Somministrazione di pietanze, richiesta di congelamento e rintracciabilità.

 

Quesito: E’ normale che in una comunità alloggio per 8/16 utenti l'Asl abbia richiesto, durante un sopralluogo, che siano congelati per 72 ore le pietanze preparate, per eventuali non conformità, e che sulle carni e sui prodotti ortofrutticoli non ci sia solo la qualifica del fornitore, ma una tracciabilità puntale di tali prodotti (provenienza dei prodotti ortofrutticoli, lotto, codice auricolare animale, codice dell'allevamento, codice macello eccetera?. Si precisa che la spesa viene fatta giornalmente nelle piccole macellerie e nei piccoli fruttivendoli, per cui per codeste imprese il responsabile di cucina della comunità risulta un semplice dettagliante. Inoltre si precisa che la ditta ha una puntuale procedura di tracciabilità con scheda apposita su tutti i prodotti confezionati.

 

Risponde l'avv. Stefano Senatore.

 

Le norme speciali in materia di rintracciabilità della carne cui si fa riferimento nel quesito sono quelle contenute nel regolamento (CE) n. 1760/2000, per quanto riguarda la specie bovina, e nel regolamento di esecuzione (UE) n. 1337/2013 per le specie suina, ovina, caprina e per i volatili.

Le disposizioni di cui sopra si applicano, però, soltanto alle carni fresche, refrigerate e congelate, e ad alcune particolari frattaglie bovine, che vengano commercializzate tal quali.

Tutti i prodotti alimentari diversi da quelli sopra citati, anche se ottenuti da carne fresca, refrigerata e congelata, rimangono quindi esentati dal regime speciale di rintracciabilità.

Esemplificativamente, la Commissione europea – con la comunicazione COM(2004)316 – ha confermato l’esclusione delle preparazioni a base di carni crude (come il carpaccio), nonché delle carni cucinate, delle conserve di carne e dei salumi.

 

Ad avviso di chi scrive, pertanto, non dovrebbero ritenersi soggetti agli obblighi speciali di rintracciabilità quegli operatori che – come nel caso in esame –, pur acquistando carne fresca, refrigerata o congelata appartenente alle specie animali di cui sopra, non la commercializzano come tale ma la destinano alla preparazione di alimenti diversi.

Del resto, la stessa normativa europea già citata, laddove prevede che gli obblighi speciali di etichettatura e rintracciabilità si applichino ai soli operatori che “commercializzano” (articolo 13 del reg. [CE] n. 1760/2000) o “producono e distribuiscono” (articolo 3 del reg. [UE] n. 1337/2013) le carni fresche, refrigerate o congelate, rivela l’intenzione di esonerare coloro che impieghino tali carni per altri e diversi fini.

 

Ciò non toglie che – a titolo precauzionale – l’Osa responsabile della somministrazione nella comunità-alloggio, al momento dell’acquisto della carne, possa richiedere alla macelleria di riportare sui documenti di accompagnamento le informazioni richieste dalla normativa sulla rintracciabilità della carne.

 

Per altro verso, per quanto concerne la frutta e gli ortaggi, le norme di commercializzazione che impongono l’indicazione dell’origine si applicano a tutti gli “ortofrutticoli destinati alla vendita al consumatore come prodotti freschi (articolo 76 del regolamento [UE] n. 1308/2013).

Si ritiene pertanto che l’Osa che cura la somministrazione di frutta nella comunità alloggio sia tenuto ad acquisire dal proprio fornitore, ed a conservare, la documentazione recante indicazione del paese di origine.

Al riguardo, va comunque segnalata l’esenzione prevista dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera A del regolamento di esecuzione (UE) n. 543/2011, secondo cui le norme di commercializzazione (compresa l’indicazione dell’origine) non operano per gli ortofrutticoli che, prima della vendita, sono stati sottoposti ad operazioni di mondatura o taglio che li hanno resi “pronti al consumo” o “pronti da cucinare.

 

Ferme tutte le precedenti considerazioni, l’Osa dovrà, in ogni caso, assolvere agli obblighi generali di rintracciabilità previsti dall’articolo 18 del regolamento (CE) n. 178/2002.

In particolare, dovrà essere conservata la documentazione atta ad identificare il nome del fornitore, la natura della merce ricevuta ed il relativo numero di lotto, con le modalità previste dalle “Linee guida ai fini della rintracciabilità degli alimenti e dei mangimi per fini di sanità pubblica”, come approvate dalla Conferenza Stato-Regioni del 28 luglio 2005.

 

Con riferimento, infine, alla richiesta dell’ASL di congelare per 72 ore le pietanze preparate, “per eventuali non conformità” – non essendoci note prescrizioni vincolanti in tal senso da parte della normativa igienico-sanitaria – sarebbe opportuno confrontarsi con la medesima Autorità di controllo, per meglio comprendere quali specifici pericoli essa intende controllare tramite questa procedura. All’esito, si potrà valutare se tale finalità igienico-sanitaria possa essere raggiunta con modalità di autocontrollo alternative e più agevoli per l’operatore.

 

[Articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 8/2018, Filo diretto con l’esperto, pp. 100-101]