etichettatura – Cibuslex https://www.cibuslex.it Thu, 18 Apr 2024 06:00:07 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.2 https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2020/07/cropped-icon_1-logo-32x32.png etichettatura – Cibuslex https://www.cibuslex.it 32 32 Etichettatura della pasta all’uovo, l’incidenza dell’acqua. https://www.cibuslex.it/2024/04/etichettatura-della-pasta-alluovo-lincidenza-dellacqua/ Thu, 18 Apr 2024 06:00:07 +0000 https://www.cibuslex.it/?p=1045127 {“main-title”:{“component”:”hc_title”,”id”:”main-title”,”title”:””,”subtitle”:”October 18, 2021″,”title_content”:{“component”:”hc_title_empty”,”id”:”title-empty”}},”5ZtkF”:{“component”:”hc_section”,”id”:”5ZtkF”,”section_width”:””,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”vertical_row”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”section_content”:[{“component”:”hc_column”,”id”:”RaEe8″,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_image”,”id”:”Wq9MW”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2024/04/pasta-uovo-900×563.png|1000|1600|1045129″,”alt”:””,”thumb_size”:”full”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”5KCJq”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Etichettatura della pasta all’uovo, l’incidenza dell’acqua.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”8CBYG”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:” \n\nQuesito: Secondo la normativa su cereali, pasta e sfarinati (legge 4 luglio 1967, n. 580), per la produzione di pasta all’uovo bisogna considerare, al momento della produzione e senza considerare l’acqua, di aggiungere 200 g di uovo su 1.000 kg di farina. Di contro, per la lista ingredienti in etichetta, l’acqua la devo considerare solo se supera il 5% in peso del prodotto finito (reg. (UE) 1169/11). Nel caso in cui debba considerare l’acqua per il calcolo della percentuale di ingredienti (perché superiore al 5%), il quid dell’uovo da riportare sulla lista ingredienti sarà inferiore al 20%. Questo non comporta che non sono conforme alla normativa sulla pasta all’uovo, perché la normativa mi chiede di considerare il 20% al momento della produzione, è corretto?\n\n \n\nRisponde l’avv. Stefano Senatore.\n\n \n\nNell’ordinamento italiano, la pasta all’uovo è disciplinata nell’ambito del decreto del Presidente della Repubblica 9 febbraio 2001, n. 187, recante il “Regolamento per la revisione della normativa sulla produzione e commercializzazione di sfarinati e paste alimentari”.\n\nLa suddetta normativa, per quanto rileva ai fini del quesito, prevede all’articolo 8 che la pasta all’uovo sia ottenuta con almeno quattro uova intere di gallina, prive di guscio, per un peso complessivo non inferiore a 200 grammi di uovo per ogni chilogrammo di semola (eventualmente sostituibili con una corrispondente quantità di ovoprodotto liquido, conforme ai requisiti di cui al decreto legislativo 4 febbraio 1993, n. 65).\n\nLa quantità minima di uova, pertanto, deve essere valutata esclusivamente in rapporto al peso della semola di grano duro impiegata (in modo da garantire l’utilizzo di almeno 200 grammi su 1000 grammi di semola), senza prendere in considerazione l’eventuale acqua aggiunta come ingrediente.\n\nCon riferimento agli obblighi di etichettatura, lo stesso articolo 8 richiede che la pasta di cui si tratta venga immessa in commercio con la denominazione legale di “pasta all’uovo”.\n\nNe consegue, a parere di chi scrive, che le informazioni ai consumatori dovranno comprendere anche l’indicazione della quantità di uova utilizzate, tenuto conto che l’articolo 22 del regolamento (UE) 1169/2011 impone, per l’appunto, di specificare la quantità di qualunque ingrediente che figuri nella denominazione dell’alimento (ci si riferisce a tale obbligo anche con il termine QUID, acronimo di quantitative ingredient declaration).\n\nPer formulare tale indicazione quantitativa, si ritiene che la regola di riferimento, nel caso qui in esame, sia quella stabilita dall’allegato VIII, punto 4, lettera a) del regolamento (UE) 1169/2011, avente ad oggetto “gli alimenti che hanno subito una perdita di umidità in seguito al trattamento termico o di altro tipo”. Il processo produttivo della pasta include, infatti, una specifica fase di essiccamento dell’impasto – espressamente prevista dall’articolo 6 del d.P.R. n. 187/2001 – che ha per effetto una riduzione dell’umidità del prodotto.\n\nPertanto, come previsto dal citato punto 4, lettera a), per i prodotti in esame il QUID andrà indicato come percentuale, corrispondente alla quantità dell’ingrediente utilizzato in relazione con il prodotto finito. In altri termini, la percentuale di uova da indicare dovrebbe essere calcolata rapportando il peso delle uova impiegate (secondo la ricetta) con il peso della pasta all’uovo pronta all’immissione sul mercato.\n\nVa da sé che, anche ai fini del QUID, l’eventuale aggiunta di acqua come ingrediente della pasta non assumerà, direttamente, specifico rilievo nel procedimento di quantificazione della percentuale di uova aggiunte.\n\nResta fermo ad ogni modo che l’acqua impiegata nel processo produttivo potrà rilevare, eventualmente, ai fini dell’indicazione degli ingredienti della pasta. Nello specifico – come può ricavarsi dall’allegato VII, parte A, punto 1 del regolamento (UE) 1169/2011 – l’acqua aggiunta dovrà obbligatoriamente essere riportata nell’elenco degli ingredienti laddove rappresenti almeno il 5% in peso della pasta all’uovo. Diversamente, qualora la presenza di acqua nel prodotto finito sia inferiore a tale soglia, la sua indicazione potrà essere legittimamente omessa.\n\nQuanto sopra, con la precisazione che la quantità di acqua aggiunta ancora presente nella pasta all’uovo andrà determinata sottraendo, dalla quantità totale del prodotto finito, la quantità totale di tutti gli altri ingredienti utilizzati (ossia, la quantità di semola e la quantità di uova aggiunte).\n\n \n\n[Articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 8/2023, Filo diretto con l’esperto]”},{“component”:”hc_space”,”id”:”vPHMI”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”fZgB3″,”column_width”:”col-md-8″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_pt_post_informations”,”id”:”ZYgrC”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:””,”position”:”align-left”,”date”:true,”categories”:false,”author”:false}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”37FNE”,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_space”,”id”:”QK9gu”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_separator”,”id”:”PynS9″,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”RJL5S”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Related articles.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_space”,”id”:”K87GV”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space-sm”,”height”:””},{“component”:”hc_pt_grid_list”,”id”:”rmVxB”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:”post”,”post_type_category”:””,”column”:”3″,”column_lg”:”3″,”column_md”:”2″,”column_sm”:”1″,”column_xs”:”1″,”margins”:””,”pag_type”:””,”pag_items”:”2″,”pag_size”:””,”pag_animation”:””,”pag_scroll_top”:false,”pag_position”:””,”pag_button_prev”:””,”pag_button_next”:””,”lm_lazy”:false,”lm_button_text”:””,”box”:”image_half_content”,”boxed”:false,”extra”:true,”content”:”extra”,”title_length”:””,”excerpt_length”:”30″,”title_size”:””,”custom_css”:””,”button_text”:””,”button_style”:”circle”,”button_dimensions”:”btn-lg”,”button_animation”:false,”button_icon”:””}]}],”section_settings”:””},”scripts”:{“pagination”:”pagination.min.js”},”css”:{“content_box”:”css/content-box.css”,”media_box”:”css/media-box.css”},”css_page”:””,”template_setting”:{},”template_setting_top”:{},”page_setting”:{“settings”:[“lock-mode-off”]},”post_type_setting”:{“settings”:{“image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2024/04/pasta-uovo-900×563.png|1000|1600|1045129″,”excerpt”:”Quesito: L’acqua impiegata nella produzione della pasta all’uovo rileva ai fini dell’indicazione degli ingredienti\ndi quest’ultima? 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Elenco degli ingredienti, come indicare l’acido citrico in etichetta. https://www.cibuslex.it/2024/03/elenco-degli-ingredienti-come-indicare-lacido-citrico-in-etichetta/ Tue, 19 Mar 2024 21:45:46 +0000 https://www.cibuslex.it/?p=1045115 {“main-title”:{“component”:”hc_title”,”id”:”main-title”,”title”:””,”subtitle”:”March 20, 2024″,”title_content”:{“component”:”hc_title_empty”,”id”:”title-empty”}},”5ZtkF”:{“component”:”hc_section”,”id”:”5ZtkF”,”section_width”:””,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”vertical_row”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”section_content”:[{“component”:”hc_column”,”id”:”RaEe8″,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_image”,”id”:”Wq9MW”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2024/03/acido-citrico-900×563.png|1000|1600|1045116″,”alt”:””,”thumb_size”:”full”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”5KCJq”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Elenco degli ingredienti, come indicare l’acido citrico in etichetta.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”8CBYG”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:” \n\nQuesito: Sull’etichetta di un prodotto contenente acido citrico, si può scrivere vitamina C? Immagino di no, ma volevo avere una risposta certa. Il prodotto è un semilavorato di farina che tra gli ingredienti ha anche acido citrico  (miscela contenete nucleo (enzimi + acido citrico) e farina 00).\n\n \n\nRisponde l’avvocato Stefano Senatore\n\n \n\nAd avviso di chi scrive, l’acido citrico aggiunto ad una farina dovrebbe essere qualificato, giuridicamente, come un additivo alimentare, in quanto – conformemente alla definizione stabilita dall’articolo 3, paragrafo 2, lettera a) del regolamento (CE) 1333/2008 – si tratta di una sostanza:\n

    \n \t

  • abitualmente non consumata come alimento in sé e non utilizzata come ingrediente caratteristico di alimenti;
  • \n \t

  • aggiunta intenzionalmente all’alimento (farina) per uno scopo tecnologico;
  • \n \t

  • il cui impiego ha, presumibilmente, per effetto che la sostanza o i suoi sottoprodotti divengono, direttamente o indirettamente, componenti dell’alimento.
  • \n

