Salsiccia fresca di suino: l’obbligo di indicazione della quantità di carne utilizzata e le possibili deroghe.

 

Quesito: Un salumificio è stato sanzionato in via amministrativa per la violazione dell’articolo 9, comma 1, lettera d), del regolamento (UE) 1169/2011, in quanto non ha riportato sull’etichetta di una salsiccia fresca la percentuale dell’ingrediente caratterizzante “carne suina”.

Quali sono i casi in cui è obbligatorio indicare tale percentuale? Se l’operatore del settore alimentare aggiunge la dicitura “salsiccia fresca di suino” in etichetta, soddisfa la richiesta normativa, pur non avendo riportato la percentuale suddetta?

L’applicazione dell’articolo 9, comma 1, lettera c, del regolamento (UE) 1169/2011 per la salsiccia fresca di suino non è in contrasto con l’articolo 21 e l’allegato VIII dello stesso regolamento?

 

Risponde l'avvocato Stefano Senatore.

 

L’indicazione della “quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti” (anche “QUID”, acronimo di “quantitative ingredients declaration”) rappresenta una delle indicazioni obbligatorie nell’etichettatura degli alimenti preimballati, prescritta dall’articolo 9, paragrafo 1, lettera d) del regolamento (UE) 1169/2011.

In particolare, secondo il successivo articolo 22, paragrafo 1, l’obbligo di fornire tale informazione sussiste rispetto a quegli ingredienti o categorie di ingredienti che:

a) figurino nella denominazione dell’alimento o, comunque, siano generalmente associati a tale denominazione dal consumatore, oppure

b) siano evidenziati nell’etichettatura mediante parole, immagini o rappresentazioni grafiche o, infine,

c) siano essenziali per caratterizzare un alimento e distinguerlo dai prodotti con i quali potrebbe essere confuso a causa della sua denominazione o del suo aspetto.

Con riferimento al prodotto oggetto del quesito, è da ritenere che esso ricada nel campo di applicazione della citata lettera a) dell’articolo 22. La denominazione che lo identifica, “salsiccia fresca”, è infatti “generalmente associata” alla presenza della “carne”, ingrediente caratterizzante che il consumatore medio si attenderà di trovare nell’alimento.

Quanto sopra, per inciso, varrebbe anche laddove il prodotto fosse immesso in commercio con la denominazione “salsiccia fresca di suino” – che risulta peraltro più corretta rispetto a quella, sin troppo generica, di “salsiccia fresca” – posto che, anche in tal caso, non verrebbe meno l’associazione mentale tra l’alimento e la presenza dell’ingrediente carneo.

Ne consegue – quanto meno in linea di principio, con le precisazioni che seguiranno – che il prodotto in esame potrebbe considerarsi soggetto all’obbligo di indicazione della quantità di carne suina utilizzata, al fine di evidenziare la proporzione esistente tra quest’ultima e gli altri ingredienti riportati in etichetta (ossia: acqua, destrosio, sale, fibre vegetali di agrumi, cicoria e legumi, pepe, antiossidante: E 300, correttore di acidità: E 262 ed E 331, aromi naturali e spezie).

Il ragionamento innanzi illustrato è, probabilmente, quello che ha condotto l’Autorità competente, nel caso oggetto del quesito, a contestare la violazione dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera d) del regolamento.

Ferme le precedenti considerazioni, ad avviso dello scrivente, un argomento che avrebbe potuto essere valorizzato a difesa dell’operatore è l’assenza di un interesse rilevante in capo al consumatore – tale da determinare le sue scelte di acquisto – a conoscere la quantità di carne suina utilizzata nella preparazione della salsiccia fresca. Ciò, in quanto il salume è ottenuto essenzialmente da carne suina, con l’aggiunta di ulteriori ingredienti (già innanzi citati) che, tuttavia, assumono una rilevanza secondaria, sia quantitativamente che sotto il profilo dell’incidenza sulle caratteristiche organolettiche.

Il che potrebbe giustificare l’applicazione della deroga stabilita dall’allegato VIII, punto 1, lettera a), voce iv) del regolamento, secondo cui l’indicazione quantitativa di cui all’articolo 9, paragrafo 1, lettera d) non è richiesta per quell’ingrediente che, “pur figurando nella denominazione dell’alimento, non è suscettibile di determinare la scelta del consumatore nel paese di commercializzazione, poiché la variazione di quantità non è essenziale per caratterizzare l’alimento o tale da distinguerlo da altri prodotti simili”.

È doveroso precisare che l’operatività di tale esenzione nei confronti della salsiccia fresca non può ritenersi scontata, in mancanza di puntuali indicazioni normative e di chiarimenti da parte della giurisprudenza sul punto.

Ad ogni modo, a sostegno della soluzione più favorevole all’operatore, è possibile richiamare la circolare del 31 marzo 2000, n. 165 del Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 92 del 19 aprile 2000 e recante “Linee guida relative al principio della dichiarazione della quantità degli ingredienti (art. 8 del decreto legislativo n. 109/1992) nonché ulteriori informazioni per la corretta applicazione delle disposizioni riguardanti l’etichettatura dei prodotti alimentari”.

Nel citato documento – riferito alla previgente disciplina nazionale di cui al decreto legislativo n. 109/1992, che sotto tale profilo corrisponde, sostanzialmente, all’attuale regolamentazione europea [1] – il Ministero precisava infatti che l’obbligo di indicazione del QUID “non sussiste nel caso di prodotti fabbricati essenzialmente o totalmente a partire da un solo ingrediente (es: prodotti di salumeria, polenta, gorgonzola) o da una sola categoria di ingredienti (es.: latticini). Per questi prodotti, se composti anche da altri ingredienti (formaggio alle noci, gorgonzola al mascarpone) l’obbligo dell’indicazione del QUID riguarderà esclusivamente l’ingrediente diverso da quello fondamentale”.

 

[articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 2/2023, Filo diretto con l'esperto]



NOTE:

[1] L’articolo 9 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109 stabiliva che “1. L'indicazione della quantità di un ingrediente o di una categoria di ingredienti, usata nella fabbricazione o nella preparazione di un prodotto alimentare, è obbligatoria, se ricorre almeno uno dei seguenti casi:

  1. qualora l'ingrediente o la categoria di ingredienti in questione figuri nella denominazione di vendita o sia generalmente associato dal consumatore alla denominazione di vendita;
  2. qualora l'ingrediente o la categoria di ingredienti sia messo in rilievo nell'etichettatura con parole, immagini o rappresentazione grafica;
  3. qualora l'ingrediente o la categoria di ingredienti sia essenziale per caratterizzare un prodotto alimentare e distinguerlo dai prodotti con i quali potrebbe essere confuso per la sua denominazione o il suo aspetto.
  4. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano: a) a un ingrediente o a una categoria di ingredienti: (…) 4) che, pur figurando nella denominazione di vendita, non è tale da determinare la scelta del consumatore per il fatto che la variazione di quantità non è essenziale per caratterizzare il prodotto alimentare, ne è tale da distinguerlo da altri prodotti simili (…)”.