Cibuslex https://www.cibuslex.it Thu, 18 Apr 2024 06:00:07 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.2 https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2020/07/cropped-icon_1-logo-32x32.png Cibuslex https://www.cibuslex.it 32 32 Etichettatura della pasta all’uovo, l’incidenza dell’acqua. https://www.cibuslex.it/2024/04/etichettatura-della-pasta-alluovo-lincidenza-dellacqua/ Thu, 18 Apr 2024 06:00:07 +0000 https://www.cibuslex.it/?p=1045127 {“main-title”:{“component”:”hc_title”,”id”:”main-title”,”title”:””,”subtitle”:”October 18, 2021″,”title_content”:{“component”:”hc_title_empty”,”id”:”title-empty”}},”5ZtkF”:{“component”:”hc_section”,”id”:”5ZtkF”,”section_width”:””,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”vertical_row”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”section_content”:[{“component”:”hc_column”,”id”:”RaEe8″,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_image”,”id”:”Wq9MW”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2024/04/pasta-uovo-900×563.png|1000|1600|1045129″,”alt”:””,”thumb_size”:”full”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”5KCJq”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Etichettatura della pasta all’uovo, l’incidenza dell’acqua.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”8CBYG”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:” \n\nQuesito: Secondo la normativa su cereali, pasta e sfarinati (legge 4 luglio 1967, n. 580), per la produzione di pasta all’uovo bisogna considerare, al momento della produzione e senza considerare l’acqua, di aggiungere 200 g di uovo su 1.000 kg di farina. Di contro, per la lista ingredienti in etichetta, l’acqua la devo considerare solo se supera il 5% in peso del prodotto finito (reg. (UE) 1169/11). Nel caso in cui debba considerare l’acqua per il calcolo della percentuale di ingredienti (perché superiore al 5%), il quid dell’uovo da riportare sulla lista ingredienti sarà inferiore al 20%. Questo non comporta che non sono conforme alla normativa sulla pasta all’uovo, perché la normativa mi chiede di considerare il 20% al momento della produzione, è corretto?\n\n \n\nRisponde l’avv. Stefano Senatore.\n\n \n\nNell’ordinamento italiano, la pasta all’uovo è disciplinata nell’ambito del decreto del Presidente della Repubblica 9 febbraio 2001, n. 187, recante il “Regolamento per la revisione della normativa sulla produzione e commercializzazione di sfarinati e paste alimentari”.\n\nLa suddetta normativa, per quanto rileva ai fini del quesito, prevede all’articolo 8 che la pasta all’uovo sia ottenuta con almeno quattro uova intere di gallina, prive di guscio, per un peso complessivo non inferiore a 200 grammi di uovo per ogni chilogrammo di semola (eventualmente sostituibili con una corrispondente quantità di ovoprodotto liquido, conforme ai requisiti di cui al decreto legislativo 4 febbraio 1993, n. 65).\n\nLa quantità minima di uova, pertanto, deve essere valutata esclusivamente in rapporto al peso della semola di grano duro impiegata (in modo da garantire l’utilizzo di almeno 200 grammi su 1000 grammi di semola), senza prendere in considerazione l’eventuale acqua aggiunta come ingrediente.\n\nCon riferimento agli obblighi di etichettatura, lo stesso articolo 8 richiede che la pasta di cui si tratta venga immessa in commercio con la denominazione legale di “pasta all’uovo”.\n\nNe consegue, a parere di chi scrive, che le informazioni ai consumatori dovranno comprendere anche l’indicazione della quantità di uova utilizzate, tenuto conto che l’articolo 22 del regolamento (UE) 1169/2011 impone, per l’appunto, di specificare la quantità di qualunque ingrediente che figuri nella denominazione dell’alimento (ci si riferisce a tale obbligo anche con il termine QUID, acronimo di quantitative ingredient declaration).\n\nPer formulare tale indicazione quantitativa, si ritiene che la regola di riferimento, nel caso qui in esame, sia quella stabilita dall’allegato VIII, punto 4, lettera a) del regolamento (UE) 1169/2011, avente ad oggetto “gli alimenti che hanno subito una perdita di umidità in seguito al trattamento termico o di altro tipo”. Il processo produttivo della pasta include, infatti, una specifica fase di essiccamento dell’impasto – espressamente prevista dall’articolo 6 del d.P.R. n. 187/2001 – che ha per effetto una riduzione dell’umidità del prodotto.\n\nPertanto, come previsto dal citato punto 4, lettera a), per i prodotti in esame il QUID andrà indicato come percentuale, corrispondente alla quantità dell’ingrediente utilizzato in relazione con il prodotto finito. In altri termini, la percentuale di uova da indicare dovrebbe essere calcolata rapportando il peso delle uova impiegate (secondo la ricetta) con il peso della pasta all’uovo pronta all’immissione sul mercato.\n\nVa da sé che, anche ai fini del QUID, l’eventuale aggiunta di acqua come ingrediente della pasta non assumerà, direttamente, specifico rilievo nel procedimento di quantificazione della percentuale di uova aggiunte.