\nCoerentemente, l’allegato II, parte B del citato regolamento riporta, per l’appunto, l’acido citrico all’interno dell’elenco degli additivi alimentari, identificandolo con il codice E 330.\n\nSi precisa che l’acido citrico non è direttamente autorizzato nella farina. Ciò nonostante, tale utilizzo potrebbe essere giustificato in virtù del principio di trasferimento, di cui all’articolo 18 del regolamento, laddove la miscela di farina con acido citrico (ed enzimi), descritta nel quesito come un “semilavorato”, fosse destinata alla produzione di alimenti composti nei quali la presenza dell’additivo E 330 risultasse autorizzata (tra cui, ad esempio, varie tipologie di paste alimentari).\n\nL’additivo oggetto di un tale impiego andrebbe identificato, nell’etichettatura del “semilavorato”, con la propria denominazione specifica “acido citrico”, eventualmente sostituita dal numero E 330, come previsto dal successivo articolo 22 del medesimo regolamento.\n\nNon si ritiene, invece, possibile indicare l’ingrediente in esame come “vitamina C”, sia perché tale termine non è contemplato dal regolamento (CE) 1333/2008, sia perché, comunque, la vitamina C – a quanto risulta allo scrivente – non corrisponde all’acido citrico, bensì all’acido ascorbico.\n\nIn particolare, le forme con le quali la vitamina C può essere aggiunta agli alimenti, ai sensi dell’allegato II del regolamento (CE) 1925/2006, sono esclusivamente: acido L-ascorbico, L-ascorbato di sodio, L-ascorbato di calcio, L-ascorbato di potassio, 6-palmitato di L-ascorbile.\n\n \n\n[Articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 7/2023, Filo diretto con l’esperto]”},{“component”:”hc_space”,”id”:”vPHMI”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”fZgB3″,”column_width”:”col-md-8″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_pt_post_informations”,”id”:”ZYgrC”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:””,”position”:”align-left”,”date”:true,”categories”:false,”author”:false}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”37FNE”,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_space”,”id”:”QK9gu”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_separator”,”id”:”PynS9″,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”RJL5S”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Related articles.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_space”,”id”:”K87GV”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space-sm”,”height”:””},{“component”:”hc_pt_grid_list”,”id”:”rmVxB”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:”post”,”post_type_category”:””,”column”:”3″,”column_lg”:”3″,”column_md”:”2″,”column_sm”:”1″,”column_xs”:”1″,”margins”:””,”pag_type”:””,”pag_items”:”2″,”pag_size”:””,”pag_animation”:””,”pag_scroll_top”:false,”pag_position”:””,”pag_button_prev”:””,”pag_button_next”:””,”lm_lazy”:false,”lm_button_text”:””,”box”:”image_half_content”,”boxed”:false,”extra”:true,”content”:”extra”,”title_length”:””,”excerpt_length”:”30″,”title_size”:””,”custom_css”:””,”button_text”:””,”button_style”:”circle”,”button_dimensions”:”btn-lg”,”button_animation”:false,”button_icon”:””}]}],”section_settings”:””},”scripts”:{“pagination”:”pagination.min.js”},”css”:{“content_box”:”css/content-box.css”,”media_box”:”css/media-box.css”},”css_page”:””,”template_setting”:{},”template_setting_top”:{},”page_setting”:{“settings”:[“lock-mode-off”]},”post_type_setting”:{“settings”:{“image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2024/03/acido-citrico-900×563.png|1000|1600|1045116″,”excerpt”:”Quesito: Sull’etichetta di un prodotto contenente acido citrico, si può scrivere vitamina C? Immagino di no, ma volevo avere una risposta certa. Il prodotto è un semilavorato di farina che tra gli ingredienti ha anche acido citrico  (miscela contenete nucleo (enzimi + acido citrico) e farina 00).”,”extra_1″:”Quesiti”,”extra_2″:””,”icon”:{“icon”:””,”icon_style”:””,”icon_image”:””}}}}

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Ingredienti in etichetta, no all’utilizzo di nomi generici che ne indichino solo la materia prima. https://www.cibuslex.it/2024/02/ingredienti-in-etichetta-no-allutilizzo-di-nomi-generici-che-ne-indichino-solo-la-materia-prima/ Wed, 14 Feb 2024 07:08:01 +0000 https://www.cibuslex.it/?p=1045094 {“main-title”:{“component”:”hc_title”,”id”:”main-title”,”title”:””,”subtitle”:”February 14, 2024″,”title_content”:{“component”:”hc_title_empty”,”id”:”title-empty”}},”5ZtkF”:{“component”:”hc_section”,”id”:”5ZtkF”,”section_width”:””,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”vertical_row”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”section_content”:[{“component”:”hc_column”,”id”:”RaEe8″,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_image”,”id”:”Wq9MW”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2024/02/144-1-900×563.png|1000|1600|1045104″,”alt”:””,”thumb_size”:”full”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”5KCJq”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Ingredienti in etichetta, no all’utilizzo di nomi generici che ne indichino solo la materia prima.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”8CBYG”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:” \n\nQuesito: Avrei bisogno di un chiarimento in merito a come redigere l’elenco degli ingredienti in etichetta rispettando le norme in vigore. Se un ingrediente esiste commercializzato in diverse forme/frazioni (ad esempio, fave di cacao e burro di cacao), è possibile inserire in etichetta una sola voce che racchiuda entrambi gli ingredienti? In questo caso, si inserirebbe nell’elenco degli ingredienti “cacao” per intendere fave di cacao e burro di cacao.\n\nUn altro esempio potrebbe essere il seguente: in un prodotto alimentare a cui viene aggiunto olio di semi  di girasole e pasta di girasole, è possibile indicare in etichetta soltanto “girasole” per intendere entrambi gli ingredienti?\n\n \n\nRisponde l’avvocato Stefano Senatore\n\n \n\nL’elenco degli ingredienti rappresenta una delle principali informazioni obbligatorie nell’etichettatura dei prodotti alimentari, sia in relazione agli alimenti preimballati, ai sensi dell’articolo 9 del regolamento (UE) 1169/2011, sia per gli alimenti non preimballati, come previsto dall’articolo 19 del decreto legislativo n. 231/2017.\n\nTale elenco deve includere, in linea di principio, tutti gli ingredienti dell’alimento, ossia, conformemente alla definizione riportata dall’articolo 2, paragrafo 2, lettera f) del citato regolamento, “qualunque sostanza o prodotto, compresi gli aromi, gli additivi e gli enzimi alimentari, e qualunque costituente di un ingrediente composto utilizzato nella fabbricazione o nella preparazione di un alimento e ancora presente nel prodotto finito, anche se sotto forma modificata”.\n\nL’articolo 18, paragrafo 2 del regolamento precisa, inoltre, che ogni singolo ingrediente è designato con la sua “denominazione specifica”, la quale deve va individuata seguendo la disciplina di cui all’articolo 17 sulla “denominazione dell’alimento”. Quindi, l’ingrediente deve essere identificato con la sua denominazione legale o, in mancanza, con la sua denominazione usuale o, qualora neppure questa esista, con una denominazione descrittiva che permetta ai consumatori di determinare la sua reale natura e distinguerlo da altri prodotti con i quali potrebbe essere confuso.\n\nIl quadro normativo sopra sinteticamente richiamato impone, dunque, la precisa identificazione di ogni sostanza o prodotto impiegato come ingrediente.\n\nDi conseguenza, ad avviso di chi scrive, risulta precluso l’utilizzo di nomi generici che, anziché riferirsi all’ingrediente effettivamente utilizzato, indichino esclusivamente la materia prima da cui il suddetto ingrediente è stato ricavato.\n\nQuanto innanzi illustrato trova applicazione anche nei due casi esemplificativi prospettati nel quesito.\n\nIn particolare, qualora nella produzione di un alimento vengano aggiunti sia un olio di semi di girasole che una pasta di semi di girasole, si ritiene che, nell’elenco degli ingredienti, ciascuno dei due prodotti debba essere riportato con la propria denominazione, senza possibilità di limitarsi all’indicazione generica del materiale vegetale di partenza “girasole”.\n\nAlle medesime conclusioni dovrebbe giungersi nel caso di impiego, nella produzione di un alimento, di fave di cacao e di burro di cacao, con conseguente indicazione separata degli stessi nell’elenco degli ingredienti.\n\nPeraltro, relativamente ai prodotti di cacao e di cioccolato, occorre tenere conto della disciplina speciale stabilita dal decreto legislativo n. 178/2003, nell’ambito della quale sono previste le seguenti denominazioni obbligatorie, da utilizzare anche qualora i rispettivi prodotti siano presenti come ingredienti di un alimento composto:\n

    \n \t

  • La denominazione “cacao” indica il “prodotto ottenuto mediante trasformazione in polvere di semi di cacao puliti, decorticati e torrefatti e che presenta un tenore minimo di burro di cacao del 20 per cento, (percentuale calcolata sul peso della sostanza secca), e un tenore massimo di acqua del 9 per cento” (allegato I, punto 2, lettera a);
  • \n \t

  • La denominazione “burro di cacao” identifica, invece, “la sostanza grassa ottenuta da semi di cacao o da parti di semi di cacao avente le seguenti caratteristiche: a) tenore di acidi grassi liberi (espresso in acido oleico): non superiore all’1,75 per cento; b) insaponificabile (determinato utilizzando etere di petrolio): non superiore allo 0,5 per cento, ad eccezione del burro di cacao di pressione che non può essere superiore allo 0,35 per cento” (allegato I, punto 1).
  • \n

\nL’articolo 5, comma 9 del citato decreto pone, inoltre, uno specifico divieto di impiegare le suddette denominazioni per prodotti che non siano conformi alla relativa definizione. Il che conferma l’impossibilità di ricorrere al termine “cacao” per comunicare, genericamente, nell’elenco degli ingredienti la presenza di fave di cacao e di burro di cacao.\n\n \n\n[Articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 5/2023, Filo diretto con l’esperto]”},{“component”:”hc_space”,”id”:”vPHMI”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”fZgB3″,”column_width”:”col-md-8″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_pt_post_informations”,”id”:”ZYgrC”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:””,”position”:”align-left”,”date”:true,”categories”:false,”author”:false}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”37FNE”,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_space”,”id”:”QK9gu”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_separator”,”id”:”PynS9″,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”RJL5S”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Related articles.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_space”,”id”:”K87GV”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space-sm”,”height”:””},{“component”:”hc_pt_grid_list”,”id”:”rmVxB”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:”post”,”post_type_category”:””,”column”:”3″,”column_lg”:”3″,”column_md”:”2″,”column_sm”:”1″,”column_xs”:”1″,”margins”:””,”pag_type”:””,”pag_items”:”2″,”pag_size”:””,”pag_animation”:””,”pag_scroll_top”:false,”pag_position”:””,”pag_button_prev”:””,”pag_button_next”:””,”lm_lazy”:false,”lm_button_text”:””,”box”:”image_half_content”,”boxed”:false,”extra”:true,”content”:”extra”,”title_length”:””,”excerpt_length”:”30″,”title_size”:””,”custom_css”:””,”button_text”:””,”button_style”:”circle”,”button_dimensions”:”btn-lg”,”button_animation”:false,”button_icon”:””}]}],”section_settings”:””},”scripts”:{“pagination”:”pagination.min.js”},”css”:{“content_box”:”css/content-box.css”,”media_box”:”css/media-box.css”},”css_page”:””,”template_setting”:{},”template_setting_top”:{},”page_setting”:{“settings”:[“lock-mode-off”]},”post_type_setting”:{“settings”:{“image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2024/02/144-1-900×563.png|1000|1600|1045104″,”excerpt”:”Quesito: Se un ingrediente esiste commercializzato in diverse “forme” – ad esempio, fave di cacao e burro di cacao o olio di semi di girasole e pasta di girasole –, è possibile inserire in etichetta una sola voce – nei casi proposti, dunque, rispettivamente “cacao” e “girasole” – che racchiuda entrambe le “forme” di commercializzazione?”,”extra_1″:”Quesiti”,”extra_2″:””,”icon”:{“icon”:””,”icon_style”:””,”icon_image”:””}}}}

