Igiene, le disposizioni italiane sono applicabili se non contrastano con quelle europee.

 

Quesito: Il d.p.r. 327/80 e i regolamenti locali d'igiene, dove non in contrasto con i requisiti di igiene dell'allegato II del regolamento (CE) 852/04 sono ancora applicabili? Se sì, lo sono in virtù di quale legge, principio o disposizione?

 

Risponde l'avvocato Stefano Senatore

 

La materia dell’igiene dei prodotti alimentari è, attualmente, disciplinata da numerose fonti giuridiche dell’Unione europea, tra cui rilevano, in particolare, i regolamenti (CE) n. 852/2004 e n. 853/2004.

Tali atti normativi sono stati adottati nell’esercizio delle competenze che il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (di seguito, TFUE) attribuisce alle Istituzioni europee nei seguenti settori:

  • politica agricola comune (articolo 43 TFUE);
  • instaurazione e funzionamento del mercato interno (articolo 114 TFUE);
  • sanità pubblica (articolo 168 TFUE);
  • protezione della salute e della sicurezza dei consumatori (articolo 169 TFUE).

Come previsto dall’articolo 4 TFUE, trattasi per lo più di materie in cui l’Unione ha una competenza concorrente con quella degli Stati membri, con la conseguenza che – ai sensi dell’articolo 2 TFUE – gli Stati membri possono esercitare la loro competenza legislativa solo “nella misura in cui l’Unione non ha esercitato la propria, salvo espressa autorizzazione da parte del diritto unionale.

Nello specifico, il regolamento (CE) n. 852/2004, all’articolo 17, autorizza temporaneamente gli Stati membri a mantenere le proprie normative in materia di igiene dei prodotti alimentari, qualora già state adottate in attuazione della previgente direttiva 93/43/CEE, nel rispetto delle seguenti condizioni:

1) deve trattarsi di norme nazionali che stabiliscono i criteri o requisiti di cui all'articolo 4, paragrafo 3, lettere da a) a e) del medesimo regolamento, ossia:

  1. criteri microbiologici relativi ai prodotti alimentari;
  2. procedure necessarie a raggiungere gli obiettivi fissati per il conseguimento degli scopi del regolamento;
  3. requisiti in materia di controllo delle temperature degli alimenti;
  4. mantenimento della catena del freddo;
  5. campionature e analisi.

2) tali norme possono essere mantenute solo nell’attesa che tali criteri o requisiti siano definiti dalla Commissione europea come stabilito dall’articolo 4, paragrafo 4.

Da quanto sopra consegue che, ad avviso di chi scrive, le disposizioni dell’ordinamento italiano che regolano i profili igienici della produzione alimentare – comprese quelle contenute nel d.P.R. n. 327/1980 e nei regolamenti locali d'igiene citati nel quesito –, laddove non siano state abrogate da successive norme interne, continuano ad applicarsi nella misura in cui non si pongano in contrasto con la sovraordinata normativa europea.

Resta fermo che gli eventuali conflitti tra le disposizioni italiane e quelle europee dovranno essere risolti con la disapplicazione delle norme interne, in ossequio al principio del primato del diritto UE  elaborato dalla giurisprudenza europea e nazionale (in merito al quale si richiama, in particolare, la sentenza della Corte Costituzionale 8 giugno 1984, n. 170).

 

AGGIORNAMENTO:

Come noto, il d.P.R. 327/1980 è stato recentemente abrogato ad opera dell’articolo 18, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 27/2021.

Ad ogni modo, per effetto del successivo decreto legge 42/2021, è stata fatta salva l'applicazione delle disposizioni di esecuzione degli articoli 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 12-bis, 13, 17, 18, 19 e 22 della legge 30 aprile 1962, n. 283.

 

[Articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 4/2020, Filo diretto con l'esperto, p. 90]