Termine minimo di conservazione in etichetta, nessuna sanzione anche se è superato.

 

Quesito: Che tipo di provvedimento (amministrativo e/o penale) è previsto a carico dell’Osa titolare di un pubblico esercizio (ristorante o supermercato) che pone in vendita alimenti con termine minimo di conservazione superato?

 

Risponde l'avv. Stefano Senatore.

 

Il termine minimo di conservazione (per brevità, anche “tmc”) è definito dal regolamento UE n. 1169/2011 come “la data fino alla quale tale prodotto conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione” (articolo 2, paragrafo 2, lettera r).

L’indicazione del tmc nell’etichettatura degli alimenti, pertanto, diversamente dalla “data di scadenza”, non risponde ad un’esigenza di tutela della salute, avendo invece la funzione di informare il consumatore della data oltre la quale il prodotto può andare incontro ad un graduale deperimento sotto il profilo organolettico o nutrizionale.

Coerentemente, né la normativa europea, né quella italiana prevedono alcun divieto di commercializzare un alimento dopo il decorso del tmc, mentre il regolamento (UE) n. 1169/2011, all’articolo 24, preclude la vendita dei prodotti dopo il decorso della “data di scadenza” (in quanto, in tal caso, l’alimento deve considerarsi “a rischio” ai sensi dell’articolo 14 del regolamento CE n. 178/2002).

Sul piano sanzionatorio, di conseguenza, nell’ordinamento italiano non si rinviene alcuna specifica sanzione, nell’ambito amministrativo come in quello penale, per la mera vendita o somministrazione di un prodotto dopo il superamento del suo termine minimo di conservazione.

Quanto sopra trova, del resto, conferma anche nella circolare dell’8 maggio 2018 del Ministero delle Politiche Agricole, recante chiarimenti sul decreto legislativo n. 231/2017, laddove puntualizza che “non è prevista la sanzione per la cessione o l’esposizione di alimenti oltre il termine minimo di conservazione”.

La stessa giurisprudenza penale – pur rivelando ancora, nelle sue enunciazioni di principio, una certa confusione tra i concetti di “termine minimo di conservazione” e “data di scadenza” – in molteplici occasioni ha avuto modo di ribadire che l’offerta al pubblico di un alimento con tmc spirato non determina, di per sé, alcuna responsabilità in capo all’operatore.

Eventuali illeciti penali potranno essere contestati soltanto nel caso in cui venga accertata, in concreto, la sussistenza degli ulteriori, specifici elementi costitutivi delle singole fattispecie di reato, ossia, esemplificativamente:

  • lo stato di cattiva conservazione delle sostanze alimentari, che potrà integrare il reato di cui all’articolo 5, lettera b) della legge n. 283/1962 (Cass.pen., sez. III, 18.4.2019, n. 17063);
  • la capacità di arrecare danno alla salute, che potrà integrare il commercio di sostante alimentari nocive, punito dall’articolo 444 c.p. (Cass.pen., sez. IV, 11.4.2018, n. 16108), così come il reato di cui all’articolo 5, lettera d) della legge n. 283/1962;
  • la perdita delle qualità specifiche del prodotto, che potrà integrare il reato di frode in commercio di cui all’articolo 516 c.p. (Cass. pen., sez. III, 13.7.2016, n. 38841).

 

[Articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 3/2020, Filo diretto con l'esperto, p. 97-99]