\n\nResta fermo ad ogni modo che l’acqua impiegata nel processo produttivo potrà rilevare, eventualmente, ai fini dell’indicazione degli ingredienti della pasta. Nello specifico – come può ricavarsi dall’allegato VII, parte A, punto 1 del regolamento (UE) 1169/2011 – l’acqua aggiunta dovrà obbligatoriamente essere riportata nell’elenco degli ingredienti laddove rappresenti almeno il 5% in peso della pasta all’uovo. Diversamente, qualora la presenza di acqua nel prodotto finito sia inferiore a tale soglia, la sua indicazione potrà essere legittimamente omessa.\n\nQuanto sopra, con la precisazione che la quantità di acqua aggiunta ancora presente nella pasta all’uovo andrà determinata sottraendo, dalla quantità totale del prodotto finito, la quantità totale di tutti gli altri ingredienti utilizzati (ossia, la quantità di semola e la quantità di uova aggiunte).\n\n \n\n[Articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 8/2023, Filo diretto con l’esperto]”},{“component”:”hc_space”,”id”:”vPHMI”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”fZgB3″,”column_width”:”col-md-8″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_pt_post_informations”,”id”:”ZYgrC”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:””,”position”:”align-left”,”date”:true,”categories”:false,”author”:false}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”37FNE”,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_space”,”id”:”QK9gu”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_separator”,”id”:”PynS9″,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”RJL5S”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Related articles.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_space”,”id”:”K87GV”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space-sm”,”height”:””},{“component”:”hc_pt_grid_list”,”id”:”rmVxB”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:”post”,”post_type_category”:””,”column”:”3″,”column_lg”:”3″,”column_md”:”2″,”column_sm”:”1″,”column_xs”:”1″,”margins”:””,”pag_type”:””,”pag_items”:”2″,”pag_size”:””,”pag_animation”:””,”pag_scroll_top”:false,”pag_position”:””,”pag_button_prev”:””,”pag_button_next”:””,”lm_lazy”:false,”lm_button_text”:””,”box”:”image_half_content”,”boxed”:false,”extra”:true,”content”:”extra”,”title_length”:””,”excerpt_length”:”30″,”title_size”:””,”custom_css”:””,”button_text”:””,”button_style”:”circle”,”button_dimensions”:”btn-lg”,”button_animation”:false,”button_icon”:””}]}],”section_settings”:””},”scripts”:{“pagination”:”pagination.min.js”},”css”:{“content_box”:”css/content-box.css”,”media_box”:”css/media-box.css”},”css_page”:””,”template_setting”:{},”template_setting_top”:{},”page_setting”:{“settings”:[“lock-mode-off”]},”post_type_setting”:{“settings”:{“image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2024/04/pasta-uovo-900×563.png|1000|1600|1045129″,”excerpt”:”Quesito: L’acqua impiegata nella produzione della pasta all’uovo rileva ai fini dell’indicazione degli ingredienti\ndi quest’ultima? 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Variazione dei tenori massimi di contaminanti, le regole sui periodi transitori. https://www.cibuslex.it/2024/04/variazione-dei-tenori-massimi-di-contaminanti-le-regole-sui-periodi-transitori/ Thu, 04 Apr 2024 05:57:28 +0000 https://www.cibuslex.it/?p=1045122 {“main-title”:{“component”:”hc_title”,”id”:”main-title”,”title”:””,”subtitle”:”April 04, 2024″,”title_content”:{“component”:”hc_title_empty”,”id”:”title-empty”}},”5ZtkF”:{“component”:”hc_section”,”id”:”5ZtkF”,”section_width”:””,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”vertical_row”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”section_content”:[{“component”:”hc_column”,”id”:”RaEe8″,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_image”,”id”:”Wq9MW”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2024/04/cacao-900×563.png|1000|1600|1045123″,”alt”:””,”thumb_size”:”full”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”5KCJq”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Variazione dei tenori massimi di contaminanti, le regole sui periodi transitori.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”8CBYG”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:” \n\nQuesito: Nel caso di una variazione, sancita dalla normativa, dei tenori massimi di qualche sostanza contaminante contenuta in un alimento (come l’ocratossina A per il cacao), come comportarsi nel periodo di transizione? Un’azienda che ha acquistato un ingrediente a norma prima dell’entrata in vigore della variazione, può utilizzarlo come ingrediente dopo l’entrata in vigore dei nuovi limiti (anche se superati)?\n\n \n\nRisponde l’avvocato Stefano Senatore.\n\n \n\nLa materia delle contaminazioni chimiche negli alimenti è disciplinata, in via generale, dal regolamento (CEE) 315/93, il cui articolo 1, paragrafo 1 definisce i “contaminanti” come “ogni sostanza non aggiunta intenzionalmente ai prodotti alimentari, ma in essi presente quale residuo della produzione (compresi i trattamenti applicati alle colture e al bestiame e nella prassi della medicina veterinaria), della fabbricazione, della trasformazione, della preparazione, del trattamento, del condizionamento, dell’imballaggio, del trasporto o dello stoccaggio di tali prodotti, o in seguito alla contaminazione dovuta all’ambiente”.\n\nLa presenza di contaminanti negli alimenti è, quindi, regolata dal successivo articolo 2, paragrafi 1 e 2, nei seguenti termini:\n