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Etanolo da fermentazione nei prodotti alimentari: obblighi informativi e limiti di legge. https://www.cibuslex.it/2024/01/etanolo-da-fermentazione-nei-prodotti-alimentari-obblighi-informativi-e-limiti-di-legge/ Thu, 25 Jan 2024 07:04:09 +0000 https://www.cibuslex.it/?p=1045089 {“main-title”:{“component”:”hc_title”,”id”:”main-title”,”title”:””,”subtitle”:”January 25, 2024″,”title_content”:{“component”:”hc_title_empty”,”id”:”title-empty”}},”5ZtkF”:{“component”:”hc_section”,”id”:”5ZtkF”,”section_width”:””,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”vertical_row”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”section_content”:[{“component”:”hc_column”,”id”:”RaEe8″,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_image”,”id”:”Wq9MW”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2024/01/Cheese-900×563.png|1000|1600|1045090″,”alt”:””,”thumb_size”:”full”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”5KCJq”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Etanolo da fermentazione nei prodotti alimentari: obblighi informativi e limiti di legge.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”8CBYG”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:” \n\nQuesito: Avrei bisogno di un chiarimento sulla presenza, non dichiarata in etichetta, di etanolo negli alimenti. Esiste, ad esempio, un valore limite di tale sostanza nel cioccolato, che la contiene naturalmente?\n\n \n\nRisponde l’avvocato Stefano Senatore.\n\n \n\nL’alcol etilico (o etanolo) è un alcol che può essere presente negli alimenti sia in conseguenza delle attività fermentative condotte dai microrganismi (si pensi al vino o alla birra), sia per l’aggiunta intenzionale di tale sostanza nel corso del processo produttivo (ad esempio, quale ingrediente [1], supporto [2] o solvente da estrazione [3]).\n\nVa precisato che solo l’etanolo aggiunto, tal quale, dall’operatore dovrà essere riportato nell’elenco degli ingredienti dell’alimento, conformemente agli obblighi generali di etichettatura stabiliti dall’articolo 9 del regolamento (UE) 1169/2011 (per gli alimenti preimballati) e dall’articolo 19 del decreto legislativo 231/2017 (per gli alimenti non preimballati). L’indicazione nell’elenco degli ingredienti potrà, peraltro, essere omessa ove ricorra una delle ipotesi di esenzione individuate dall’articolo 20 del regolamento (UE) 1169/2011 (come, esemplificativamente, l’utilizzo della sostanza quale coadiuvante tecnologico) [4].\n\nFermo quanto sopra, qualunque sia l’origine dell’alcol etilico (fermentativa o da aggiunta intenzionale), la sua presenza all’interno di una bevanda, tale da portare il contenuto di alcol in volume oltre l’1,2%, comporterà anche l’obbligo di indicazione del titolo alcolometrico volumico effettivo del prodotto, ai sensi degli articoli 9 e 19 già citati in precedenza.\n\nIn tali ipotesi, il contenuto di alcol in volume effettivamente presente nella bevanda – determinato a 20°C – dovrà necessariamente corrispondere al valore indicato nell’etichettatura, fatte salve:\n

    \n \t

  • le soglie di tolleranza connaturate allo specifico metodo di analisi utilizzato;
  • \n \t

  • in aggiunta, le ulteriori soglie di tolleranza ammesse dall’allegato XII del regolamento (UE) 1169/2011 (variabili da ± 0,3% vol. a ± 1,5% vol., a seconda del tipo di bevanda) e, per i vini, dall’articolo 44 del regolamento delegato (UE) 2019/33 (variabili da ± 0,5% vol a ± 0,8% vol).
  • \n

\nPer i prodotti alimentari diversi dalle bevande, invece, ad oggi non si rinviene nell’ordinamento alcuna norma generale che stabilisca né obblighi informativi sul contenuto di etanolo, né limiti massimi alla sua presenza.\n\nEventuali disposizioni al riguardo andranno, se del caso, ricercate nella normativa verticale stabilita per la specifica categoria merceologica di interesse, come il decreto ministeriale 13 luglio 1990, n. 312, concernente il trattamento con alcool etilico del pane speciale preconfezionato. Si puntualizza, ad ogni modo, che nessuna previsione in tal senso è nota allo scrivente in relazione ai prodotti di cacao e di cioccolato oggetto del quesito.\n\nGli operatori devono, comunque, tenere in considerazione i principi generali in materia di sicurezza alimentare e, in primo luogo, ai sensi dell’articolo 14 del regolamento (CE) 178/2002, il divieto di immissione sul mercato degli alimenti dannosi per la salute, identificati sulla base:\n

    \n \t

  1. dei probabili effetti immediati e/o a breve termine, e/o a lungo termine dell’alimento sulla salute di una persona che lo consuma, nonché sulla salute dei discendenti;
  2. \n \t

  3. dei probabili effetti tossici cumulativi di un alimento;
  4. \n \t

  5. della particolare sensibilità, sotto il profilo della salute, di una specifica categoria di consumatori, nel caso in cui l’alimento sia destinato ad essa.
  6. \n

\nUn’ulteriore disciplina che potrebbe, potenzialmente, assumere rilievo è quella del regolamento (CEE) 315/93, applicabile a tutti i “contaminanti” contenuti nei prodotti alimentari, categoria alla quale non sembra irragionevole ricondurre l’etanolo, quanto meno, qualora rappresenti un residuo dei processi fermentativi che si verifichino durante la trasformazione o lo stoccaggio del prodotto [5].\n\nAl riguardo, l’articolo 2 del regolamento stabilisce, tra l’altro:\n

    \n \t

  • il divieto di commercializzare alimenti con contaminanti in quantitativi inaccettabili sotto l’aspetto della salute pubblica;
  • \n \t

  • l’obbligo per gli operatori, in ogni caso, di mantenere i contaminanti ai livelli più bassi che si possono ragionevolmente ottenere attraverso buone pratiche.
  • \n

\nIn definitiva, ferma restando l’assenza di limiti legali alla presenza di etanolo da fermentazione, le disposizioni da ultimo citate fanno emergere comunque, ad avviso di chi scrive, la responsabilità degli operatori di garantire una corretta gestione, in autocontrollo, dei possibili pericoli correlati ad una presenza eccessiva di etanolo nei propri prodotti. Pericoli che potrebbero concretizzarsi, in particolare, quando gli alimenti siano destinati a categorie di consumatori maggiormente vulnerabili quali, esemplificativamente, bambini e donne durante la gravidanza.\n\n \n\n[Articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 3/2023, Filo diretto con l’esperto]”},{“component”:”hc_space”,”id”:”fne79″,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_separator”,”id”:”rAP8c”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”kaRKV”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”NOTE:”,”tag”:”h4″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”k44dy”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:”[1] L’articolo 2, paragrafo 2, lettera f) del regolamento (UE) 1169/2011 definisce “ingrediente” “qualunque sostanza o prodotto, compresi gli aromi, gli additivi e gli enzimi alimentari, e qualunque costituente di un ingrediente composto utilizzato nella fabbricazione o nella preparazione di un alimento e ancora presente nel prodotto finito, anche se sotto forma modificata; i residui non sono considerati come ingredienti”.\n\n[2] I ”supporti”, secondo la definizione dell’allegato I, punto 5 del regolamento (CE) 1333/2008, sono intesi come le “sostanze utilizzate per sciogliere, diluire, disperdere o altrimenti modificare fisicamente un additivo alimentare, un aroma, un enzima alimentare, un nutriente e/o altre sostanze aggiunte agli alimenti a scopo nutrizionale o fisiologico senza alterarne la funzione (e senza esercitare essi stessi alcun effetto tecnologico) allo scopo di facilitarne la manipolazione, l’applicazione o l’impiego”.\n\n[3] I “solventi” sono definiti dall’articolo 2 del decreto legislativo n. 64/1993, recante attuazione della direttiva 2009/32, come “qualsiasi sostanza atta a dissolvere un prodotto alimentare o qualsiasi componente di un prodotto alimentare, compresi gli agenti contaminanti presenti nel o sul prodotto alimentare”.\n\nPer “solvente da estrazione” si intende invece “un solvente impiegato nel corso di un procedimento di estrazione durante la lavorazione di materie prime o di prodotti alimentari, di componenti o di ingredienti di questi prodotti, il quale è rimosso, ma può condurre alla presenza, non intenzionale ma tecnicamente inevitabile, di residui o di derivati nel prodotto alimentare o nell’ingrediente”.\n\n[4] L’articolo 20 del regolamento (UE) 1169/2011 stabilisce infatti che, fatto salvo l’obbligo di indicazione degli allergeni, “nell’elenco degli ingredienti non è richiesta la menzione dei seguenti costituenti di un alimento:\n

    \n \t

  1. i costituenti di un ingrediente che sono stati temporaneamente separati durante il processo di fabbricazione e successivamente reintrodotti in quantità non superiore alla proporzione iniziale;
  2. \n \t

  3. gli additivi e gli enzimi alimentari:\n
      \n \t

    • la cui presenza in un determinato alimento è dovuta unicamente al fatto che erano contenuti in uno o più ingredienti di tale alimento, conformemente al principio del trasferimento di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento (CE) n. 1333/2008, purché non svolgano una funzione tecnologica nel prodotto finito; oppure
    • \n \t

    • che sono utilizzati come coadiuvanti tecnologici;
    • \n

    \n

  4. \n \t

  5. i supporti e le sostanze che non sono additivi alimentari, ma sono utilizzati nello stesso modo e allo stesso scopo dei supporti e sono utilizzati nelle dosi strettamente necessarie;
  6. \n \t

  7. le sostanze che non sono additivi alimentari, ma sono utilizzate nello stesso modo e allo stesso scopo dei coadiuvanti tecnologici e sono ancora presenti nel prodotto finito, anche se in forma modificata;
  8. \n \t

  9. l’acqua:\n
      \n \t

    • quando è utilizzata, nel corso del processo di fabbricazione, solo per consentire la ricostituzione di un ingrediente utilizzato sotto forma concentrata o disidratata; o
    • \n \t

