Produzione di formaggi con latte crudo e indicazione in etichetta.

 

Quesito: Un’azienda riconosciuta produce formaggi freschi con latte vaccino crudo. Tali prodotti si possono commercializzare prima dei 30 giorni di stagionatura? È obbligatorio riportare in etichetta la dicitura “con latte crudo”? Qual è la normativa di riferimento?

 

Risponde l'avvocato Stefano Senatore.

 

Il latte crudo, secondo la definizione fornita dal reg. (CE) 853/2004 sull’igiene degli alimenti di origine animale, è “il latte prodotto mediante secrezione della ghiandola mammaria di animali di allevamento che non è stato riscaldato a più di 40 °C e non è stato sottoposto ad alcun trattamento avente un effetto equivalente” (allegato I, punto 4.1).

Tale latte, per poter essere utilizzato a fini alimentari, deve soddisfare tutti i requisiti stabiliti dall’allegato III, sezione IX del medesimo regolamento (CE) 853/2004 e, in particolare:

  1. deve provenire da animali che non presentano sintomi di malattie infettive trasmissibili all'uomo attraverso il latte, né sintomi di altre malattie che possano comportare una contaminazione del latte, né ulcerazioni della mammella tali da poter alterare il latte (capitolo I, paragrafo I, punto 1 della sezione IX);
  2. gli animali devono appartenere ad allevamenti indenni o ufficialmente indenni da brucellosi (capitolo I, paragrafo I, punto 2);
  3. se latte vaccino, non può presentare una carica batterica a 30 °C superiore a 100.000 germi per millilitro, mentre il limite massimo di cellule somatiche è 400.000 per millilitro (capitolo I, paragrafo III, punto 3, lettera A);
  4. se latte di altre specie animali, è invece ammessa una carica batterica fino a 1.500.000 unità per milliltro; tale soglia si riduce però a 500.000 qualora il latte sia destinato alla fabbricazione di prodotti il cui processo non comporti alcun trattamento termico (capitolo I, paragrafo III, punto 3 lettere A e B);
  5. il prodotto non può contenere residui di antibiotici oltre i livelli massimi consentiti (capitolo I, paragrafo III, punto 4;
  6. devono essere soddisfatti i limiti massimi di temperatura di conservazione del latte, come stabiliti dal capitolo II, paragrafo I.

Qualora siano rispettati tutti i requisiti normativi, il latte crudo potrà essere impiegato tal quale anche per la produzione di formaggi, senza alcun obbligo di stagionatura minima.

Il prodotto lattiero-caseario così ottenuto dovrà però riportare nell’etichettatura la dicitura “fabbricato on latte crudo”, nel caso in cui – come stabilito dal capitolo IV – il suo processo di fabbricazione non preveda alcun trattamento termico, né altre forme di trattamento fisico o chimico.

Da ultimo, è opportuno ricordare che i requisiti del latte crudo precedentemente citati vanno incontro ad alcune deroghe, tra le quali:

  • la possibilità di impiegare latte crudo ovi-caprino proveniente da animali appartenenti ad allevamenti non indenni da brucellosi, a condizione che gli stessi non presentino una reazione positiva alla prova della brucellosi o siano stati vaccinati e che il latte sia destinato alla produzione di formaggi con maturazione minima di due mesi (allegato III, sezione IX, capitolo I, paragrafo I, punto 3 del regolamento CE 853/2004;
  • la possibilità di utilizzare latte crudo ovi-caprino non rispondente ai criteri per il tenore di germi, se destinato alla produzione di formaggi con maturazione minima di 60 giorni (art. 1 dell’Intesa della Conferenza Stato-Regioni n. rep. 2673 del 16 novembre 2006);
  • la possibilità di usare latte crudo vaccino degli animali in alpeggio, senza necessità di eseguire analisi riguardanti il tenore di germi e cellule somatiche, qualora il latte di tali animali sia risultato conforme durante il periodo di allevamento a valle (art. 2 della predetta Intesa);
  • la possibilità di impiegare latte crudo vaccino degli animali in alpeggio, anche nel caso in cui le analisi condotte durante l’allevamento a valle siano risultate difformi dai criteri per il tenore di germi e cellule somatiche, purché tale latte sia destinato a produrre formaggi con maturazione minima di 60 giorni (art. 2 della predetta Intesa).

 

[Articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 6/2021, Filo diretto con l'esperto, p. 94-97]