    \n \t

  1. per un verso, i prodotti alimentari non possono essere commercializzati ove contengano contaminanti in quantità inaccettabili con riferimento alla salute pubblica, in particolare sul piano tossicologico.
  2. \n \t

  3. per altro verso, i contaminanti devono, comunque, essere mantenuti ai livelli più bassi che si possano ragionevolmente ottenere mediante buone pratiche di produzione, trasformazione, condizionamento e distribuzione.
  4. \n

\nAd integrazione delle suddette norme di principio, la Commissione ha espressamente definito i tenori massimi accettabili per una serie di specifici contaminanti, riportati in un elenco europeo e differenziati a seconda della categoria di alimenti interessata.\n\nTale elenco di soglie massime, originariamente introdotto con il regolamento (CE) 194/97, è stato oggetto di periodici aggiornamenti e modifiche, confluiti nel tempo nel regolamento (CE) 466/2001, poi nel regolamento (CE) 1881/2006 e, da ultimo, nel regolamento (UE) 2023/915 (la cui entrata in vigore è stata fissata per il 25 maggio 2023).\n\nI prodotti alimentari che contengono contaminanti in quantità superiore ai tenori massimi – come precisa la normativa di riferimento – non possono essere immessi in commercio, né utilizzati come ingredienti alimentari, né miscelati con altri alimenti non contaminati, né, infine, sottoposti a detossificazione mediante trattamenti chimici (in tal senso, si vedano gli articoli 1 e 3 del regolamento (CE) 1881/2006 e, per il nuovo regime, gli articoli 2 e 4 del regolamento (UE) 2023/915).\n\nTanto precisato, venendo allo specifico oggetto del quesito, va chiarito innanzitutto che, nei regolamenti sopra citati, non sono contemplate disposizioni generali che predeterminino, anticipatamente, le tempistiche di applicazione per i successivi interventi normativi di variazione dei tenori massimi, tanto meno i relativi regimi transitori.\n\nLa disciplina di tali profili è, quindi, affidata ai singoli regolamenti di modifica, ciascuno dei quali definisce, di volta in volta:\n

    \n \t

  • da un lato, la data iniziale di operatività delle nuove regole, posticipata rispetto alla loro entrata in vigore al fine di garantire agli operatori un lasso di tempo per l’adeguamento;
  • \n \t

  • d’altro lato, un periodo transitorio successivo alla data di applicazione dei nuovi limiti, nel corso del quale gli alimenti già precedentemente immessi sul mercato nel rispetto della disciplina previgente possono continuare ad essere commercializzati, a prescindere dalla loro conformità alle regole modificate.
  • \n

\nA titolo esemplificativo, è possibile richiamare il regolamento (UE) 2022/1370, con il quale è stato introdotto il limite massimo di ocratossina A per il cacao in polvere, cui si fa cenno nel quesito. Tale atto normativo, pur entrando in vigore già il 28 agosto 2022, ha rinviato la sua prima applicazione a decorrere dal 1° gennaio 2023 (articolo 3) e, al contempo, ha consentito di mantenere sul mercato i prodotti alimentari legalmente commercializzati prima del 1° gennaio 2023, fino al decorso del proprio termine minimo di conservazione o, a seconda dei casi, della data di scadenza (articolo 2).\n\nIn senso analogo dispone il regolamento (UE) 2023/915, il quale – come già accennato – ha sostituito il regolamento (CE) 1881/2006 introducendo un nuovo elenco dei tenori massimi di contaminanti. L’articolo 10 del testo normativo ha, difatti, stabilito un articolato regime transitorio, graduato in una serie di date successive, diverse a seconda dei limiti massimi considerati. È stato dunque confermato che gli alimenti immessi sul mercato prima di tali date potranno rimanervi fino al rispettivo termine minimo di conservazione o alla data di scadenza o, con riferimento ai soli tenori massimi di alcaloidi pirrolizidinici, sino al 31 dicembre 2023.\n\nÈ opportuno precisare che, ad avviso di chi scrive, i prodotti che beneficiano dei “regimi transitori” (in quanto legalmente immessi in commercio prima della data di applicazione di una nuova modifica normativa), per tutto il corso del suddetto periodo transitorio dovrebbero non soltanto poter continuare ad essere commercializzati ma, come logica conseguenza, anche poter essere utilizzati dagli operatori come ingredienti alimentari e, più in generale, essere oggetto di qualunque impiego consentito per i prodotti alimentari conformi alle norme sui contaminanti.\n\nOvviamente, l’operatore interessato ad avvalersi del regime transitorio avrà, comunque, l‘onere della prova della data dell’immissione legale dei prodotti sul mercato.\n\nInfine, per inciso, si precisa che un quadro normativo analogo a quello innanzi illustrato opera per le modifiche ai livelli massimi di residui di prodotti antiparassitari negli alimenti, la cui disciplina è autonomamente stabilita dal regolamento (CE) 396/2005. Anche in tal caso, sono direttamente gli atti legislativi di variazione delle soglie massime a posticipare la propria data di applicazione e, contestualmente, a fare salvi i prodotti già ottenuti o importati nell’Unione europea antecedentemente alla suddetta data.\n\n \n\n[Articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 7/2023, Filo diretto con l’esperto]”},{“component”:”hc_space”,”id”:”vPHMI”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”fZgB3″,”column_width”:”col-md-8″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_pt_post_informations”,”id”:”ZYgrC”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:””,”position”:”align-left”,”date”:true,”categories”:false,”author”:false}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”37FNE”,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_space”,”id”:”QK9gu”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_separator”,”id”:”PynS9″,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”RJL5S”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Related articles.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_space”,”id”:”K87GV”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space-sm”,”height”:””},{“component”:”hc_pt_grid_list”,”id”:”rmVxB”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:”post”,”post_type_category”:””,”column”:”3″,”column_lg”:”3″,”column_md”:”2″,”column_sm”:”1″,”column_xs”:”1″,”margins”:””,”pag_type”:””,”pag_items”:”2″,”pag_size”:””,”pag_animation”:””,”pag_scroll_top”:false,”pag_position”:””,”pag_button_prev”:””,”pag_button_next”:””,”lm_lazy”:false,”lm_button_text”:””,”box”:”image_half_content”,”boxed”:false,”extra”:true,”content”:”extra”,”title_length”:””,”excerpt_length”:”30″,”title_size”:””,”custom_css”:””,”button_text”:””,”button_style”:”circle”,”button_dimensions”:”btn-lg”,”button_animation”:false,”button_icon”:””}]}],”section_settings”:””},”scripts”:{“pagination”:”pagination.min.js”},”css”:{“content_box”:”css/content-box.css”,”media_box”:”css/media-box.css”},”css_page”:””,”template_setting”:{},”template_setting_top”:{},”page_setting”:{“settings”:[“lock-mode-off”]},”post_type_setting”:{“settings”:{“image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2024/04/cacao-900×563.png|1000|1600|1045123″,”excerpt”:”Quesito: Nel caso di una variazione, sancita dalla normativa, dei tenori massimi di qualche sostanza contaminante contenuta in un alimento (come l’ocratossina A per il cacao), come comportarsi nel periodo di transizione?”,”extra_1″:”Quesiti”,”extra_2″:””,”icon”:{“icon”:””,”icon_style”:””,”icon_image”:””}}}}