    • nel caso di un liquido di copertura che non è normalmente consumato”.
    • \n

    \n

  10. \n

\n[5] L’articolo 1 del regolamento (CEE) 315/93 definisce, infatti, come “contaminante”: “ogni sostanza non aggiunta intenzionalmente ai prodotti alimentari, ma in essi presente quale residuo della produzione (compresi i trattamenti applicati alle colture e al bestiame e nella prassi della medicina veterinaria), della fabbricazione, della trasformazione, della preparazione, del trattamento, del condizionamento, dell’imballaggio, del trasporto o dello stoccaggio di tali prodotti, o in seguito alla contaminazione dovuta all’ambiente. I corpi estranei quali, ad esempio, frantumi di insetti, peli di animali e altri non rientrano nella presente definizione”.”},{“component”:”hc_space”,”id”:”h4Rrd”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”fZgB3″,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_space”,”id”:”vPHMI”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_pt_post_informations”,”id”:”ZYgrC”,”css_classes”:”align-right “,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:””,”position”:”align-left”,”date”:true,”categories”:false,”author”:false}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”37FNE”,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_space”,”id”:”QK9gu”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_separator”,”id”:”PynS9″,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:”height: 2px;”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”RJL5S”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Related articles.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_space”,”id”:”K87GV”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space-sm”,”height”:””},{“component”:”hc_pt_grid_list”,”id”:”rmVxB”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:”post”,”post_type_category”:””,”column”:”3″,”column_lg”:”3″,”column_md”:”2″,”column_sm”:”1″,”column_xs”:”1″,”margins”:””,”pag_type”:””,”pag_items”:”2″,”pag_size”:””,”pag_animation”:””,”pag_scroll_top”:false,”pag_position”:””,”pag_button_prev”:””,”pag_button_next”:””,”lm_lazy”:false,”lm_button_text”:””,”box”:”image_half_content”,”boxed”:false,”extra”:true,”content”:”extra”,”title_length”:””,”excerpt_length”:”30″,”title_size”:””,”custom_css”:””,”button_text”:””,”button_style”:”circle”,”button_dimensions”:”btn-lg”,”button_animation”:false,”button_icon”:””}]}],”section_settings”:””},”scripts”:{“pagination”:”pagination.min.js”},”css”:{“content_box”:”css/content-box.css”,”media_box”:”css/media-box.css”},”css_page”:””,”template_setting”:{},”template_setting_top”:{},”page_setting”:{“settings”:[“lock-mode-off”]},”post_type_setting”:{“settings”:{“image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2024/01/Cheese-900×563.png|1000|1600|1045090″,”excerpt”:”Quesito: Avrei bisogno di un chiarimento sulla presenza, non dichiarata in etichetta, di etanolo negli alimenti. Esiste, ad esempio, un valore limite di tale sostanza nel cioccolato, che la contiene naturalmente?”,”extra_1″:”Quesiti”,”extra_2″:””,”icon”:{“icon”:””,”icon_style”:””,”icon_image”:””}}}}

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Birra, l’indicazione dell’origine dell’ingrediente primario. https://www.cibuslex.it/2023/12/birra-lindicazione-dellorigine-dellingrediente-primario/ Thu, 07 Dec 2023 06:51:06 +0000 https://www.cibuslex.it/?p=1045053 {“main-title”:{“component”:”hc_title”,”id”:”main-title”,”title”:””,”subtitle”:”December 07, 2023″,”title_content”:{“component”:”hc_title_empty”,”id”:”title-empty”}},”5ZtkF”:{“component”:”hc_section”,”id”:”5ZtkF”,”section_width”:””,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”vertical_row”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”section_content”:[{“component”:”hc_column”,”id”:”RaEe8″,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_image”,”id”:”Wq9MW”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2023/12/birra-900×563.png|1000|1600|1045060″,”alt”:””,”thumb_size”:”full”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”5KCJq”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Birra, l’indicazione dell’origine dell’ingrediente primario.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”8CBYG”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:” \n\nQuesito: Come comportarsi con l’indicazione dell’origine dell’ingrediente primario di una birra? Considerato che l’acqua è l’ingrediente quantitativamente più importante, malto d’orzo e luppolo cosa devono essere considerati?\n\n \n\nRisponde l’avvocato Stefano Senatore\n\n \n\nL’indicazione obbligatoria del Paese di origine o del luogo di provenienza degli ingredienti primari di un alimento trova la sua disciplina nell’articolo 26, paragrafo 3 del regolamento (UE) 1169/2011 e nelle relative disposizioni applicative, di cui al regolamento di esecuzione (UE) 2018/775.\n\nTali previsioni, in particolare, rendono necessaria l’indicazione dell’origine o provenienza dei suddetti ingredienti primari qualora ricorrano entrambe le seguenti condizioni:\n

    \n \t

  1. il paese d’origine o il luogo di provenienza dell’alimento è indicato attraverso qualunque mezzo, come diciture, illustrazioni, simboli o termini che si riferiscono a luoghi o zone geografiche;
  2. \n \t

  3. l’ingrediente primario abbia un’origine o una provenienza diversa da quella indicata per l’alimento.
  4. \n

\nPer l’identificazione degli ingredienti primari di un alimento occorre fare riferimento alla definizione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera q) del regolamento (UE) 1169/2011, secondo la quale sono considerati primari “l’ingrediente o gli ingredienti di un alimento che rappresentano più del 50% di tale alimento [criterio quantitativo, NdR] o che sono associati abitualmente alla denominazione di tale alimento dal consumatore e per i quali nella maggior parte dei casi è richiesta un’indicazione quantitativa” [criterio qualitativo, NdR].\n\nLa previsione di due diversi criteri identificativi rappresenta un rilevante profilo di criticità delle disposizioni in esame, considerato che, per svariati alimenti, l’applicazione del parametro quantitativo porta ad individuare un ingrediente primario diverso da quello che può ricavarsi riferendosi al parametro qualitativo.\n\nUn esempio calzante è, per l’appunto, quello illustrato nel quesito relativamente al prodotto “birra”, rispetto al quale:\n

    \n \t

  • secondo il criterio quantitativo, l’ingrediente da considerare come primario sarebbe l’acqua, costituendo questa più del 50% del prodotto finito;
  • \n \t

  • secondo il criterio qualitativo, invece, gli ingredienti primari in quanto “associati abitualmente” alla birra dovrebbero, ragionevolmente, ricondursi al malto d’orzo ed al luppolo.
  • \n

\nPer una gestione razionale di tali situazioni, un parziale supporto può rinvenirsi negli orientamenti formulati dalla Commissione nell’ambito della comunicazione 2020/C 32/01, relativa alla “applicazione delle disposizioni dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1169/2011”.\n\nIn base al citato documento, nel fornire informazioni riguardo agli ingredienti primari gli operatori dovrebbero tenere conto tanto della composizione quantitativa dell’alimento, quanto della sua natura e delle sue caratteristiche specifiche, nonché della presentazione complessiva dell’etichetta e, infine, della percezione e delle aspettative dei consumatori.\n\nCiò, al fine di valutare “se l’indicazione dell’origine di un determinato ingrediente abbia probabilità di influenzare in misura sostanziale le decisioni di acquisto dei consumatori e se l’assenza di tale indicazione possa indurre in errore i consumatori”.\n\nApplicando tali coordinate al caso in esame, ad avviso dello scrivente, è da ritenere che l’aspettativa dei consumatori rispetto alla birra – tale da poter incidere sulla loro determinazione all’acquisto – sia quella di essere informati in merito all’origine o alla provenienza degli ingredienti “abitualmente associati” al prodotto, i quali, come già anticipato, dovrebbero potersi identificare con il malto d’orzo (essendo la birra comunemente conosciuta come bevanda fermentata a partire dall’orzo maltato) e, nel contesto attuale, anche con il luppolo (preso atto della crescente attenzione riservata a tale ingrediente rispetto al passato).\n\nDa ultimo, per completezza, è doveroso accennare ad un ulteriore, potenziale problema nella corretta indicazione del Paese di origine del malto d’orzo, emerso a seguito di una presa di posizione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) in relazione all’ingrediente primario della pasta.\n\nIn particolare, nell’ambito del provvedimento n. 11387 del 20 dicembre 2019, reso all’esito di un’istruttoria per pratiche sleali (PS11387), l’Autorità ha fornito una propria interpretazione della disciplina europea in merito all’ingrediente primario della pasta, giungendo alla conclusione secondo cui l’informazione rilevante per il consumatore sarebbe non l’origine dell’ingrediente “farina di grano duro”, bensì l’origine della materia prima “grano duro” e, quindi, il Paese di coltivazione di quest’ultimo (“l’ingrediente generalmente associato alla denominazione della pasta nella percezione dei consumatori è il grano duro, che rappresenta la componente fondamentale del prodotto pasta”).\n\nTale posizione non è condivisa dallo scrivente, in quanto giunge a confondere l’obbligo normativo, avente ad oggetto l’origine dell’ingrediente primario (la farina), con il diverso obbligo – non previsto espressamente da alcuna disposizione – di indicazione dell’origine della materia prima da cui è ottenuto l’ingrediente primario (il grano).\n\nTuttavia, l’esistenza di questo orientamento potrebbe rendere opportuno per l’operatore, quanto meno a titolo cautelativo, un adeguamento nell’indicazione del Paese di origine del malto d’orzo quale ingrediente primario della birra (essendo anch’esso, come la farina di grano duro, un prodotto ottenuto a partire dalla lavorazione di un cereale). Il che potrebbe realizzarsi – esemplificativamente – affiancando in etichetta l’origine dell’ingrediente “malto d’orzo” (corrispondente al Paese di ultima trasformazione sostanziale, ossia, al paese di maltazione) con l’origine della materia prima “orzo” (corrispondente al Paese di coltivazione del cereale) [1].\n\n \n\n[articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 2/2023, Filo diretto con l’esperto]”},{“component”:”hc_space”,”id”:”fne79″,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_separator”,”id”:”rAP8c”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”kaRKV”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”NOTE:”,”tag”:”h4″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”k44dy”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:”[1] Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3 del regolamento (UE) 1169/2011, il Paese di origine di un alimento si riferisce all’origine di tale prodotto, come definita conformemente agli articoli da 23 a 26 del regolamento (CEE) n. 2913/92 (oggi, articoli da 61 a 63 del regolamento (UE) 952/2013 ed articoli da 31 a 36 del regolamento delegato (UE) 2015/2446.”},{“component”:”hc_space”,”id”:”h4Rrd”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”b6zlU”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”ALLEGATO:”,”tag”:”h4″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”BofDk”,”css_classes”:”no-padding-top “,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:” Slowzine n. 7- febbraio 2021.”}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”fZgB3″,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_space”,”id”:”vPHMI”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_pt_post_informations”,”id”:”ZYgrC”,”css_classes”:”align-right “,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:””,”position”:”align-left”,”date”:true,”categories”:false,”author”:false}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”37FNE”,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_space”,”id”:”QK9gu”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_separator”,”id”:”PynS9″,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:”height: 2px;”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”RJL5S”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Related articles.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_space”,”id”:”K87GV”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space-sm”,”height”:””},{“component”:”hc_pt_grid_list”,”id”:”rmVxB”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:”post”,”post_type_category”:””,”column”:”3″,”column_lg”:”3″,”column_md”:”2″,”column_sm”:”1″,”column_xs”:”1″,”margins”:””,”pag_type”:””,”pag_items”:”2″,”pag_size”:””,”pag_animation”:””,”pag_scroll_top”:false,”pag_position”:””,”pag_button_prev”:””,”pag_button_next”:””,”lm_lazy”:false,”lm_button_text”:””,”box”:”image_half_content”,”boxed”:false,”extra”:true,”content”:”extra”,”title_length”:””,”excerpt_length”:”30″,”title_size”:””,”custom_css”:””,”button_text”:””,”button_style”:”circle”,”button_dimensions”:”btn-lg”,”button_animation”:false,”button_icon”:””}]}],”section_settings”:””},”scripts”:{“pagination”:”pagination.min.js”},”css”:{“content_box”:”css/content-box.css”,”media_box”:”css/media-box.css”},”css_page”:””,”template_setting”:{},”template_setting_top”:{},”page_setting”:{“settings”:[“lock-mode-off”]},”post_type_setting”:{“settings”:{“image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2023/12/birra-900×563.png|1000|1600|1045060″,”excerpt”:”Quesito: Come comportarsi con l’indicazione dell’origine dell’ingrediente primario di una birra? Considerato che l’acqua è l’ingrediente quantitativamente più importante, malto d’orzo e luppolo cosa devono essere considerati?”,”extra_1″:”Quesiti”,”extra_2″:””,”icon”:{“icon”:””,”icon_style”:””,”icon_image”:””}}}}

