, peraltro, fatta propria anche dalle linee guida istituzionali predisposte per orientare gli operatori nell’applicazione delle disposizioni europee, con particolare riferimento:

  • alla “Guida all’attuazione di alcune disposizioni del regolamento (CE) n. 853/2004 in materia d’igiene degli alimenti d’origine animale”, adottata dalla Commissione europea il 16 febbraio 2009, secondo la quale “i depositi frigorifero utilizzati nelle operazioni di commercio all’ingrosso, che concretamente si limitano al trasporto e al magazzinaggio, non hanno bisogno di essere riconosciuti, pur essendo soggetti alle prescrizioni in materia di temperatura” (paragrafo 4.4);
  • alle “Linee guida applicative del regolamento 853/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sull’igiene dei prodotti di origine animale”, adottate dalla Conferenza Stato-Regioni con atto n. 253/CSR del 17 dicembre 2009, in base alle quali “vengono ad ogni modo esclusi dal riconoscimento i depositi frigorifero ed i cash and carry che stoccano o commercializzano esclusivamente prodotti di origine animale confezionati o imballati all'origine”.

In definitiva, seguendo l’interpretazione innanzi prospettata, l’operatore dovrebbe poter condurre il deposito frigorifero di prodotti preimballati sulla base dell’attuale registrazione dello stabilimento ai sensi del regolamento (CE) 852/2004. Ciò, a condizione che provveda a comunicare, preliminarmente, all’autorità competente le variazioni delle attività svolte presso il deposito, ai fini dell’aggiornamento della registrazione.

Si ritiene che quanto sopra possa valere anche nell’ipotesi in cui il deposito frigorifero sia usato per il magazzinaggio ed il trasporto di alimenti di origine animale, preimballati e congelati, che siano stati prodotti dal medesimo operatore presso un diverso stabilimento di lavorazione delle carni. Anche in tal caso, difatti, lo stoccaggio avrebbe ad oggetto alimenti diretti alla vendita e dovrebbe, quindi, potersi qualificare come “commercio al dettaglio”.

Diversamente, ove il deposito refrigerato ospiti anche le materie prime destinate ad essere trasformate presso il proprio stabilimento di lavorazione, a parere dello scrivente dovrebbe ritenersi necessario il riconoscimento dello stabilimento, conformemente all’art. 4 del regolamento (CE) 853/2004 (a meno che, ai sensi dell’art. 1, par. 5, lett. b), punto ii) del regolamento, “la fornitura di alimenti di origine animale [sia] effettuata unicamente da un laboratorio annesso all'esercizio di commercio al dettaglio ad un altro laboratorio annesso all'esercizio di commercio al dettaglio e, conformemente alla legislazione nazionale, tale fornitura costituisce un'attività marginale, localizzata e ristretta”).

 

[Articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 9/2021, Filo diretto con l'esperto, pp. 85-87]