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Elenco degli ingredienti, come indicare l’acido citrico in etichetta. https://www.cibuslex.it/2024/03/elenco-degli-ingredienti-come-indicare-lacido-citrico-in-etichetta/ Tue, 19 Mar 2024 21:45:46 +0000 https://www.cibuslex.it/?p=1045115 {“main-title”:{“component”:”hc_title”,”id”:”main-title”,”title”:””,”subtitle”:”March 20, 2024″,”title_content”:{“component”:”hc_title_empty”,”id”:”title-empty”}},”5ZtkF”:{“component”:”hc_section”,”id”:”5ZtkF”,”section_width”:””,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”vertical_row”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”section_content”:[{“component”:”hc_column”,”id”:”RaEe8″,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_image”,”id”:”Wq9MW”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2024/03/acido-citrico-900×563.png|1000|1600|1045116″,”alt”:””,”thumb_size”:”full”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”5KCJq”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Elenco degli ingredienti, come indicare l’acido citrico in etichetta.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”8CBYG”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:” \n\nQuesito: Sull’etichetta di un prodotto contenente acido citrico, si può scrivere vitamina C? Immagino di no, ma volevo avere una risposta certa. Il prodotto è un semilavorato di farina che tra gli ingredienti ha anche acido citrico  (miscela contenete nucleo (enzimi + acido citrico) e farina 00).\n\n \n\nRisponde l’avvocato Stefano Senatore\n\n \n\nAd avviso di chi scrive, l’acido citrico aggiunto ad una farina dovrebbe essere qualificato, giuridicamente, come un additivo alimentare, in quanto – conformemente alla definizione stabilita dall’articolo 3, paragrafo 2, lettera a) del regolamento (CE) 1333/2008 – si tratta di una sostanza:\n

    \n \t

  • abitualmente non consumata come alimento in sé e non utilizzata come ingrediente caratteristico di alimenti;
  • \n \t

  • aggiunta intenzionalmente all’alimento (farina) per uno scopo tecnologico;
  • \n \t

  • il cui impiego ha, presumibilmente, per effetto che la sostanza o i suoi sottoprodotti divengono, direttamente o indirettamente, componenti dell’alimento.
  • \n

\nCoerentemente, l’allegato II, parte B del citato regolamento riporta, per l’appunto, l’acido citrico all’interno dell’elenco degli additivi alimentari, identificandolo con il codice E 330.\n\nSi precisa che l’acido citrico non è direttamente autorizzato nella farina. Ciò nonostante, tale utilizzo potrebbe essere giustificato in virtù del principio di trasferimento, di cui all’articolo 18 del regolamento, laddove la miscela di farina con acido citrico (ed enzimi), descritta nel quesito come un “semilavorato”, fosse destinata alla produzione di alimenti composti nei quali la presenza dell’additivo E 330 risultasse autorizzata (tra cui, ad esempio, varie tipologie di paste alimentari).\n\nL’additivo oggetto di un tale impiego andrebbe identificato, nell’etichettatura del “semilavorato”, con la propria denominazione specifica “acido citrico”, eventualmente sostituita dal numero E 330, come previsto dal successivo articolo 22 del medesimo regolamento.\n\nNon si ritiene, invece, possibile indicare l’ingrediente in esame come “vitamina C”, sia perché tale termine non è contemplato dal regolamento (CE) 1333/2008, sia perché, comunque, la vitamina C – a quanto risulta allo scrivente – non corrisponde all’acido citrico, bensì all’acido ascorbico.\n\nIn particolare, le forme con le quali la vitamina C può essere aggiunta agli alimenti, ai sensi dell’allegato II del regolamento (CE) 1925/2006, sono esclusivamente: acido L-ascorbico, L-ascorbato di sodio, L-ascorbato di calcio, L-ascorbato di potassio, 6-palmitato di L-ascorbile.\n\n \n\n[Articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 7/2023, Filo diretto con l’esperto]”},{“component”:”hc_space”,”id”:”vPHMI”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”fZgB3″,”column_width”:”col-md-8″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_pt_post_informations”,”id”:”ZYgrC”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:””,”position”:”align-left”,”date”:true,”categories”:false,”author”:false}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”37FNE”,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_space”,”id”:”QK9gu”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_separator”,”id”:”PynS9″,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”RJL5S”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Related articles.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_space”,”id”:”K87GV”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space-sm”,”height”:””},{“component”:”hc_pt_grid_list”,”id”:”rmVxB”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:”post”,”post_type_category”:””,”column”:”3″,”column_lg”:”3″,”column_md”:”2″,”column_sm”:”1″,”column_xs”:”1″,”margins”:””,”pag_type”:””,”pag_items”:”2″,”pag_size”:””,”pag_animation”:””,”pag_scroll_top”:false,”pag_position”:””,”pag_button_prev”:””,”pag_button_next”:””,”lm_lazy”:false,”lm_button_text”:””,”box”:”image_half_content”,”boxed”:false,”extra”:true,”content”:”extra”,”title_length”:””,”excerpt_length”:”30″,”title_size”:””,”custom_css”:””,”button_text”:””,”button_style”:”circle”,”button_dimensions”:”btn-lg”,”button_animation”:false,”button_icon”:””}]}],”section_settings”:””},”scripts”:{“pagination”:”pagination.min.js”},”css”:{“content_box”:”css/content-box.css”,”media_box”:”css/media-box.css”},”css_page”:””,”template_setting”:{},”template_setting_top”:{},”page_setting”:{“settings”:[“lock-mode-off”]},”post_type_setting”:{“settings”:{“image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2024/03/acido-citrico-900×563.png|1000|1600|1045116″,”excerpt”:”Quesito: Sull’etichetta di un prodotto contenente acido citrico, si può scrivere vitamina C? Immagino di no, ma volevo avere una risposta certa. Il prodotto è un semilavorato di farina che tra gli ingredienti ha anche acido citrico  (miscela contenete nucleo (enzimi + acido citrico) e farina 00).”,”extra_1″:”Quesiti”,”extra_2″:””,”icon”:{“icon”:””,”icon_style”:””,”icon_image”:””}}}}

