Etichettatura degli alimenti preimballati forniti alla ristorazione: monoporzioni di miele e indicazione dell’origine.

 

Torniamo su un'importante sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE), per un breve approfondimento.

La pronuncia in esame è la EU:C:2016:718 del 22 settembre 2016, resa sulla causa C-113/15, Breitsamer und Ulrich, e merita di essere ricordata per i chiarimenti che contiene in merito al concetto di “prodotto alimentare preimballato” ed ai conseguenti obblighi di etichettatura, in caso di vendita di alimenti alle collettività [1].

 

La fattispecie concreta.

L’intervento della CGUE ha preso le mosse da una controversia insorta tra la città di Monaco di Baviera e la società Breitsamer und Ulrich, a causa di una sanzione pecuniaria inflitta a quest’ultima per aver commercializzato monoporzioni di miele prive dell’indicazione del Paese di origine.

Nel 2011, infatti, la Breitsamer und Ulrich metteva in commercio un miele confezionato in cartoni multipli preimballati, ciascuno dei quali contenente 120 porzioni singole da 20 g (in forma di coppette chiuse da un coperchio in alluminio). I cartoni multipli venivano così forniti alle collettività, che a loro volta rivendevano al consumatore le singole coppette nell’ambito di un pasto più ampio.

L’etichettatura dei cartoni multipli recava, correttamente, tutte le informazioni obbligatorie, compreso il Paese di origine del miele, come prescritte dalla normativa unionale (Direttiva 2000/13/CE [2] e Direttiva 2001/110/CE [3]) e dalle disposizioni nazionali di attuazione [4]. Ciò che veniva contestato all’operatore era, invece, l’assenza dell’indicazione di tale Paese di origine sulle singole coppette.

La società Breitsamer und Ulrich insorgeva contro la sanzione dinanzi ai giudici nazionali, sostenendo che le porzioni singole di miele non fossero soggette agli obblighi di etichettatura, non costituendo “prodotto alimentare in imballaggio preconfezionato” ai sensi della Direttiva 2000/13/CE, in ragione del fatto che le coppette non venivano fornite separatamente né alle collettività (alle quali erano vendute nel cartone multiplo) né al consumatore finale (al quale erano messe a disposizione, da parte delle collettività, in abbinamento ad un pasto).

La Corte d’appello amministrativa della Baviera decideva, quindi, di sospendere il giudizio, per chiedere chiarimenti alla Corte di Giustizia UE sulla nozione di “prodotto alimentare in imballaggio preconfezionato”.

 

La questione sottoposta alla CGUE e l’interpretazione della Commissione europea.

Il quesito sottoposto alla CGUE riguardava, in particolare, l’interpretazione dell’art. 1.3, lett. b) della Direttiva 2000/13/CE (oggi sostituito dall’art. 2.2, lett. e) Regolamento (UE) n. 1169/2011, che ne ripropone tuttavia il contenuto), al fine di stabilire se “costituisce un ‘prodotto alimentare in imballaggio preconfezionato’ ciascuna delle singole porzioni di miele che si presentano sotto forma di coppette chiuse da un coperchio di alluminio sigillato e che sono imballate in cartoni multipli forniti a collettività, qualora queste ultime vendano tali porzioni separatamente ovvero le propongano al consumatore finale abbinate a pasti pronti venduti ad un prezzo forfettario”.

Infatti, solo qualora la singola porzione di miele fosse stata qualificata come “prodotto alimentare in imballaggio preconfezionato” (o “alimento preimballato”, nella dizione del Reg. [UE] n. 1169/11 oggi vigente) le informazioni obbligatorie, tra cui il Paese di origine del miele, avrebbero dovuto apparire direttamente sull’imballaggio o su un’etichetta ad esso apposta [5], sin dalla fase di vendita alle collettività (essendo queste ultime sostanzialmente equiparate al consumatore finale ai fini dell’etichettatura [6]).

A ben vedere, la normativa europea in esame aveva già fornito una puntuale definizione di “alimento preimballato”, inteso come “l’unità di vendita destinata ad essere presentata come tale al consumatore finale ed alle collettività, costituita da un prodotto alimentare e dall’imballaggio in cui è confezionato prima di essere messo in vendita, avvolta interamente o in parte da tale imballaggio, ma comunque in modo che il contenuto non possa essere modificato senza che l’imballaggio sia aperto o alterato[7].

Tuttavia la questione era (ed è) di grande rilevanza e attualità, considerato che, in passato, la normativa europea sull’etichettatura era stata concordemente letta proprio nel senso indicato dalla società Breitsamer und Ulrich, ossia, negando la qualifica di “unità di vendita” alle confezioni individuali destinate ad essere fornite al consumatore finale in abbinamento ad un pasto pronto.

