Rintracciabilità, nessun obbligo di predisporre la “scheda di preparazione".

 

Quesito: Il regolamento (CE) 178/2002, al comma 2,  dice che la rintracciabilità a monte sono le fatture dei fornitori. Il comma 3 parla, invece, di rintracciabilità a valle, ma per chi vende al banco e non fa fatture non è applicabile. Il regolamento non parla, invece, di rintracciabilità interna, che per Nas e Asl si traduce in scheda di preparazione. Personalmente non vedo la fondatezza della richiesta da parte dell’autorità di controllo della scheda di preparazione o scheda di elencazione degli ingredienti, che riporta già il fornitore, o del lotto dei prodotti, in quanto già compaiono sulle fatture.

Ciò premesso, l’autorità di controllo può pretendere la scheda di preparazione e, quindi, la rintracciabilità interna?

 

Risponde l'avvocato Stefano Senatore.

 

Il regolamento (CE) n. 178/2002, all’articolo 18, stabilisce gli obblighi generali in tema di rintracciabilità, applicabili a tutti gli alimenti, i mangimi, gli animali destinati alla produzione alimentare ed ogni altra sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime.

In particolare, il paragrafo 2 dell’articolo 18 disciplina la cosiddetta “rintracciabilità a monte”, disponendo che l’operatore deve essere in grado di individuare il fornitore diretto di ogni prodotto in entrata (alimenti, mangimi ecc.).

Il successivo paragrafo 3 riguarda invece la “rintracciabilità a valle”, in relazione alla quale l’operatore deve essere in grado di indicare esclusivamente le imprese del settore alimentare e dei mangimi – quindi, non i consumatori finali – alle quali sono stati forniti i propri prodotti.

Il regolamento non prescrive agli operatori gli specifici mezzi da adottare, limitandosi a stabilire che gli stessi debbano dotarsi di sistemi e procedure idonei a consentire loro di fornire alle Autorità competenti, su richiesta, le informazioni sulla rintracciabilità.

Le informazioni minime che occorre mettere a disposizione delle Autorità sono state, peraltro, dettagliatamente indicate dalla Conferenza Stato-Regioni nell’ambito delle “Linee guida ai fini della rintracciabilità degli alimenti e dei mangimi per fini di sanità pubblica” (adottate nella seduta del 28.7.2005) e possono riassumersi come segue:

  • natura e quantità dei prodotti ricevuti;
  • nome e recapito del fornitore;
  • indicazioni ai fini dell’identificazione dei prodotti ricevuti (lotto, data di consegna);
  • natura e quantità dei prodotti commercializzati;
  • nome e recapito dei clienti;
  • indicazioni ai fini dell’identificazione dei prodotti commercializzati (lotto, data di consegna, mezzo di distribuzione).

Tanto precisato, si evidenzia che, ad avviso dello scrivente, nessuna delle disposizioni del regolamento (CE) n. 178/2002 impone agli operatori di garantire la cosiddetta “rintracciabilità interna”, ossia, di seguire il flusso dei singoli prodotti all’interno della propria azienda.

In altri termini, gli operatori non sono tenuti a stabilire un collegamento tra i beni in entrata e quelli in uscita nell’ambito della loro impresa alimentare; né gli stessi devono disporre – ai fini della rintracciabilità – di “schede di preparazione” dei prodotti o di altri documenti che individuino le modalità in cui le partite sono suddivise e riunite al fine di creare determinati prodotti o nuove partite.

Tali conclusioni, oltre a ricavarsi direttamente dal testo normativo, sono state anche espressamente confermate sia dalla Commissione europea, negli “Orientamenti sull’attuazione degli articoli 11, 12, 14, 17, 18, 19 e 20 del regolamento (CE) n. 178/2002 sulla legislazione alimentare generale” del 26.10.2010 (v. sezione III.3.2, paragrafo ii), sia dalla Conferenza Stato-Regioni, con le già citate “Linee guida” del 28.7.2005 (v. articolo 5, paragrafo 2).

Quanto sopra esposto si riferisce, ovviamente, ai soli obblighi di rintracciabilità oggetto del quesito.

 

A parere di chi scrive, la disponibilità delle “schede di preparazione” dei prodotti o delle “schede di elencazione degli ingredienti” dovrebbe ritenersi, invece, necessaria ai fini delle procedure HACCP e, quindi, per adempiere agli obblighi di cui all’articolo 5 del regolamento (CE) n. 852/2004.

Come noto, infatti, in sede di implementazione delle procedure HACCP, ogni operatore è tenuto a verificare quali siano i pericoli rilevanti all’interno della propria impresa alimentare. Tale valutazione dei pericoli, essendo riferita alla specifica realtà aziendale, presuppone che l’operatore esamini e descriva le caratteristiche e la composizione dei propri prodotti ed i relativi processi produttivi.

Di qui, la necessità di documentare le categorie e le caratteristiche degli ingredienti impiegati, predisponendo le citate “schede di preparazione” o analoghi documenti per ciascuna tipologia di prodotti.

 

[Articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 8/2020, Filo diretto con l'esperto, pp. 106-107]