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Utilizzo di bottiglie d’olio di oliva vergine ed extravergine “rabboccate” nelle mense aziendali. https://www.cibuslex.it/2024/02/utilizzo-di-bottiglie-dolio-di-oliva-vergine-ed-extravergine-rabboccate-nelle-mense-aziendali/ Tue, 27 Feb 2024 06:47:58 +0000 https://www.cibuslex.it/?p=1045108 {“main-title”:{“component”:”hc_title”,”id”:”main-title”,”title”:””,”subtitle”:”February 27, 2023″,”title_content”:{“component”:”hc_title_empty”,”id”:”title-empty”}},”5ZtkF”:{“component”:”hc_section”,”id”:”5ZtkF”,”section_width”:””,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”vertical_row”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”section_content”:[{“component”:”hc_column”,”id”:”RaEe8″,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_image”,”id”:”Wq9MW”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2024/02/olio-900×563.png|1000|1600|1045111″,”alt”:””,”thumb_size”:”full”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”5KCJq”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Utilizzo di bottiglie d’olio di oliva vergine ed extravergine “rabboccate” nelle mense aziendali.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”8CBYG”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:” \n\nQuesito: In una mensa aziendale si possono utilizzare, nella somministrazione, bottiglie d’olio che vengono rabboccate? Ossia, il gestore può acquistare olio in lattina e poi versarlo nelle bottiglie che vengono poste ai tavoli?\n\n \n\nRisponde l’avvocato Stefano Senatore.\n\n \n\nLa presentazione degli oli di oliva vergini ed extravergini nell’ambito dei servizi di somministrazione di alimenti e bevande è soggetta, in Italia, alla specifica disciplina prevista dall’articolo 7, comma 2 della legge 9/2013.\n\nSecondo tale disposizione, i suddetti oli, ove proposti in confezioni nei pubblici esercizi per usi diversi da quelli di cucina e di preparazione dei pasti, devono soddisfare tutti i seguenti requisiti:\n

    \n \t

  • essere presentati in contenitori etichettati conformemente alla normativa vigente;
  • \n \t

  • essere forniti di idoneo dispositivo di chiusura in modo che il contenuto non possa essere modificato senza che la confezione sia aperta o alterata;
  • \n \t

  • essere provvisti di un sistema di protezione che non ne permetta il riutilizzo dopo l’esaurimento del contenuto originale indicato nell’etichetta.
  • \n

\nIl sistema di chiusura delle confezioni di olio deve, pertanto, possedere le caratteristiche del cosiddetto “tappo anti-rabbocco”, le quali, stando alle indicazioni fornite con la nota interministeriale del 15 dicembre 2014 [1], possono ritenersi soddisfatte qualora il tappo:\n

    \n \t

  • impedisca un nuovo riempimento della confezione e, comunque, una modifica del contenuto della stessa;
  • \n \t

  • risulti saldamente vincolato al recipiente, in modo tale che la sua asportazione non sia possibile con un mero intervento manuale o che, comunque, la sua manomissione risulti facilmente rilevabile all’esame visivo del controllore o dell’utilizzatore.
  • \n