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Salsiccia fresca di suino: l’obbligo di indicazione della quantità di carne utilizzata e le possibili deroghe. https://www.cibuslex.it/2023/11/salsiccia-fresca-di-suino-lobbligo-di-indicazione-della-quantita-di-carne-utilizzata-e-le-possibili-deroghe/ Tue, 07 Nov 2023 07:29:22 +0000 https://www.cibuslex.it/?p=1045034 {“main-title”:{“component”:”hc_title”,”id”:”main-title”,”title”:””,”subtitle”:”November 07, 2023″,”title_content”:{“component”:”hc_title_empty”,”id”:”title-empty”}},”5ZtkF”:{“component”:”hc_section”,”id”:”5ZtkF”,”section_width”:””,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”vertical_row”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”section_content”:[{“component”:”hc_column”,”id”:”RaEe8″,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_image”,”id”:”Wq9MW”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2023/11/salsiccia-900×563.png|1000|1600|1045036″,”alt”:””,”thumb_size”:”full”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”5KCJq”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Salsiccia fresca di suino: l’obbligo di indicazione della quantità di carne utilizzata e le possibili deroghe.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”8CBYG”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:” \n\nQuesito: Un salumificio è stato sanzionato in via amministrativa per la violazione dell’articolo 9, comma 1, lettera d), del regolamento (UE) 1169/2011, in quanto non ha riportato sull’etichetta di una salsiccia fresca la percentuale dell’ingrediente caratterizzante “carne suina”.\n\nQuali sono i casi in cui è obbligatorio indicare tale percentuale? Se l’operatore del settore alimentare aggiunge la dicitura “salsiccia fresca di suino” in etichetta, soddisfa la richiesta normativa, pur non avendo riportato la percentuale suddetta?\n\nL’applicazione dell’articolo 9, comma 1, lettera c, del regolamento (UE) 1169/2011 per la salsiccia fresca di suino non è in contrasto con l’articolo 21 e l’allegato VIII dello stesso regolamento?\n\n \n\nRisponde l’avvocato Stefano Senatore.\n\n \n\nL’indicazione della “quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti” (anche “QUID”, acronimo di “quantitative ingredients declaration”) rappresenta una delle indicazioni obbligatorie nell’etichettatura degli alimenti preimballati, prescritta dall’articolo 9, paragrafo 1, lettera d) del regolamento (UE) 1169/2011.\n\nIn particolare, secondo il successivo articolo 22, paragrafo 1, l’obbligo di fornire tale informazione sussiste rispetto a quegli ingredienti o categorie di ingredienti che:\n\na) figurino nella denominazione dell’alimento o, comunque, siano generalmente associati a tale denominazione dal consumatore, oppure\n\nb) siano evidenziati nell’etichettatura mediante parole, immagini o rappresentazioni grafiche o, infine,\n\nc) siano essenziali per caratterizzare un alimento e distinguerlo dai prodotti con i quali potrebbe essere confuso a causa della sua denominazione o del suo aspetto.\n\nCon riferimento al prodotto oggetto del quesito, è da ritenere che esso ricada nel campo di applicazione della citata lettera a) dell’articolo 22. La denominazione che lo identifica, “salsiccia fresca”, è infatti “generalmente associata” alla presenza della “carne”, ingrediente caratterizzante che il consumatore medio si attenderà di trovare nell’alimento.\n\nQuanto sopra, per inciso, varrebbe anche laddove il prodotto fosse immesso in commercio con la denominazione “salsiccia fresca di suino” – che risulta peraltro più corretta rispetto a quella, sin troppo generica, di “salsiccia fresca” – posto che, anche in tal caso, non verrebbe meno l’associazione mentale tra l’alimento e la presenza dell’ingrediente carneo.\n\nNe consegue – quanto meno in linea di principio, con le precisazioni che seguiranno – che il prodotto in esame potrebbe considerarsi soggetto all’obbligo di indicazione della quantità di carne suina utilizzata, al fine di evidenziare la proporzione esistente tra quest’ultima e gli altri ingredienti riportati in etichetta (ossia: acqua, destrosio, sale, fibre vegetali di agrumi, cicoria e legumi, pepe, antiossidante: E 300, correttore di acidità: E 262 ed E 331, aromi naturali e spezie).\n\nIl ragionamento innanzi illustrato è, probabilmente, quello che ha condotto l’Autorità competente, nel caso oggetto del quesito, a contestare la violazione dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera d) del regolamento.\n\nFerme le precedenti considerazioni, ad avviso dello scrivente, un argomento che avrebbe potuto essere valorizzato a difesa dell’operatore è l’assenza di un interesse rilevante in capo al consumatore – tale da determinare le sue scelte di acquisto – a conoscere la quantità di carne suina utilizzata nella preparazione della salsiccia fresca. Ciò, in quanto il salume è ottenuto essenzialmente da carne suina, con l’aggiunta di ulteriori ingredienti (già innanzi citati) che, tuttavia, assumono una rilevanza secondaria, sia quantitativamente che sotto il profilo dell’incidenza sulle caratteristiche organolettiche.\n\nIl che potrebbe giustificare l’applicazione della deroga stabilita dall’allegato VIII, punto 1, lettera a), voce iv) del regolamento, secondo cui l’indicazione quantitativa di cui all’articolo 9, paragrafo 1, lettera d) non è richiesta per quell’ingrediente che, “pur figurando nella denominazione dell’alimento, non è suscettibile di determinare la scelta del consumatore nel paese di commercializzazione, poiché la variazione di quantità non è essenziale per caratterizzare l’alimento o tale da distinguerlo da altri prodotti simili”.\n\nÈ doveroso precisare che l’operatività di tale esenzione nei confronti della salsiccia fresca non può ritenersi scontata, in mancanza di puntuali indicazioni normative e di chiarimenti da parte della giurisprudenza sul punto.\n\nAd ogni modo, a sostegno della soluzione più favorevole all’operatore, è possibile richiamare la circolare del 31 marzo 2000, n. 165 del Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 92 del 19 aprile 2000 e recante “Linee guida relative al principio della dichiarazione della quantità degli ingredienti (art. 8 del decreto legislativo n. 109/1992) nonché ulteriori informazioni per la corretta applicazione delle disposizioni riguardanti l’etichettatura dei prodotti alimentari”.\n\nNel citato documento – riferito alla previgente disciplina nazionale di cui al decreto legislativo n. 109/1992, che sotto tale profilo corrisponde, sostanzialmente, all’attuale regolamentazione europea [1] – il Ministero precisava infatti che l’obbligo di indicazione del QUID “non sussiste nel caso di prodotti fabbricati essenzialmente o totalmente a partire da un solo ingrediente (es: prodotti di salumeria, polenta, gorgonzola) o da una sola categoria di ingredienti (es.: latticini). Per questi prodotti, se composti anche da altri ingredienti (formaggio alle noci, gorgonzola al mascarpone) l’obbligo dell’indicazione del QUID riguarderà esclusivamente l’ingrediente diverso da quello fondamentale”.\n\n \n\n[articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 2/2023, Filo diretto con l’esperto]”},{“component”:”hc_space”,”id”:”fne79″,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_separator”,”id”:”rAP8c”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”kaRKV”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”NOTE:”,”tag”:”h4″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”k44dy”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:”[1] L’articolo 9 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109 stabiliva che “1. L’indicazione della quantità di un ingrediente o di una categoria di ingredienti, usata nella fabbricazione o nella preparazione di un prodotto alimentare, è obbligatoria, se ricorre almeno uno dei seguenti casi:\n

    \n \t

  1. qualora l’ingrediente o la categoria di ingredienti in questione figuri nella denominazione di vendita o sia generalmente associato dal consumatore alla denominazione di vendita;
  2. \n \t

  3. qualora l’ingrediente o la categoria di ingredienti sia messo in rilievo nell’etichettatura con parole, immagini o rappresentazione grafica;
  4. \n \t

  5. qualora l’ingrediente o la categoria di ingredienti sia essenziale per caratterizzare un prodotto alimentare e distinguerlo dai prodotti con i quali potrebbe essere confuso per la sua denominazione o il suo aspetto.
  6. \n \t

  7. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano: a) a un ingrediente o a una categoria di ingredienti: (…) 4) che, pur figurando nella denominazione di vendita, non è tale da determinare la scelta del consumatore per il fatto che la variazione di quantità non è essenziale per caratterizzare il prodotto alimentare, ne è tale da distinguerlo da altri prodotti simili (…)”.
  8. \n

“},{“component”:”hc_space”,”id”:”h4Rrd”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”fZgB3″,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_space”,”id”:”vPHMI”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_pt_post_informations”,”id”:”ZYgrC”,”css_classes”:”align-right “,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:””,”position”:”align-left”,”date”:true,”categories”:false,”author”:false}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”37FNE”,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_space”,”id”:”QK9gu”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_separator”,”id”:”PynS9″,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:”height: 2px;”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”RJL5S”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Related articles.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_space”,”id”:”K87GV”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space-sm”,”height”:””},{“component”:”hc_pt_grid_list”,”id”:”rmVxB”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:”post”,”post_type_category”:””,”column”:”3″,”column_lg”:”3″,”column_md”:”2″,”column_sm”:”1″,”column_xs”:”1″,”margins”:””,”pag_type”:””,”pag_items”:”2″,”pag_size”:””,”pag_animation”:””,”pag_scroll_top”:false,”pag_position”:””,”pag_button_prev”:””,”pag_button_next”:””,”lm_lazy”:false,”lm_button_text”:””,”box”:”image_half_content”,”boxed”:false,”extra”:true,”content”:”extra”,”title_length”:””,”excerpt_length”:”30″,”title_size”:””,”custom_css”:””,”button_text”:””,”button_style”:”circle”,”button_dimensions”:”btn-lg”,”button_animation”:false,”button_icon”:””}]}],”section_settings”:””},”scripts”:{“pagination”:”pagination.min.js”},”css”:{“content_box”:”css/content-box.css”,”media_box”:”css/media-box.css”},”css_page”:””,”template_setting”:{},”template_setting_top”:{},”page_setting”:{“settings”:[“lock-mode-off”]},”post_type_setting”:{“settings”:{“image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2023/11/salsiccia-900×563.png|1000|1600|1045036″,”excerpt”:”Quesito: Un salumificio è stato sanzionato in via amministrativa per la violazione dell’articolo 9, comma 1, lettera d), del regolamento (UE) 1169/2011, in quanto non ha riportato sull’etichetta di una salsiccia fresca la percentuale dell’ingrediente caratterizzante “carne suina”. \nQuali sono i casi in cui è obbligatorio indicare tale percentuale?”,”extra_1″:”Quesiti”,”extra_2″:””,”icon”:{“icon”:””,”icon_style”:””,”icon_image”:””}}}}

