Coltivazione e prima trasformazione di piante officinali destinate agli integratori.

 

Quesito: La produzione primaria delle piante officinali è regolamentata dal decreto legislativo 75/2018, secondo cui la coltivazione e la prima trasformazione delle suddette piante sono attività libere che l’imprenditore agricolo può svolgere senza necessità di alcuna autorizzazione o qualificazione. Tra le operazioni di prima trasformazione rientra anche la distillazione, tramite la quale si ottengono gli oli essenziali.

Fatta questa premessa, se volessi vendere un olio essenziale ad aziende produttrici di integratori alimentari, quali sono le autorizzazioni, registrazioni e/o certificazioni di cui necessito? Esiste un riferimento normativo che fornisca delle indicazioni più precise per quelle aziende agricole che non intendono ottenere prodotti finiti, ma materie prime rivolte all’ambito nutraceutico?

 

Risponde l'avvocato Stefano Senatore.

 

Come correttamente rilevato nel quesito, le attività di coltivazione, raccolta e prima trasformazione delle piante officinali trovano, oggi, la loro disciplina di riferimento nel decreto legislativo n. 75/2018. Le disposizioni ivi contenute sono state, peraltro, successivamente integrate dal decreto ministeriale 21 gennaio 2022, recante “elenco delle specie di piante officinali coltivate nonché criteri di raccolta e prima trasformazione delle specie di piante officinali spontanee”.

Tale quadro normativo conferma, innanzitutto, che la coltivazione, la raccolta e la prima trasformazione in azienda delle piante officinali sono considerate attività agricole ai sensi dell’articolo 2135 del codice civile (così, l’articolo 1, comma 5 del d.lgs. 75/2018).

Per quanto concerne, in particolare, le attività di prima trasformazione, ai sensi del comma 4 del citato articolo 1 esse includono il lavaggio, la defoliazione, la cernita, l’assortimento, la mondatura, l’essiccazione, il taglio e la selezione, nonché la polverizzazione delle erbe secche. Vi rientra anche l’ottenimento di oli essenziali da piante fresche, a condizione che le relative operazioni avvengano direttamente nell’azienda agricola e necessitino di essere effettuate con piante e parti di piante fresche appena raccolte. Costituiscono “prima trasformazione”, infine, le attività volte a stabilizzare e conservare il prodotto destinato alle fasi successive della filiera.

Come precisato dal successivo articolo 2, comma 1, la coltivazione, la raccolta e la prima trasformazione, in linea di principio (e salvo alcune eccezioni per gli usi medicinali e le sostanze stupefacenti o psicotrope), sono consentite all'imprenditore agricolo senza necessità di conseguire specifiche autorizzazioni, quanto meno ai fini della normativa sulle piante officinali.

Occorre tuttavia considerare che, laddove l’operatore intenda vendere le piante ad aziende produttrici di integratori alimentari – come nel caso oggetto del quesito – e, più in generale, in ogni altra ipotesi di destinazione alimentare dei vegetali, le attività agricole in esame dovranno anche conformarsi al regolamento (CE) n. 178/2002 ed alle ulteriori disposizioni in materia di igiene e sicurezza degli alimenti (come espressamente confermato dall’articolo 1, comma 8 del d.m. 21 gennaio 2022).

In tal caso, difatti, le piante officinali saranno da considerare, all’esito della loro raccolta, come “prodotti alimentari” [1], mentre il soggetto che conduce le relative attività agricole assumerà la qualifica di “impresa alimentare” [2].

Di conseguenza, sull’imprenditore agricolo graverà – in primo luogo – l’obbligo di non immettere sul mercato piante officinali che rappresentino “alimenti a rischio” (in quanto dannose per la salute o inadatte al consumo umano) ai sensi dell’articolo 14 del regolamento (CE) 178/2002.