\nIn alternativa alla presenza del suddetto “tappo anti-rabbocco”, la medesima nota interministeriale ha, peraltro, espressamente ammesso il ricorso alle confezioni monodose, purché le stesse rimangano alterate dopo l’apertura.\n\nPremesso ciò, va evidenziato che i requisiti illustrati in precedenza, come esplicitato dallo stesso articolo 7, comma 2 della legge 9/2013, si riferiscono esclusivamente alla presentazione degli oli di oliva nei “pubblici esercizi”.\n\nNessuna precisa definizione di “pubblico esercizio” è contenuta, tuttavia, nella citata norma, né in altre disposizioni del nostro ordinamento, dalle quali può ricavarsi soltanto che tale attività imprenditoriale includere gli “alberghi, compresi quelli diurni, locande, pensioni, trattorie, osterie, caffè o altri esercizi in cui si vendono al minuto o si consumano vino, birra, liquori od altre bevande anche non alcooliche … sale pubbliche per bigliardi o per altri giuochi leciti o stabilimenti di bagni, ovvero locali di stallaggio e simili” (così, l’articolo 86 del regio decreto 773/1931), nonché gli esercizi di “somministrazione al pubblico di alimenti e di bevande” (in tal senso, l’articolo 1 della legge 287/1991).\n\nUlteriori indicazioni utili possono, comunque, essere rinvenute nella giurisprudenza civile, penale ed amministrativa, che sino ad oggi ha sempre, univocamente, identificato l’attività di “pubblico esercizio” con la prestazione di servizi (in particolare, la somministrazione di alimenti e bevande) rivolta ad una “collettività indifferenziata” (Consiglio di Stato, sez. V, 20.10.2015, n. 4794), così distinguendosi dalle attività di somministrazione effettate nei confronti di soggetti “non indiscriminati, in quanto uniti da un rapporto variamente connotato, all’interno di locali privati (Cassazione civile, sez. I, 17.02.2006, n. 3550 e 21.09.1999 , n. 10201).\n\nDi conseguenza, alcune pronunce giudiziali hanno avuto modo di chiarire come non possano considerarsi “pubblici esercizi” né i “circoli privati (Cassazione civile, sez. II, 13.12.2005, n. 27409), né – per quanto qui rileva – le “mense aziendali (Cassazione penale, sez. I, 21.04.1992), in quanto le relative prestazioni riguardano un numero determinato di persone, che possono fruirne a condizione che siano fornite dal requisito dell’appartenenza, per l’appunto, ad un determinato circolo o azienda.\n\nPreso atto di tali chiarimenti giurisprudenziali, il gestore di una mensa aziendale – non essendo tale attività qualificabile come “pubblico esercizio” – non dovrebbe essere vincolato dagli obblighi di cui all’articolo 7, comma 2 della legge 9/2013, con conseguente possibilità, ad avviso di chi scrive, di presentare ai tavoli degli utenti anche bottiglie d’olio d‘oliva vergine ed extravergine “rabboccate”, purché, ovviamente, per il loro riempimento sia stata utilizzata una confezione di olio conforme ai requisiti normativi.\n\nLa medesima conclusione dovrebbe valere anche per le altre tipologie di oli vegetali, rispetto alle quali non è nota, allo scrivente, alcuna prescrizione normativa riguardante le modalità di presentazione del prodotto nell’ambito delle attività di somministrazione di alimenti e bevande.\n\n \n\n[Articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 5/2023, Filo diretto con l’esperto]”},{“component”:”hc_space”,”id”:”fne79″,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_separator”,”id”:”rAP8c”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”kaRKV”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”NOTE:”,”tag”:”h4″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”k44dy”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:”[1] Nota del Ministero dello Sviluppo economico (oggi, Ministero delle Imprese e del made in Italy) e del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (oggi, Ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste) del 15 dicembre 2014, avente per oggetto “Articolo 18 Legge 30 ottobre 2014 n. 161 ‘Disposizioni in materia di qualità e trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini’”.”}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”fZgB3″,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_space”,”id”:”vPHMI”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_pt_post_informations”,”id”:”ZYgrC”,”css_classes”:”align-right “,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:””,”position”:”align-left”,”date”:true,”categories”:false,”author”:false}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”37FNE”,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_space”,”id”:”QK9gu”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_separator”,”id”:”PynS9″,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:”height: 2px;”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”RJL5S”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Related articles.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_space”,”id”:”K87GV”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space-sm”,”height”:””},{“component”:”hc_pt_grid_list”,”id”:”rmVxB”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:”post”,”post_type_category”:””,”column”:”3″,”column_lg”:”3″,”column_md”:”2″,”column_sm”:”1″,”column_xs”:”1″,”margins”:””,”pag_type”:””,”pag_items”:”2″,”pag_size”:””,”pag_animation”:””,”pag_scroll_top”:false,”pag_position”:””,”pag_button_prev”:””,”pag_button_next”:””,”lm_lazy”:false,”lm_button_text”:””,”box”:”image_half_content”,”boxed”:false,”extra”:true,”content”:”extra”,”title_length”:””,”excerpt_length”:”30″,”title_size”:””,”custom_css”:””,”button_text”:””,”button_style”:”circle”,”button_dimensions”:”btn-lg”,”button_animation”:false,”button_icon”:””}]}],”section_settings”:””},”scripts”:{“pagination”:”pagination.min.js”},”css”:{“content_box”:”css/content-box.css”,”media_box”:”css/media-box.css”},”css_page”:””,”template_setting”:{},”template_setting_top”:{},”page_setting”:{“settings”:[“lock-mode-off”]},”post_type_setting”:{“settings”:{“image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2024/02/olio-900×563.png|1000|1600|1045111″,”excerpt”:”Quesito: Il gestore di una mensa aziendale può acquistare olio in lattina e poi versarlo nelle bottiglie che vengono poste ai tavoli?”,”extra_1″:”Quesiti”,”extra_2″:””,”icon”:{“icon”:””,”icon_style”:””,”icon_image”:””}}}}