Tale interpretazione era stata avallata, del resto, dalla stessa Commissione europea, che nel documento denominato “Domande e risposte sull'applicazione del regolamento (UE) n. 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori”, pubblicato il 31 gennaio 2013, al punto 2.1.3 così precisava:

  • per gli imballaggi multipli destinati ad essere venduti a collettività e comprendenti articoli imballati individualmente, le indicazioni obbligatorie devono apparire direttamente sull’imballaggio multiplo o su un’etichetta ad esso apposta [ciò, in quanto l’imballaggio multiplo è considerato come ‘unità di vendita’, NdR]”;
  • se gli articoli imballati individualmente (nell'imballaggio multiplo) sono unità di vendita destinate al consumatore finale, le informazioni obbligatorie devono figurare anche su ciascun articolo”;
  • tuttavia, “considerando le varie forme in cui gli alimenti sono serviti al consumatore finale negli esercizi di ristorazione, è opportuno sottolineare che le porzioni individuali (ad esempio di confettura, di miele o di mostarda) presentate ai clienti in questi esercizi come parte integrante del pasto non sono considerate unità di vendita. In questo caso, le informazioni devono pertanto figurare unicamente nell’imballaggio multiplo”.

La Commissione non aveva addotto specifici argomenti a sostegno di tale posizione, ma si può ritenere che facesse leva sull’art. 8.7 del regolamento (UE) n. 1169/2011 (già art. 13.1 direttiva 2000/13/CE), nella parte in cui deroga agli obblighi di etichettatura “quando l'alimento preimballato è destinato a essere fornito a collettività per esservi preparato, trasformato, frazionato o tagliato”.

In definitiva, possiamo ipotizzare che la fornitura alla collettività di un capsula di miele destinata ad essere ivi “preparata, trasformata, frazionata e tagliata” venisse equiparata – con una forzatura logica non del tutto condivisibile – alla fornitura alla collettività della capsula di miele destinata, poi, ad essere “presentata ai clienti come parte integrante del pasto”. Ciò, in ragione del fatto che, in entrambi i casi, la porzione singola fornita alla collettività sarebbe destinata ad essere presentata al consumatore finale non “come tale (come richiesto dall’art. 2.2 reg (UE) 1169/2011) ma in forma diversa, cioè trasformata/tagliata o, rispettivamente, parte integrante di un pasto.

 

L’interpretazione offerta dalla Corte di Giustizia.

Ebbene, l’orientamento divulgato dalla Commissione europea è stato espressamente e recisamente sconfessato da parte della Corte di Giustizia UE.

Il Giudice europeo infatti, in primo luogo, ha escluso che nella fattispecie in esame trovino applicazione le deroghe agli obblighi di etichettatura previste dagli artt. 13 e 14 Direttiva 2000/13/CE (oggi, artt. 8 e 44 Regolamento [UE] 1169/2011) per le seguenti ragioni:

  • non opera la deroga relativa agli alimenti preimballati “destinati al consumatore finale, ma commercializzati in una fase che precede la vendita a quest'ultimo allorché tale fase non è la vendita ad una collettività[8], in quanto le coppette di miele sono destinate ad essere presentate in questa stessa forma al consumatore finale e, al contempo, sono vendute proprio ad una collettività;
  • nemmeno opera la deroga relativa agli alimenti preimballati “destinati ad essere consegnati alle collettività per esservi preparati, trasformati, frazionati o somministrati[9], in quanto il miele in questione non è preparato, trasformato, frazionato o somministrato da dette collettività, ma viene per l’appunto presentato al consumatore finale in forma di coppetta chiusa;
  • non opera, infine, la deroga riguardante i “prodotti alimentari non presentati in imballaggi preconfezionati per la vendita al consumatore finale ed alle collettività o per i prodotti alimentari confezionati nei luoghi di vendita a richiesta dell'acquirente o preconfezionati ai fini della vendita immediata[10], in quanto il confezionamento in coppette non avviene presso il luogo di vendita (la collettività).

Superato questo primo ostacolo logico, la CGUE si è quindi soffermata sul problema della riconducibilità o meno delle porzioni singole di miele alla categoria dei “prodotti alimentari in imballaggio preconfezionato”, risolvendolo in senso positivo per i motivi di seguito riportati:

  • per un verso, “il semplice fatto che i cartoni multipli in cui sono imballate le porzioni singole di miele in questione possano essi stessi [i cartoni, NdR] essere qualificati come imballaggi preconfezionati non può comportare che tali porzioni singole non possano costituire un prodotto alimentare in imballaggio preconfezionato”, in quanto lo stesso art. 8 Dir. 2000/13/CE contempla esplicitamente la possibilità che un imballaggio preconfezionato sia costituito, a sua volta, da due o più imballaggi singoli preconfezionati [11];
  • per altro verso, le porzioni singole di miele soddisfano tutte le condizioni previste dall’art. 1 Dir. 2000/13/CE per integrare la fattispecie dei “prodotti alimentari in imballaggio preconfezionato”, poiché a) “sono destinate ad essere presentate come tali al consumatore finale in seguito all’apertura del cartone multiplo da parte della collettività alla quale quest’ultimo è stato consegnato”; b) “sono state confezionate prima della loro messa in vendita”; c) “il loro imballaggio le ricopre integralmente, in modo che il loro contenuto non possa essere modificato senza che l’imballaggio sia aperto o alterato”;
  • da ultimo, si puntualizza che le porzioni singole di miele si considerano “destinate ad essere presentate come tali” sia nel caso di loro vendita separata dalla collettività al consumatore finale (“ad esempio in un ristorante o in una mensa”), sia nel caso di loro abbinamento ad un piatto pronto, venduto a un prezzo forfettario (“ad esempio come parte integrante in un menù predisposto da un esercizio di ristorazione collettiva o come elemento disponibile al buffet di un hotel”).

La Corte ha concluso, pertanto, nel senso che costituisce un “alimento preimballato” ciascuna delle porzioni singole di miele imballate in cartoni multipli forniti ad una collettività, sia qualora queste ultime vendano al consumatore finale le porzioni singole separatamente (cioè con un prezzo individuale), sia nel caso in cui le propongano abbinate a pasti pronti venduti a prezzo forfettario.

Con ciò, se da un lato è stato messo un punto fermo sul rapporto tra alimento preimballato e ristorazione, al contempo questa sentenza è, a sua volta, fonte di incertezza giuridica per il futuro.

Ci si chiede, invero, quale affidamento gli operatori del settore alimentare possano ragionevolmente riporre, d’ora in poi, verso le indicazioni e linee guida della Commissione UE, quando queste ultime, oltre a non avere – come noto – alcun valore giuridico ufficiale, godono di una tale autorevolezza agli occhi della Giudici europei da poter essere liquidate dalla sentenza, en passant, in un capoverso di sole quattro righe [12].

 

NOTE:

[1] Per “collettività”, ai sensi dell’art. 2.2, lett. d) del Regolamento (UE) n. 1169/2011, deve intendersi “qualunque struttura (compreso un veicolo o un banco di vendita fisso o mobile), come ristoranti, mense, scuole, ospedali e imprese di ristorazione in cui, nel quadro di un’attività imprenditoriale, sono preparati alimenti destinati al consumo immediato da parte del consumatore finale”.

[2] Direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari (oggi non più in vigore, in quanto abrogata e sostituita dal Reg. (UE) n. 1169/2011).

[3] Direttiva 2001/110/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, concernente il miele, tuttora vigente.

[4] Nella specie, la Honigverordnung (regolamento sul miele) e la Lebensmittel-Kennzeichnungsverordnung (regolamento sull’etichettatura dei prodotti alimentari).

[5] V. l’art. 13.1, lett a) Direttiva 2000/13/CE (oggi art. 12.2 reg. [UE] n. 1169/2011).

[6] V. art. 1 Regolamento (UE) n. 1169/2011: “Il presente regolamento si applica … a tutti gli alimenti destinati al consumatore finale, compresi quelli forniti dalle collettività, e a quelli destinati alla fornitura delle collettività”; art. 2: “alimento preimballato»: l'unità di vendita destinata a essere presentata come tale al consumatore finale e alle collettività”.

[7] V. l’art. 1.3, lett. b) Direttiva 2000/13/CE, oggi, art. 2.2, lett. e) Regolamento (UE) n. 1169/2011.

[8] Cfr. l’art. 13.1, lett. b), primo trattino Dir. 2000/13/CE e, oggi, l’art. 8.7, lett. a) Reg. (UE) n. 1169/2011.

[9] Cfr. l’art. 13.1, lett. b), secondo trattino Dir. 2000/13/CE e, oggi, l’art. 8.7, lett. b) Reg. (UE) n. 1169/2011.

[10] Cfr l’art. 14 Dir. 2000/13/CE e, oggi, l’art. 44 Reg (UE) n. 1169/2011.

[11] Art. 8.2, lett. c) Dir. 2000/13/CE (oggi punto 3 dell’allegato IX Reg. (UE) n. 1169/2011): “Quando un imballaggio preconfezionato è costituito da due o più imballaggi preconfezionati individuali contenenti la stessa quantità dello stesso prodotto, la quantità netta è indicata…”.

[12] Cfr. il punto 78 della sentenza: “Tuttavia, è sufficiente rilevare che il documento del gruppo di esperti non ha alcun valore vincolante. È d’altronde lo stesso documento in parola ad affermare, al punto 1, che esso non ha alcun valore giuridico ufficiale e che, in caso di controversia, l’interpretazione della normativa dell’Unione spetta in ultima istanza alla Corte”.