In relazione ai prodotti già immessi in commercio, invece, l’articolo 19 precisa che se un operatore ha motivo di ritenere che un alimento da lui importato, prodotto, trasformato, lavorato o distribuito non è conforme ai requisiti di sicurezza, e l’alimento non si trova più sotto il suo controllo immediato, tale operatore deve avviare immediatamente le procedure di ritiro e richiamo dal mercato (per le cui modalità di attuazione si può rinviare alle indicazioni tracciate dall’Accordo n. rep. 2334 del 28 luglio 2005 raggiunto in sede di Conferenza Stato-Regioni, dagli “orientamenti sull’attuazione degli articoli 11, 12, 14, 17, 18, 19 e 20 del regolamento (CE) 178/2002” adottati dalla Commissione europea il 26 gennaio 2010 e dalla nota del Ministero della Salute prot. 47556 del 15 dicembre 2016).

Per tutti i prodotti vegetali ad uso alimentare andrà, inoltre, garantito il rispetto delle norme di rintracciabilità di cui all’articolo 18 del regolamento (CE) 178/2002, implementando sistemi e procedure che permettano di individuare sia gli eventuali fornitori di prodotti, sia i clienti professionali (imprese) ai quali siano stati consegnati i propri prodotti (anche su tali adempimenti, utili istruzioni sono state fornite dalla Conferenza Stato-Regioni con Accordo n. rep. 2334 del 28 luglio 2005).

Sotto ulteriore profilo, l’operatore del settore alimentare titolare dell’azienda agricola sarà tenuto a notificare, all’Autorità competente, ciascuno dei propri stabilimenti ai fini della loro registrazione, come richiesto dall’articolo 6 del regolamento (CE) 852/2004 in materia di igiene alimentare e, nell’ordinamento italiano, dall’articolo 6 del decreto legislativo n. 27/2021 in materia di controlli ufficiali. La notifica, per inciso, si concretizza nella cosiddetta “SCIA sanitaria”, da indirizzare all’ASL territorialmente competente con le modalità previste dalle normative regionali (in coerenza con la disciplina del decreto legislativo 222/2016 sui titoli abilitativi amministrativi e con la modulistica unificata e standardizzata adottata dalla Conferenza Stato-Regioni).

In forza dell’articolo 4 del regolamento (CE) 852/2004, all’imprenditore agricolo operante nel settore alimentare è fatto obbligo, altresì, di rispettare i requisiti generali in materia di igiene previsti dagli allegati al medesimo testo normativo, differenziati a seconda del tipo di attività posta in essere.

Nello specifico, gli operatori che effettuano la produzione primaria (definita dall’articolo 3 del regolamento (CE) 178/2002 come “tutte le fasi della produzione, dell'allevamento o della coltivazione dei prodotti primari, compresi il raccolto, la mungitura e la produzione zootecnica precedente la macellazione e comprese la caccia, la pesca e la raccolta di prodotti selvatici”) sono tenuti a conformarsi ai requisiti “semplificati” definiti nella Parte A dell’Allegato I.

Gli stessi requisiti si applicano anche ad alcune operazioni connesse, tra cui quelle di trasporto, magazzinaggio e manipolazione sul luogo di produzione, purché non siano di entità tale da alterare sostanzialmente la natura dei prodotti primari.

Diversamente, coloro che eseguono fasi della produzione, trasformazione e distribuzione successive alla “produzione primaria” devono rispettare i requisiti generali più dettagliati di cui all’Allegato II del regolamento (CE) 852/2004.

Alle suddette attività di produzione “post-primaria”, ad avviso di chi scrive, dovrebbero ricondursi anche le operazioni volte all’ottenimento degli oli essenziali dalle piante officinali – cui si fa riferimento nel quesito – potendo ritenersi che tale estrazione determini una trasformazione sostanziale rispetto al prodotto vegetale di partenza.

Secondo quanto previsto dall’articolo 5 del regolamento (CE) 852/2004, gli operatori attivi nelle fasi successive alla “produzione primaria” – e quindi, per quanto detto, anche gli agricoltori che ricavino oli essenziali dalle piante – sono inoltre tenuti alla predisposizione ed attuazione di procedure permanenti basate sui principi del sistema HACCP (obbligo dal quale sono, invece, esentati i produttori primari).