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Ingredienti in etichetta, no all’utilizzo di nomi generici che ne indichino solo la materia prima. https://www.cibuslex.it/2024/02/ingredienti-in-etichetta-no-allutilizzo-di-nomi-generici-che-ne-indichino-solo-la-materia-prima/ Wed, 14 Feb 2024 07:08:01 +0000 https://www.cibuslex.it/?p=1045094 {“main-title”:{“component”:”hc_title”,”id”:”main-title”,”title”:””,”subtitle”:”February 14, 2024″,”title_content”:{“component”:”hc_title_empty”,”id”:”title-empty”}},”5ZtkF”:{“component”:”hc_section”,”id”:”5ZtkF”,”section_width”:””,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”vertical_row”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”section_content”:[{“component”:”hc_column”,”id”:”RaEe8″,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_image”,”id”:”Wq9MW”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2024/02/144-1-900×563.png|1000|1600|1045104″,”alt”:””,”thumb_size”:”full”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”5KCJq”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Ingredienti in etichetta, no all’utilizzo di nomi generici che ne indichino solo la materia prima.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”8CBYG”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:” \n\nQuesito: Avrei bisogno di un chiarimento in merito a come redigere l’elenco degli ingredienti in etichetta rispettando le norme in vigore. Se un ingrediente esiste commercializzato in diverse forme/frazioni (ad esempio, fave di cacao e burro di cacao), è possibile inserire in etichetta una sola voce che racchiuda entrambi gli ingredienti? In questo caso, si inserirebbe nell’elenco degli ingredienti “cacao” per intendere fave di cacao e burro di cacao.\n\nUn altro esempio potrebbe essere il seguente: in un prodotto alimentare a cui viene aggiunto olio di semi  di girasole e pasta di girasole, è possibile indicare in etichetta soltanto “girasole” per intendere entrambi gli ingredienti?\n\n \n\nRisponde l’avvocato Stefano Senatore\n\n \n\nL’elenco degli ingredienti rappresenta una delle principali informazioni obbligatorie nell’etichettatura dei prodotti alimentari, sia in relazione agli alimenti preimballati, ai sensi dell’articolo 9 del regolamento (UE) 1169/2011, sia per gli alimenti non preimballati, come previsto dall’articolo 19 del decreto legislativo n. 231/2017.\n\nTale elenco deve includere, in linea di principio, tutti gli ingredienti dell’alimento, ossia, conformemente alla definizione riportata dall’articolo 2, paragrafo 2, lettera f) del citato regolamento, “qualunque sostanza o prodotto, compresi gli aromi, gli additivi e gli enzimi alimentari, e qualunque costituente di un ingrediente composto utilizzato nella fabbricazione o nella preparazione di un alimento e ancora presente nel prodotto finito, anche se sotto forma modificata”.\n\nL’articolo 18, paragrafo 2 del regolamento precisa, inoltre, che ogni singolo ingrediente è designato con la sua “denominazione specifica”, la quale deve va individuata seguendo la disciplina di cui all’articolo 17 sulla “denominazione dell’alimento”. Quindi, l’ingrediente deve essere identificato con la sua denominazione legale o, in mancanza, con la sua denominazione usuale o, qualora neppure questa esista, con una denominazione descrittiva che permetta ai consumatori di determinare la sua reale natura e distinguerlo da altri prodotti con i quali potrebbe essere confuso.\n\nIl quadro normativo sopra sinteticamente richiamato impone, dunque, la precisa identificazione di ogni sostanza o prodotto impiegato come ingrediente.\n\nDi conseguenza, ad avviso di chi scrive, risulta precluso l’utilizzo di nomi generici che, anziché riferirsi all’ingrediente effettivamente utilizzato, indichino esclusivamente la materia prima da cui il suddetto ingrediente è stato ricavato.\n\nQuanto innanzi illustrato trova applicazione anche nei due casi esemplificativi prospettati nel quesito.\n\nIn particolare, qualora nella produzione di un alimento vengano aggiunti sia un olio di semi di girasole che una pasta di semi di girasole, si ritiene che, nell’elenco degli ingredienti, ciascuno dei due prodotti debba essere riportato con la propria denominazione, senza possibilità di limitarsi all’indicazione generica del materiale vegetale di partenza “girasole”.\n\nAlle medesime conclusioni dovrebbe giungersi nel caso di impiego, nella produzione di un alimento, di fave di cacao e di burro di cacao, con conseguente indicazione separata degli stessi nell’elenco degli ingredienti.\n\nPeraltro, relativamente ai prodotti di cacao e di cioccolato, occorre tenere conto della disciplina speciale stabilita dal decreto legislativo n. 178/2003, nell’ambito della quale sono previste le seguenti denominazioni obbligatorie, da utilizzare anche qualora i rispettivi prodotti siano presenti come ingredienti di un alimento composto:\n

    \n \t

  • La denominazione “cacao” indica il “prodotto ottenuto mediante trasformazione in polvere di semi di cacao puliti, decorticati e torrefatti e che presenta un tenore minimo di burro di cacao del 20 per cento, (percentuale calcolata sul peso della sostanza secca), e un tenore massimo di acqua del 9 per cento” (allegato I, punto 2, lettera a);
  • \n \t

  • La denominazione “burro di cacao” identifica, invece, “la sostanza grassa ottenuta da semi di cacao o da parti di semi di cacao avente le seguenti caratteristiche: a) tenore di acidi grassi liberi (espresso in acido oleico): non superiore all’1,75 per cento; b) insaponificabile (determinato utilizzando etere di petrolio): non superiore allo 0,5 per cento, ad eccezione del burro di cacao di pressione che non può essere superiore allo 0,35 per cento” (allegato I, punto 1).
  • \n