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Latte Uht, possibili alterazioni dovute alla temperatura di conservazione e relative responsabilità. https://www.cibuslex.it/2023/10/latte-uht-possibili-alterazioni-dovute-alla-temperatura-di-conservazione-e-relative-responsabilita/ Wed, 25 Oct 2023 17:50:26 +0000 https://www.cibuslex.it/?p=1045025 {“main-title”:{“component”:”hc_title”,”id”:”main-title”,”title”:””,”subtitle”:”October 25, 2023″,”title_content”:{“component”:”hc_title_empty”,”id”:”title-empty”}},”5ZtkF”:{“component”:”hc_section”,”id”:”5ZtkF”,”section_width”:””,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”vertical_row”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”section_content”:[{“component”:”hc_column”,”id”:”RaEe8″,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_image”,”id”:”Wq9MW”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2023/10/128-900×563.png|1000|1600|1045026″,”alt”:””,”thumb_size”:”full”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”5KCJq”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Latte Uht, possibili alterazioni dovute alla temperatura di conservazione e relative responsabilità.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”8CBYG”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:” \n\nQuesito: Un supermercato ha ricevuto reclami da numerosi clienti per aver acquistato latte Uht dal sapore amaro e con piccole formazioni bianche all’interno della confezione. I prodotti provenivano da un centro di distribuzione che li ha stoccati a temperatura ambiente e li ha consegnati in veicoli non coibentati. Tutti facevano parte dello stesso pallet relativo ad una specifica consegna. Il difetto può essere attribuibile alle alte temperature – di, in media, 30 °C – registrate nel periodo in cui sono avvenuti i reclami? Il produttore, inoltre, indica sulla confezione “conservazione: si conserva a temperatura ambiente”; tale indicazione contempla anche temperature come quelle sopra riportate? Per evitare il fenomeno è possibile stoccare il prodotto nel centro di distribuzione in cella a +4 °C e così consegnarlo ai punti vendita oppure tale modalità sarebbe incompatibile con le indicazioni date dal produttore?\n\n \n\nRisponde l’avvocato Stefano Senatore.\n\n \n\nIl “latte UHT a lunga conservazione”, secondo la definizione riportata dall’articolo 6 della legge n. 169/1989, è il prodotto ricavato sottoponendo il latte ad un “trattamento termico di sterilizzazione in flusso continuo seguito dal confezionamento asettico che ne consente una conservazione prolungata nel tempo”.\n\nI requisiti di tale trattamento termico (UHT, acronimo di Ultra High Temperature) sono invece precisati direttamente dalla normativa europea in materia di igiene alimentare e, in particolare, dall’allegato III, sezione IX, capitolo II, parte II, punto 1, lettera b) del regolamento (CE) 853/2004. Nello specifico, il trattamento deve essere tale da:\n

    \n \t

  1. comportare un flusso di calore continuo ad alta temperatura per un breve periodo (almeno 135 °C per un periodo di durata appropriata), che elimini microrganismi o spore vitali in grado di svilupparsi nel prodotto trattato, tenuto in un recipiente chiuso asettico a temperatura ambiente;
  2. \n \t

  3. assicurare la stabilità microbiologica dei prodotti dopo un periodo d’incubazione di 15 giorni a 30 °C, o di 7 giorni a 55 °C, in recipienti chiusi oppure dopo l’impiego di qualsiasi altro metodo che dimostri l’avvenuta applicazione del trattamento termico appropriato.
  4. \n

\nIl trattamento di bonifica UHT, unito al successivo confezionamento asettico, permette dunque di ottenere un latte che, salvo eventuali errori tecnologici o ri-contaminazioni, si mantiene stabile a temperatura ambiente sotto il profilo microbiologico.\n\nCiò nonostante, temperature di stoccaggio eccessivamente alte possono, comunque, determinare fenomeni di alterazione del latte sotto il profilo chimico-fisico, che potrebbero, eventualmente, anche raggiungere livelli tali da rendere il prodotto inadatto al consumo umano [1].\n\nAl riguardo, la stessa Commissione del Codex Alimentarius, nell’ambito del Codice di prassi igieniche per il latte ed i prodotti lattiero-caseari, ha evidenziato la necessità di evitare, anche i prodotti stabili a temperatura ambiente (tra cui il latte UHT), un eccessivo riscaldamento durante il periodo di conservazione [2].\n\nNel caso in esame, non può pertanto escludersi che le alterazioni verificatesi nel latte siano riconducibili alle temperature cui lo stesso è stato sottoposto durante le fasi di conservazione e trasporto. Resta ferma, ovviamente, la necessità di un accertamento puntuale sulle cause specifiche, che potrebbero anche essere correlate a problemi nelle operazioni di bonifica termica o di confezionamento asettico, nonché alla non conformità dei materiali di imballaggio utilizzati.\n\nOve i difetti riscontrati nel latte fossero, effettivamente, riconducibili alle temperature alle quali è stato esposto il prodotto, la relativa responsabilità potrebbe, in ipotesi, coinvolgere sia l’operatore del settore alimentare responsabile delle informazioni ai consumatori (per brevità, anche “OSARI”) [3], sia gli ulteriori soggetti intervenuti successivamente nella filiera.\n\nL’OSARI, in particolare – stando all’articolo 8 del regolamento (UE) 1169/2011 – è il soggetto al quale viene espressamente attribuita la responsabilità di definire la durabilità dell’alimento e le relative condizioni di conservazione, nonché di mettere tali informazioni a disposizione dei propri clienti professionali e del consumatore finale.\n\nL’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), nell’ambito delle linee guida elaborate per supportare gli operatori nella determinazione della shelf-life, ha inoltre precisato che le relative valutazioni dovrebbero prendere in considerazione anche le “condizioni ragionevolmente prevedibili alle quali i prodotti sono esposti nelle fasi di distribuzione, conservazione e utilizzo [4]. Nello stesso senso si è, inoltre, espressa la Commissione del Codex Alimentarius, nel già citato Codice di prassi igieniche per il latte ed i prodotti lattiero-caseari [5].\n\nVa da sé che, preso atto delle generiche condizioni di conservazione indicate sul latte UHT oggetto del quesito (“si conserva a temperatura ambiente”), l’OSARI, ad avviso di chi scrive, dovrebbe essere chiamato a rispondere per tutte le alterazioni del prodotto che fossero derivate dagli innalzamenti della “temperatura ambiente” ragionevolmente prevedibili durante lo stoccaggio e la distribuzione, considerata anche la stagione estiva nella quale è avvenuta l’immissione in commercio.\n\nPer altro verso, come anticipato, lo scrivente ritiene che anche gli operatori che hanno curato le fasi di immagazzinamento e distribuzione del latte possano essere, potenzialmente, chiamati rendere conto delle condizioni di temperatura alle quali hanno sottoposto il prodotto, quantomeno, laddove i difetti causati dalle stesse fossero prevedibili sulla base della diligenza attendibile da un professionista del settore.\n\nStando alle indicazioni fornite dalla giurisprudenza in materia, difatti, ciascun operatore che intervenga nella filiera commerciale dovrebbe valutare, autonomamente, le modalità di conservazione dei prodotti nell’ambito delle attività di propria competenza, senza fare affidamento sulle informazioni riportate dall’OSARI in etichetta, che la Suprema Corte ha in passato qualificato come meri “consigli o indicazioni di massima” privi di valenza prescrittiva (cfr. Cassazione penale, sez. III, udienza 27.11.2018, deposito 07.01.2019, n. 348).\n\nNell’ambito delle suddette, autonome valutazioni, l’operatore che curi le attività di magazzinaggio e trasporto potrà eventualmente, come prospettato nel quesito, decidere di conservare il prodotto a temperature non superiori a 4 °C, laddove queste – sulla base dei dati a disposizione – non determino un aggravamento del rischio di alterazione.\n\n \n\n[articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 1/2023, Filo diretto con l’esperto]\n\n“},{“component”:”hc_space”,”id”:”fne79″,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_separator”,”id”:”rAP8c”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”kaRKV”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”NOTE:”,”tag”:”h4″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”k44dy”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:”[1] In relazione ai difetti riscontrabili nel latte UHT si veda B. Cenci Goga – L. Grispoldi, Latte trattato termicamente, in B. Cenci Goga (a cura di), Ispezione e controllo degli alimenti, Milano, Point Vétérinaire Italie, 2018, pp. 791 ss.; un recente studio specificamente dedicato al rapporto tra temperatura di conservazione ed alterazioni del latte UHT è M. A. Karlsson, M. Langton, F. Innings, B. Malmgren, A. Hojer, M. Wikstrom, Å. Lundh, Changes in stability and shelf-life of ultra-high temperature treated milk during long term storage at different temperatures, in Heliyon, 2019, 5, https://doi.org/10.1016/j.heliyon.2019.e02431.\n\n[2] Codex Alimentarius Commission, CAC/RCP 57-2004, Code of Hygienic practice for milk and milk products, 2nd edition, 2009, p. 38.\n\n[3] L’articolo 8, paragrafo 1 del regolamento (UE) 1169/2011 identifica l’operatore del settore alimentare responsabile delle informazioni sugli alimenti con l’operatore con il cui nome o con la cui ragione sociale è commercializzato il prodotto o, se tale operatore non è stabilito nell’Unione, con l’importatore nel mercato dell’Unione.\n\n[4] EFSA Panel on Biological Hazards, 2020, Guidance on date marking and related food information: part 1 (date marking), EFSA Journal 2020;18(12):6306, https://doi.org/10.2903/j.efsa.2020.6306.\n\n[5] Codex Alimentarius Commission, CAC/RCP 57-2004, Code of Hygienic practice for milk and milk products, 2nd edition, 2009, p. 39.\n\n “},{“component”:”hc_space”,”id”:”h4Rrd”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”fZgB3″,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_space”,”id”:”vPHMI”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_pt_post_informations”,”id”:”ZYgrC”,”css_classes”:”align-right “,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:””,”position”:”align-left”,”date”:true,”categories”:false,”author”:false}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”37FNE”,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_space”,”id”:”QK9gu”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_separator”,”id”:”PynS9″,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:”height: 2px;”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”RJL5S”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Related articles.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_space”,”id”:”K87GV”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space-sm”,”height”:””},{“component”:”hc_pt_grid_list”,”id”:”rmVxB”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:”post”,”post_type_category”:””,”column”:”3″,”column_lg”:”3″,”column_md”:”2″,”column_sm”:”1″,”column_xs”:”1″,”margins”:””,”pag_type”:””,”pag_items”:”2″,”pag_size”:””,”pag_animation”:””,”pag_scroll_top”:false,”pag_position”:””,”pag_button_prev”:””,”pag_button_next”:””,”lm_lazy”:false,”lm_button_text”:””,”box”:”image_half_content”,”boxed”:false,”extra”:true,”content”:”extra”,”title_length”:””,”excerpt_length”:”30″,”title_size”:””,”custom_css”:””,”button_text”:””,”button_style”:”circle”,”button_dimensions”:”btn-lg”,”button_animation”:false,”button_icon”:””}]}],”section_settings”:””},”scripts”:{“pagination”:”pagination.min.js”},”css”:{“content_box”:”css/content-box.css”,”media_box”:”css/media-box.css”},”css_page”:””,”template_setting”:{},”template_setting_top”:{},”page_setting”:{“settings”:[“lock-mode-off”]},”post_type_setting”:{“settings”:{“image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2023/10/128-900×563.png|1000|1600|1045026″,”excerpt”:”Quesito: 𝑈𝑛 𝑠𝑢𝑝𝑒𝑟𝑚𝑒𝑟𝑐𝑎𝑡𝑜 ℎ𝑎 𝑟𝑖𝑐𝑒𝑣𝑢𝑡𝑜 𝑟𝑒𝑐𝑙𝑎𝑚𝑖 𝑑𝑎 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜𝑠𝑖 𝑐𝑙𝑖𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑝𝑒𝑟 𝑎𝑣𝑒𝑟 𝑎𝑐𝑞𝑢𝑖𝑠𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑙𝑎𝑡𝑡𝑒 𝑈ℎ𝑡 𝑑𝑎𝑙 𝑠𝑎𝑝𝑜𝑟𝑒 𝑎𝑚𝑎𝑟𝑜 𝑒 𝑐𝑜𝑛 𝑝𝑖𝑐𝑐𝑜𝑙𝑒 𝑓𝑜𝑟𝑚𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑏𝑖𝑎𝑛𝑐ℎ𝑒 𝑎𝑙𝑙’𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑛𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑐𝑜𝑛𝑓𝑒𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒. 𝐼 𝑝𝑟𝑜𝑑𝑜𝑡𝑡𝑖 𝑝𝑟𝑜𝑣𝑒𝑛𝑖𝑣𝑎𝑛𝑜 𝑑𝑎 𝑢𝑛 𝑐𝑒𝑛𝑡𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑑𝑖𝑠𝑡𝑟𝑖𝑏𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑙𝑖 ℎ𝑎 𝑠𝑡𝑜𝑐𝑐𝑎𝑡𝑖 𝑎 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑒𝑟𝑎𝑡𝑢𝑟𝑎 𝑎𝑚𝑏𝑖𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑒 𝑙𝑖 ℎ𝑎 𝑐𝑜𝑛𝑠𝑒𝑔𝑛𝑎𝑡𝑖 𝑖𝑛 𝑣𝑒𝑖𝑐𝑜𝑙𝑖 𝑛𝑜𝑛 𝑐𝑜𝑖𝑏𝑒𝑛𝑡𝑎𝑡𝑖. 𝐼𝑙 𝑑𝑖𝑓𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑝𝑢𝑜̀ 𝑒𝑠𝑠𝑒𝑟𝑒 𝑎𝑡𝑡𝑟𝑖𝑏𝑢𝑖𝑏𝑖𝑙𝑒 𝑎𝑙𝑙𝑒 𝑎𝑙𝑡𝑒 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑒𝑟𝑎𝑡𝑢𝑟𝑒 – 𝑑𝑖, 𝑖𝑛 𝑚𝑒𝑑𝑖𝑎, 30 °𝐶 – 𝑟𝑒𝑔𝑖𝑠𝑡𝑟𝑎𝑡𝑒 𝑛𝑒𝑙 𝑝𝑒𝑟𝑖𝑜𝑑𝑜 𝑖𝑛 𝑐𝑢𝑖 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑎𝑣𝑣𝑒𝑛𝑢𝑡𝑖 𝑖 𝑟𝑒𝑐𝑙𝑎𝑚𝑖? 𝐼𝑙 𝑝𝑟𝑜𝑑𝑢𝑡𝑡𝑜𝑟𝑒, 𝑖𝑛𝑜𝑙𝑡𝑟𝑒, 𝑖𝑛𝑑𝑖𝑐𝑎 𝑠𝑢𝑙𝑙𝑎 𝑐𝑜𝑛𝑓𝑒𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 “𝑐𝑜𝑛𝑠𝑒𝑟𝑣𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒: 𝑠𝑖 𝑐𝑜𝑛𝑠𝑒𝑟𝑣𝑎 𝑎 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑒𝑟𝑎𝑡𝑢𝑟𝑎 𝑎𝑚𝑏𝑖𝑒𝑛𝑡𝑒”; 𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑖𝑛𝑑𝑖𝑐𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑒𝑚𝑝𝑙𝑎 𝑎𝑛𝑐ℎ𝑒 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑒𝑟𝑎𝑡𝑢𝑟𝑒 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑞𝑢𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑠𝑜𝑝𝑟𝑎 𝑟𝑖𝑝𝑜𝑟𝑡𝑎𝑡𝑒?”,”extra_1″:”Quesiti”,”extra_2″:””,”icon”:{“icon”:””,”icon_style”:””,”icon_image”:””}}}}