Ai fini delle prescrizioni in materia di igiene riferibili alle piante officinali ad uso alimentare e loro derivati, possono poi assumere rilievo le normative concernenti i livelli massimi di contaminanti, con particolare riferimento al regolamento (CE) 1881/2006 (che definisce i tenori massimi di alcuni contaminanti, tra cui metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici e micotossine) [ora sostituito dal regolamento (UE) 2023/915, NdR] ed al regolamento (CE) 396/2005 (concernente i livelli massimi di residui di antiparassitari).

La destinazione alimentare delle piante dovrà, infine, tenere conto delle eventuali restrizioni derivanti dal regolamento (CE) 1925/2006 (sull'aggiunta di vitamine e minerali e di talune altre sostanze agli alimenti), dal regolamento (UE) 2015/2283 (relativo ai nuovi alimenti) e dal decreto ministeriale del 10 agosto 2018 (recante disciplina dell'impiego negli integratori alimentari di sostanze e preparati vegetali).

Non dovrebbero, invece, considerarsi giuridicamente vincolanti per l’uso alimentare delle piante officinali le indicazioni contenute nelle “Good agricultural and collection practice (GACP)” e nelle “Good manufacturing practice (GMP)” dell'Unione europea e nei testi della Farmacopea europea, i quali rappresentano un parametro obbligatorio soltanto rispetto alle piante utilizzate per la produzione di sostanze attive ad uso medicinale e di medicinali.

Ciò non toglie che i suddetti documenti possano, comunque, svolgere un ruolo utile anche per gli operatori del settore alimentare, come punto di riferimento seguito a titolo volontario, nell’ottica di garantire la commercializzazione di prodotti vegetali sicuri e di elevato livello qualitativo.

Ulteriori riferimenti pratici, potenzialmente validi ai fini della corretta applicazione delle norme di igiene e sicurezza, possono rinvenirsi, esemplificativamente, nei seguenti testi:

  • il “Manuale di corretta prassi igienica per le imprese agricole”, predisposto dalla Confederazione Italiana Agricoltori (CIA) che, nel 2008, è stato validato dall’allora Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali;
  • le “Guidelines for Good Agricultural and Hygiene Practices for Raw Materials used for Herbal and Fruit Infusions” (GAHP), adottate dall’associazione di settore Tea & Herbal Infusions Europe (THIE), nella loro ultima versione pubblicata nel settembre 2018;
  • le “Linee guida qualità piante officinali” di Assoerbe, nell’aggiornamento di gennaio 2022.

Fermi gli adempimenti di cui sopra, lo scrivente non ritiene necessario – sul piano strettamente giuridico – il conseguimento di altre e diverse autorizzazioni, registrazioni o certificazioni da parte dell’imprenditore agricolo che svolga attività di coltivazione, raccolta e prima trasformazione di piante officinali, destinate ad essere vendute ad altri operatori per il successivo impiego negli integratori alimentari.

 

[Articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 8/2022, Filo diretto con l'esperto]



NOTE:

[1] Si ricorda che l’articolo 2 del regolamento (CE) 178/2002 definisce “alimento”, “prodotto alimentare” o “derrata alimentare” come “qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da esseri umani.

Sono comprese le bevande, le gomme da masticare e qualsiasi sostanza, compresa l'acqua, intenzionalmente incorporata negli alimenti nel corso della loro produzione, preparazione o trattamento. Esso include l'acqua nei punti in cui i valori devono essere rispettati come stabilito all'articolo 6 della direttiva 98/83/CE e fatti salvi i requisiti delle direttive 80/778/CEE e 98/83/CE”. Non sono compresi nel novero degli alimenti, invece, “i vegetali prima della raccolta”.

[2] La definizione giuridica di “impresa alimentare” è riportata dall’articolo 3 del regolamento (CE) 178/2002, che la identifica con “ogni soggetto pubblico o privato, con o senza fini di lucro, che svolge una qualsiasi delle attività connesse ad una delle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti”.