Piano di risoluzione delle non conformità e comunicazione all’autorità di controllo.

 

Quesito: Nel riscontro di non conformità in corso di audit da parte delle autorità competenti sull'operatore del settore alimentare (Osa), vi è l'obbligo da parte di quest’ultimo di comunicare il Piano di risoluzione delle non conformità adottate dall'impresa entro un determinato periodo di tempo e prima della risoluzione delle non conformità? Vi chiedo di conoscere la normativa che regola tale obbligo e concretamente in cosa consiste tale comunicazione alle autorità competenti da parte dell'Osa.

 

Risponde l'avv. Stefano Senatore.

 

Innanzitutto, va chiarito che il c.d. piano di risoluzione delle non conformità (spesso citato anche come “piano d’azione” o “piano di intervento”) non è espressamente disciplinato da alcuna normativa primaria in materia di sicurezza alimentare.

Il regolamento (UE) n. 2017/675 – come già i previgenti regolamenti (CE) n. 882/2004 e n. 854/2004 – si limita, infatti, ad indicare l’audit come una delle attività di controllo ufficiale, senza tuttavia normare specificamente le sue modalità di svolgimento e gli atti adottati al suo esito dall’Autorità di controllo.

L’unico accenno al “piano d’azione” si rinviene nel regolamento di esecuzione (UE) 2019/627 (relativo ai controlli sui prodotti di origine animale), laddove stabilisce che le Autorità competenti, nel caso in cui riscontrino che l’operatore abbia violato ripetutamente il criterio di igiene del processo per la Salmonella o per il Campylobacter, “gli impongono di presentare un piano d’azione e vigilano rigorosamente sul suo esito” (articolo 35, paragrafo 2 e articolo 36, paragrafo 2). Ciò, senza tuttavia definire il contenuto del piano ed il termine per la sua presentazione.

 

Ulteriori chiarimenti in merito sono contenuti nelle “Linee guida per il controllo ufficiale ai sensi dei regolamenti (CE) 882/04 e 854/04”, adottate in sede di Conferenza Stato-Regioni (Rep. Att n. 212/CSR del 10 novembre 2016) per uniformare il comportamento delle Autorità di controllo italiane.

Qui, infatti, il piano d’azione viene espressamente richiamato nell’ambito delle attività successive ai controlli, stabilendo che, ogni qual volta “le conclusioni del controllo ufficiale evidenzino delle non conformità, deve essere richiesto all’OSA di porre rimedio attraverso l’adozione del Piano di azione (capitolo 6).

Neppure le Linee guida contengono, però, indicazioni più dettagliate su tale documento.

 

Malgrado ciò, in via interpretativa, considerando quanto previsto dall’allegato I delle predette Linee guida (dedicato agli audit sugli OSA), nonché dal punto 6 della decisione della Commissione europea 2006/677/CE (riguardante gli audit svolti nei confronti delle Autorità di controllo), si può agevolmente desumere come il “piano d’azione” rappresenti uno strumento di natura collaborativa, volto a consentire la risoluzione delle non conformità con modi e tempistiche concordati tra operatore e controllori.

In particolare, si ritiene che l’Autorità di controllo possa invitare l’OSA ad adottare il “piano d’azione” nella fase conclusiva dell’audit, anticipando tale intenzione già nel corso della riunione di chiusura, in occasione della presentazione delle risultanze e delle conclusioni.

A parere di chi scrive, per adempiere a tale richiesta l’OSA dovrà comunicare, all’Autorità che ha eseguito l’audit, sia gli interventi correttivi che intende attuare per far fronte alle carenze riscontrate, sia le relative tempistiche di esecuzione.

All’esito, l’Autorità di controllo valuterà l’idoneità del piano e, se del caso, parteciperà alla verifica della sua realizzazione.

 

Al riguardo, fermo restando che la responsabilità dell’individuazione delle azioni correttive è sempre e comunque dell’OSA, a titolo precauzionale sarà opportuno che l’operatore, ancor prima di predisporre il piano, rappresenti le azioni correttive che intende attuare già nel corso del riunione di chiusura dell’audit – come peraltro previsto dall’allegato I delle Linee guida per i controlli ufficiali – in modo tale da avere un immediato confronto nel merito con l’Autorità.

 

Per quanto concerne, poi, il termine entro cui il piano dev’essere trasmesso, in mancanza di indicazioni da parte delle più volte citate Linee guida, si ritiene che lo stesso possa essere stabilito discrezionalmente dalla stessa Autorità di controllo, concordandolo se possibile con l’OSA in sede di riunione di chiusura.

Un parametro – meramente indicativo e non vincolante – potrebbe corrispondere a 60 giorni, secondo quanto previsto, per gli audit sulle Autorità di controllo, dalle “Linee guida per il funzionamento ed il miglioramento dell’attività di controllo ufficiale da parte delle Autorità competenti in materia di sicurezza degli alimenti e sanità pubblica veterinaria” (Conferenza Stato-Regioni, rep. atti n. 46/CSR del 7 febbraio 2013).

Inoltre, il piano d’azione dovrà essere comunicato all’Autorità di controllo, per un verso, in congruo anticipo rispetto ai termini stabiliti per la definitiva risoluzione delle non conformità (indicati nel rapporto finale dell’audit) e, per altro verso, prima di dare esecuzione alle azioni correttive.

Ciò, in quanto la funzione del piano è quella di permettere all’Autorità di valutare, preventivamente, se gli interventi e le tempistiche proposte dall’OSA siano sufficienti per la risoluzione delle non conformità riscontrate.

Resta ferma, peraltro, la possibilità che ulteriori e più dettagliate disposizioni sui termini siano riportate all’interno dei Piani regionali integrati o dei Piani aziendali integrati.

 

Si evidenzia infine che – a parere di chi scrive – il mancato rispetto del termine in esame non dovrebbe comportare, di per sé, l’applicazione di alcuna sanzione amministrativa.

Il d.lgs. n. 193/2007, infatti, nel predisporre l’impianto sanzionatorio del c.d. Pacchetto igiene, punisce esclusivamente la violazione dei termine prescritto per l’eliminazione delle inadeguatezze, senza attribuire, invece, rilievo alla violazione del (diverso) termine fissato per la comunicazione del piano d’azione.

 

[Aggiornamento dell'articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 2/2018, Filo diretto con l'esperto, pp. 98-99]