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5° Congresso di diritto alimentare. https://www.cibuslex.it/2023/10/5-congresso-di-diritto-alimentare/ Sun, 15 Oct 2023 16:35:04 +0000 https://www.cibuslex.it/?p=1045018 {“main-title”:{“component”:”hc_title”,”id”:”main-title”,”title”:””,”subtitle”:”October 16, 2023″,”title_content”:{“component”:”hc_title_empty”,”id”:”title-empty”}},”5ZtkF”:{“component”:”hc_section”,”id”:”5ZtkF”,”section_width”:””,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”vertical_row”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”section_content”:[{“component”:”hc_column”,”id”:”RaEe8″,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_image”,”id”:”Wq9MW”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2023/10/xCongresso_SitoOF_DirittoAlimentare.jpg.pagespeed.ic_.rvxyN_moar.webp|600|600|1045019″,”alt”:””,”thumb_size”:”full”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”5KCJq”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”5° Congresso di diritto alimentare.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”8CBYG”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:” \n\nNelle giornate di giovedì 26 e venerdì 27 ottobre 2023 si terrà a Milano, presso lo Spazio Cosimo10, il 5° Congresso Diritto Alimentare, promosso da Only Food e Packaging Meeting.\n\nIl Congresso rappresenta un momento unico di aggiornamento e formazione sulle tematiche di più recente interesse nel campo del diritto alimentare, con un ricco programma di testimonianze offerte da importanti esperti del settore. Gli interventi di contenuto prettamente giuridico sono rivolti all’attenzione di un pubblico costituito da operatori ed esperti di settore che, nelle normali attività lavorative, hanno necessità di confrontarsi con i contesti giuridici tipici della filiera food. A conclusione di ciascuna delle due giornate di Congresso, inoltre, si aprirà una sessione Question Time.\n\nL’avvocato Stefano Senatore interverrà sul tema delle ultime novità normative in arrivo per l’etichettatura dei prodotti vitivinicoli, con particolare riferimento all’elenco degli ingredienti ed alla dichiarazione nutrizionale.\n\nIl programma completo è scaricabile al link sottostante.\n\nPer ulteriori informazioni e per l’iscrizione all’evento, vi invitiamo a visionare la pagina dedicata seguendo questo link.”},{“component”:”hc_space”,”id”:”fne79″,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_separator”,”id”:”rAP8c”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”b6zlU”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”ALLEGATO:”,”tag”:”h4″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”BofDk”,”css_classes”:”no-padding-top “,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:”Programma completo 5° Congresso di diritto alimentare.”}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”fZgB3″,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_space”,”id”:”vPHMI”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_pt_post_informations”,”id”:”ZYgrC”,”css_classes”:”align-right “,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:””,”position”:”align-left”,”date”:true,”categories”:false,”author”:false}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”37FNE”,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_space”,”id”:”QK9gu”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_separator”,”id”:”PynS9″,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:”height: 2px;”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”RJL5S”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Related articles.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_space”,”id”:”K87GV”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space-sm”,”height”:””},{“component”:”hc_pt_grid_list”,”id”:”rmVxB”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:”post”,”post_type_category”:””,”column”:”3″,”column_lg”:”3″,”column_md”:”2″,”column_sm”:”1″,”column_xs”:”1″,”margins”:””,”pag_type”:””,”pag_items”:”2″,”pag_size”:””,”pag_animation”:””,”pag_scroll_top”:false,”pag_position”:””,”pag_button_prev”:””,”pag_button_next”:””,”lm_lazy”:false,”lm_button_text”:””,”box”:”image_half_content”,”boxed”:false,”extra”:true,”content”:”extra”,”title_length”:””,”excerpt_length”:”30″,”title_size”:””,”custom_css”:””,”button_text”:””,”button_style”:”circle”,”button_dimensions”:”btn-lg”,”button_animation”:false,”button_icon”:””}]}],”section_settings”:””},”scripts”:{“pagination”:”pagination.min.js”},”css”:{“content_box”:”css/content-box.css”,”media_box”:”css/media-box.css”},”css_page”:””,”template_setting”:{},”template_setting_top”:{},”page_setting”:{“settings”:[“lock-mode-off”]},”post_type_setting”:{“settings”:{“image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2023/10/xCongresso_SitoOF_DirittoAlimentare.jpg.pagespeed.ic_.rvxyN_moar.webp|600|600|1045019″,”excerpt”:”Nelle giornate di giovedì 26 e venerdì 27 ottobre 2023 si terrà a Milano il 5° Congresso Diritto Alimentare, promosso da Only Food e Packaging Meeting.”,”extra_1″:”Formazione”,”extra_2″:””,”icon”:{“icon”:””,”icon_style”:””,”icon_image”:””}}}}

