Ipermercati e procedura di lavaggio per gli abiti da lavoro.

 

Quesito: Un ispettore veterinario Asl ha chiesto ad un mio cliente che ha un ipermercato una procedura specifica per il lavaggio delle divise.
È possibile sostenere che per un ipermercato con fasi di lavoro e di preparazione standardizzate (assimilabili al ristorante per la gastronomia, pescheria per il relativo settore, macelleria per il relativo settore) si possa adottare un Sistema di gestione per la Sicurezza alimentare semplificato, non avendo per questo procedure dettagliate, come la procedura del lavaggio camici (vedi comunicazioni provenienti dalle istituzioni, dagli organi e dagli organismi dell'Unione europea, Commissione europea, comunicazione della Commissione relativa all'attuazione dei sistemi di gestione per la sicurezza alimentare riguardanti i programmi di prerequisiti e le procedure sui principi del Sistema Haccp, compresa l'agevolazione/la flessibilità in materia di attuazione in determinate imprese alimentari – 2016/C 278/01, in Gazzetta ufficiale Ue del 30 luglio 2016, senza dimenticare il considerando 15 e l'articolo 5, par. 2, lett. g), sulla flessibilità)?

 

Risponde l'avv. Stefano Senatore.

 

Il regolamento (CE) n. 852/2004, al capitolo VIII dell’allegato II, nell’individuare i requisiti di igiene personale che devono essere soddisfatti dagli operatori del settore alimentare (Osa), prescrive che chiunque lavori nei locali per il trattamento di alimenti debba indossare indumenti puliti.

Ai sensi dell’articolo 3 del regolamento, l’Osa è tenuto a garantire (e dimostrare all’Autorità) il rispetto di tale requisito, anche stabilendo – secondo l’articolo 4 – le “procedure necessarie a raggiungere l’obiettivo”.

Di qui, la necessità di definire una procedura documentata di lavaggio degli indumenti, per prevenire il pericolo di contaminazione delle derrate alimentari da pare degli abiti sporchi.

Peraltro, la procedura di lavaggio rientra nell’ambito dei cosiddetti “programmi di prerequisiti” (PRP), trattandosi di una misura di controllo che deve essere stabilita ed attuata, preliminarmente ed autonomamente rispetto all’autocontrollo Haccp, per conformarsi ai requisiti di igiene previsti dai regolamenti (CE) nn. 852/2004 e 853/2004.

Ebbene, la stessa comunicazione della Commissione 2016/C 278/01, citata nel quesito, conferma espressamente che per ogni PRP deve essere definita e documentata una “procedura dettagliata”; precisa inoltre che la procedura deve essere inserita anche nel piano Haccp, in sede di “analisi dei pericoli”, in quanto solo i pericoli non gestibili tramite PRP devono essere assistiti da un punto critico di controllo (CCP) (v. allegato II, punto 4 e punto 10 della comunicazione).

 

Per quanto concerne la flessibilità, va premesso che l’eventuale adozione di un sistema semplificato per la gestione della sicurezza alimentare, con esonero dall’applicazione di specifici PRP, non può essere adottato unilateralmente dall’Osa, richiedendo, al contrario, una previa valutazione positiva da parte dell’Autorità competente.

Nel caso prospettato, ad ogni modo, si ritiene che non sussistano i presupposti per escludere l’adozione della procedura di lavaggio degli indumenti.

In primo luogo, la presenza di fasi di produzione “standardizzate”, cui si fa riferimento nel quesito, nella comunicazione della Commissione 2016/C 278/01 viene menzionata esclusivamente tra i fattori che potrebbero giustificare una flessibilità nell’applicazione dei principi Haccp (allegato III, punto 4), e non tra quelli (diversi) idonei a legittimare un esonero dai PRP, nell’ambito dei quali rientra la pulizia degli indumenti (allegato III, punto 3).

In secondo luogo – ad avviso di chi scrive, per quanto si può ricavare dalla citata comunicazione – la flessibilità nell’applicazione dei PRP è destinata ad operare nei confronti di imprese di piccole dimensioni e, comunque, laddove si tratti di PRP non pertinenti nel caso concreto, tenuto conto delle peculiarità dello stabilimento.

Il che non si verifica nel caso in esame, non solo perché l’attività è svolta in uno stabilimento esteso e complesso (ipermercato suddiviso in reparti) ma, altresì, perché il lavaggio degli indumenti appare essere una misura di controllo pertinente e necessaria per garantire un ambiente igienicamente idoneo.

Ferma restando la predisposizione di una procedura documentata di lavaggio, residua comunque uno spazio di flessibilità quanto alla definizione del suo contenuto.

È rimessa infatti all’Osa l’individuazione delle modalità con cui garantire la pulizia degli indumenti, che potrebbe essere affidata:

  • al singolo operatore che presta attività nello stabilimento (soluzione sconsigliata, tenuto della difficoltà che incontrerebbe l’Osa nel controllo del ricambio quotidiano, dell'effettivo lavaggio e dell’idoneità del lavaggio a rimuovere gli agenti patogeni);
  • oppure all’azienda, mediante servizio di lavanderia interno o, in alternativa, presso lavanderie esterne specializzate.

 

[Articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&bevande, n. 1/2019, Filo diretto con l’esperto, p. 88-89]