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Aggiornamenti normativi sull’etichettatura dei prodotti vitivinicoli. https://www.cibuslex.it/2023/08/aggiornamenti-normativi-sulletichettatura-dei-prodotti-vitivinicoli/ Tue, 08 Aug 2023 10:41:04 +0000 https://www.cibuslex.it/?p=1044980 {“main-title”:{“component”:”hc_title”,”id”:”main-title”,”title”:””,”subtitle”:”August 08, 2023″,”title_content”:{“component”:”hc_title_empty”,”id”:”title-empty”}},”5ZtkF”:{“component”:”hc_section”,”id”:”5ZtkF”,”section_width”:””,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”vertical_row”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”section_content”:[{“component”:”hc_column”,”id”:”RaEe8″,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_image”,”id”:”Wq9MW”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2023/08/etichetta-vino-900×563.png|1000|1600|1044981″,”alt”:””,”thumb_size”:”full”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”5KCJq”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Aggiornamenti normativi sull’etichettatura dei prodotti vitivinicoli.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”8CBYG”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:” \n\nIn vista della prossima entrata in applicazione (l’8 dicembre 2023) delle nuove informazioni obbligatorie per i prodotti vitivinicoli, introdotte con il regolamento (UE) 2021/2117 di riforma della PAC, sono stati recentemente adottati due rilevanti atti normativi, cui si accenna brevemente di seguito.\n\n \n\n1) LA RETTIFICA AL REGOLAMENTO (UE) 2021/2117.\n\nLo scorso 31 luglio 2023 è stata pubblicata sulla GUUE una ‘rettifica’ – in realtà, una vera e propria modifica sostanziale – al regime transitorio previsto dall’articolo 5(8) del regolamento (UE) 2021/2117.\n\nLa nuova formulazione, in particolare, precisa che potranno, comunque, essere commercializzati dopo l’8 dicembre 2023, sino ad esaurimento delle scorte, tutti i vini ‘che sono stati prodotti prima di tale data (e che risultino, ovviamente, etichettati in conformità alle regole previgenti) [1].\n\nIl testo del paragrafo 8, pertanto, non contempla più, come condizione per l’accesso al regime transitorio, che i vini siano stati anche già ‘etichettati prima dell’8 dicembre 2023.\n\nA fronte di tale modifica – assolutamente opportuna, considerato il ritardo della Commissione nell’adozione delle regole di dettaglio per la redazione dell’elenco degli ingredienti – emerge ora l’esigenza, ad avviso di chi scrive, di un chiarimento interpretativo in merito a quali requisiti debbano sussistere perché un vino possa considerarsi ‘prodotto‘ alla data dell’8 dicembre prossimo.\n\n \n\n2) LE REGOLE DI DETTAGLIO SULL’ELENCO DEGLI INGREDIENTI.\n\nIn data odierna è stato pubblicato sulla GUUE il regolamento delegato (UE) 2023/1606 [2], che introduce una serie di modifiche al regolamento delegato (UE)  2019/33, tra cui – per quanto qui rileva – le attese disposizioni volte a semplificare la fornitura dell’elenco degli ingredienti per i prodotti vitivinicoli.\n\nSenza entrare nel merito delle specifiche previsioni – le quali saranno comunque oggetto di un seminario autunnale in collaborazione con ConsulenzaAgricola.it – ci si limita in questa sede a precisare che la nuova disciplina interessa le seguenti indicazioni degli ingredienti:\n

    \n \t

  • le materie prime ‘uva e ‘mosto de uve’;
  • \n \t

  • le sostanze utilizzate per l’arricchimento e la dolcificazione: ‘mosto di uve concentrato’ e ‘mosto di uve concentrato rettificato’;
  • \n \t

  • gli additivi ed i coadiuvanti tecnologici (con regole di portata generale ed altre regole specificamente rivolte ai regolatori dell’acidità, agli agenti stabilizzanti ed ai gas d’imballaggio);
  • \n \t

  • lo sciroppo zuccherino e lo sciroppo di dosaggio utilizzati per la produzione di vini spumanti.
  • \n

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Puzzone di Moena: al nome del prodotto si deve affiancare la sigla “DOP”? https://www.cibuslex.it/2023/07/puzzone-di-moena-al-nome-del-prodotto-si-deve-affiancare-la-sigla-dop/ Sun, 16 Jul 2023 17:44:15 +0000 https://www.cibuslex.it/?p=1044971 {“main-title”:{“component”:”hc_title”,”id”:”main-title”,”title”:””,”subtitle”:”July 16, 2023″,”title_content”:{“component”:”hc_title_empty”,”id”:”title-empty”}},”5ZtkF”:{“component”:”hc_section”,”id”:”5ZtkF”,”section_width”:””,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”vertical_row”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”section_content”:[{“component”:”hc_column”,”id”:”RaEe8″,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_image”,”id”:”Wq9MW”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2023/07/Progetto-senza-titolo-900×563.png|1000|1600|1044973″,”alt”:””,”thumb_size”:”full”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”5KCJq”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Puzzone di Moena: al nome del prodotto si deve affiancare la sigla \”DOP\”?”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”8CBYG”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:” \n\nQuesito: Un supermercato che vende il formaggio Puzzone di Moena DOP sul banco per la vendita assistita e preincartato su quello a libero servizio ha l’obbligo di scrivere DOP sul cartello di vendita e sull’etichetta di vendita a libero servizio? Qual è la normativa di riferimento e a quanto ammonta la sanzione?\n\n \n\nRisponde l’avvocato Stefano Senatore\n\n \n\nI nomi “Puzzone di Moena” e, in lingua ladina, “Spretz Tzaorì” identificano una denominazione di origine protetta (DOP) registrata ai sensi del regolamento (UE) 1151/2012, il cui uso è riservato ai formaggi che rispondono a tutti i requisiti definiti nel relativo disciplinare di produzione (pubblicato sull’apposita sezione del sito del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, alla pagina https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/15453).\n\nIl citato disciplinare, per quanto qui rileva, prevede anche specifiche regole per l’etichettatura, stabilendo all’articolo 8 che «il formaggio può essere venduto a forma intera o porzionato; in ogni caso, all’emissione al consumo le forme intere, le confezioni, nelle varie tipologie, dovranno riportare la dicitura D.O.P. “Puzzone di Moena / Spretz Tzaorì” oppure una delle due separatamente “Puzzone di Moena” DOP o “Spretz Tzaorì” DOP, il numero o codice di riferimento del caseificio produttore, il lotto di produzione e l’eventuale indicazione della tipologia “stagionato” e/o “di malga”, in quest’ultimo caso solo se ottenuto esclusivamente con latte di bovini in alpeggio».\n\nAd avviso di chi scrive, tale disposizione dovrebbe essere interpretata nel senso di rendere obbligatoria, oltre all’indicazione del nome registrato “Puzzone di Moena” e/o “Spretz Tzaorì”, anche l’indicazione della sigla “DOP”, che viene sempre affiancata, nel testo, al nome del prodotto (introducendo, così, una deroga rispetto alle regole generali di etichettatura dei prodotti a DOP – stabilite dall’articolo 12 del regolamento (UE) 1151/2012 – secondo le quali la dicitura “Denominazione di origine protetta” e l’abbreviazione “DOP” rappresentano mere indicazioni facoltative).\n\nPremesso ciò, è opportuno chiarire che le prescrizioni di etichettatura contenute nel disciplinare sono oggetto di verifica sul prodotto finito prima della sua immissione sul mercato, nell’ambito dei controlli svolti dall’Organismo incaricato della certificazione (CSQA Certificazioni Srl), che opera secondo le modalità stabilite dal relativo Piano dei controlli.\n\nTuttavia, lo scrivente ritiene che i medesimi requisiti di etichettatura possano trovare applicazione anche per le fasi di commercializzazione successive alla conclusione dell’iter certificativo, ivi compresa la vendita diretta al consumatore finale. Al riguardo, occorre infatti considerare che:\n

    \n \t

  • da un lato, in via generale, l’articolo 12 del regolamento (UE) 1151/2012 impone di commercializzare come denominazioni protette solo prodotti conformi al relativo disciplinare;
  • \n \t

  • d’altro lato, con specifico riferimento al Puzzone di Moena, l’articolo 8 del disciplinare di produzione, nello stabilire gli obblighi di etichettatura, non contempla alcuna esplicita deroga per tali attività di vendita diretta.
  • \n

\nIn relazione al caso prospettato nel quesito, si consiglia quindi all’operatore che gestisce il supermercato – quanto meno precauzionalmente – di includere una delle seguenti diciture nell’ambito delle informazioni sul prodotto fornite ai consumatori: “Puzzone di Moena / Spretz Tzaorì DOP”, “Puzzone di Moena DOP” o “Spretz Tzaorì DOP”.\n\nIn particolare, per quanto riguarda i formaggi imballati presso il banco del punto vendita dietro richiesta del consumatore, si ritiene che l’indicazione possa essere fornita con le modalità indicate dall’articolo 19 del decreto legislativo n. 231/2017 per la vendita degli alimenti non preimballati, ossia, mediante “apposito cartello applicato ai recipienti che li contengono oppure di altro sistema equivalente, anche digitale, facilmente accessibile e riconoscibile, presente nei comparti in cui sono esposti”.\n\nDiversamente, per i prodotti confezionati presso l’esercizio commerciale per la vendita diretta a libero servizio, considerato che l’articolo 19 fa “salve le prescrizioni stabilite in materia dai disciplinari di produzione per i prodotti DOP e IGP”, sarebbe preferibile riportare la dicitura direttamente sulla singola confezione, come richiesto dall’articolo 8 del disciplinare di produzione.\n\nDa ultimo, si rileva che, laddove venisse contestata la violazione degli obblighi innanzi illustrati – e ferma restando la possibilità dell’operatore di difendersi nelle sedi competenti, considerata la peculiarità della fattispecie, sulla quale non si rinviene alcun precedente giurisprudenziale – la sanzione potenzialmente applicabile dovrebbe essere quella contemplata dall’articolo 2, comma 3 del decreto legislativo 297/2004. Tale disposizione, nello specifico, stabilisce che “salva l’applicazione delle norme penali vigenti, chiunque … utilizza le indicazioni non conformi a quanto indicato nei disciplinari di produzione della denominazione protetta e nelle relative disposizioni applicative … è sottoposto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro tremila ad euro ventimila”.\n\n \n\n[Articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 8/2022, Filo diretto con l’esperto]”},{“component”:”hc_space”,”id”:”vPHMI”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”fZgB3″,”column_width”:”col-md-8″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_pt_post_informations”,”id”:”ZYgrC”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:””,”position”:”align-left”,”date”:true,”categories”:false,”author”:false}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”37FNE”,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_space”,”id”:”QK9gu”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_separator”,”id”:”PynS9″,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”RJL5S”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Related articles.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_space”,”id”:”K87GV”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space-sm”,”height”:””},{“component”:”hc_pt_grid_list”,”id”:”rmVxB”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:”post”,”post_type_category”:””,”column”:”3″,”column_lg”:”3″,”column_md”:”2″,”column_sm”:”1″,”column_xs”:”1″,”margins”:””,”pag_type”:””,”pag_items”:”2″,”pag_size”:””,”pag_animation”:””,”pag_scroll_top”:false,”pag_position”:””,”pag_button_prev”:””,”pag_button_next”:””,”lm_lazy”:false,”lm_button_text”:””,”box”:”image_half_content”,”boxed”:false,”extra”:true,”content”:”extra”,”title_length”:””,”excerpt_length”:”30″,”title_size”:””,”custom_css”:””,”button_text”:””,”button_style”:”circle”,”button_dimensions”:”btn-lg”,”button_animation”:false,”button_icon”:””}]}],”section_settings”:””},”scripts”:{“pagination”:”pagination.min.js”},”css”:{“content_box”:”css/content-box.css”,”media_box”:”css/media-box.css”},”css_page”:””,”template_setting”:{},”template_setting_top”:{},”page_setting”:{“settings”:[“lock-mode-off”]},”post_type_setting”:{“settings”:{“image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2023/07/Progetto-senza-titolo-900×563.png|1000|1600|1044973″,”excerpt”:”Quesito: Un supermercato che vende il formaggio Puzzone di Moena DOP sul banco per la vendita assistita e preincartato su quello a libero servizio ha l’obbligo di scrivere DOP sul cartello di vendita e sull’etichetta di vendita a libero servizio?”,”extra_1″:”Quesiti”,”extra_2″:””,”icon”:{“icon”:””,”icon_style”:””,”icon_image”:””}}}}

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