\nL’articolo 5, comma 9 del citato decreto pone, inoltre, uno specifico divieto di impiegare le suddette denominazioni per prodotti che non siano conformi alla relativa definizione. Il che conferma l’impossibilità di ricorrere al termine “cacao” per comunicare, genericamente, nell’elenco degli ingredienti la presenza di fave di cacao e di burro di cacao.\n\n \n\n[Articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 5/2023, Filo diretto con l’esperto]”},{“component”:”hc_space”,”id”:”vPHMI”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”fZgB3″,”column_width”:”col-md-8″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_pt_post_informations”,”id”:”ZYgrC”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:””,”position”:”align-left”,”date”:true,”categories”:false,”author”:false}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”37FNE”,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_space”,”id”:”QK9gu”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_separator”,”id”:”PynS9″,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”RJL5S”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Related articles.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_space”,”id”:”K87GV”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space-sm”,”height”:””},{“component”:”hc_pt_grid_list”,”id”:”rmVxB”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:”post”,”post_type_category”:””,”column”:”3″,”column_lg”:”3″,”column_md”:”2″,”column_sm”:”1″,”column_xs”:”1″,”margins”:””,”pag_type”:””,”pag_items”:”2″,”pag_size”:””,”pag_animation”:””,”pag_scroll_top”:false,”pag_position”:””,”pag_button_prev”:””,”pag_button_next”:””,”lm_lazy”:false,”lm_button_text”:””,”box”:”image_half_content”,”boxed”:false,”extra”:true,”content”:”extra”,”title_length”:””,”excerpt_length”:”30″,”title_size”:””,”custom_css”:””,”button_text”:””,”button_style”:”circle”,”button_dimensions”:”btn-lg”,”button_animation”:false,”button_icon”:””}]}],”section_settings”:””},”scripts”:{“pagination”:”pagination.min.js”},”css”:{“content_box”:”css/content-box.css”,”media_box”:”css/media-box.css”},”css_page”:””,”template_setting”:{},”template_setting_top”:{},”page_setting”:{“settings”:[“lock-mode-off”]},”post_type_setting”:{“settings”:{“image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2024/02/144-1-900×563.png|1000|1600|1045104″,”excerpt”:”Quesito: Se un ingrediente esiste commercializzato in diverse “forme” – ad esempio, fave di cacao e burro di cacao o olio di semi di girasole e pasta di girasole –, è possibile inserire in etichetta una sola voce – nei casi proposti, dunque, rispettivamente “cacao” e “girasole” – che racchiuda entrambe le “forme” di commercializzazione?”,”extra_1″:”Quesiti”,”extra_2″:””,”icon”:{“icon”:””,”icon_style”:””,”icon_image”:””}}}}

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Etanolo da fermentazione nei prodotti alimentari: obblighi informativi e limiti di legge. https://www.cibuslex.it/2024/01/etanolo-da-fermentazione-nei-prodotti-alimentari-obblighi-informativi-e-limiti-di-legge/ Thu, 25 Jan 2024 07:04:09 +0000 https://www.cibuslex.it/?p=1045089 {“main-title”:{“component”:”hc_title”,”id”:”main-title”,”title”:””,”subtitle”:”January 25, 2024″,”title_content”:{“component”:”hc_title_empty”,”id”:”title-empty”}},”5ZtkF”:{“component”:”hc_section”,”id”:”5ZtkF”,”section_width”:””,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”vertical_row”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”section_content”:[{“component”:”hc_column”,”id”:”RaEe8″,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_image”,”id”:”Wq9MW”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2024/01/Cheese-900×563.png|1000|1600|1045090″,”alt”:””,”thumb_size”:”full”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”5KCJq”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Etanolo da fermentazione nei prodotti alimentari: obblighi informativi e limiti di legge.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”8CBYG”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:” \n\nQuesito: Avrei bisogno di un chiarimento sulla presenza, non dichiarata in etichetta, di etanolo negli alimenti. Esiste, ad esempio, un valore limite di tale sostanza nel cioccolato, che la contiene naturalmente?\n\n \n\nRisponde l’avvocato Stefano Senatore.\n\n \n\nL’alcol etilico (o etanolo) è un alcol che può essere presente negli alimenti sia in conseguenza delle attività fermentative condotte dai microrganismi (si pensi al vino o alla birra), sia per l’aggiunta intenzionale di tale sostanza nel corso del processo produttivo (ad esempio, quale ingrediente [1], supporto [2] o solvente da estrazione [3]).\n\nVa precisato che solo l’etanolo aggiunto, tal quale, dall’operatore dovrà essere riportato nell’elenco degli ingredienti dell’alimento, conformemente agli obblighi generali di etichettatura stabiliti dall’articolo 9 del regolamento (UE) 1169/2011 (per gli alimenti preimballati) e dall’articolo 19 del decreto legislativo 231/2017 (per gli alimenti non preimballati). L’indicazione nell’elenco degli ingredienti potrà, peraltro, essere omessa ove ricorra una delle ipotesi di esenzione individuate dall’articolo 20 del regolamento (UE) 1169/2011 (come, esemplificativamente, l’utilizzo della sostanza quale coadiuvante tecnologico) [4].\n\nFermo quanto sopra, qualunque sia l’origine dell’alcol etilico (fermentativa o da aggiunta intenzionale), la sua presenza all’interno di una bevanda, tale da portare il contenuto di alcol in volume oltre l’1,2%, comporterà anche l’obbligo di indicazione del titolo alcolometrico volumico effettivo del prodotto, ai sensi degli articoli 9 e 19 già citati in precedenza.\n\nIn tali ipotesi, il contenuto di alcol in volume effettivamente presente nella bevanda – determinato a 20°C – dovrà necessariamente corrispondere al valore indicato nell’etichettatura, fatte salve:\n

    \n \t

  • le soglie di tolleranza connaturate allo specifico metodo di analisi utilizzato;
  • \n \t

  • in aggiunta, le ulteriori soglie di tolleranza ammesse dall’allegato XII del regolamento (UE) 1169/2011 (variabili da ± 0,3% vol. a ± 1,5% vol., a seconda del tipo di bevanda) e, per i vini, dall’articolo 44 del regolamento delegato (UE) 2019/33 (variabili da ± 0,5% vol a ± 0,8% vol).
  • \n

\nPer i prodotti alimentari diversi dalle bevande, invece, ad oggi non si rinviene nell’ordinamento alcuna norma generale che stabilisca né obblighi informativi sul contenuto di etanolo, né limiti massimi alla sua presenza.\n\nEventuali disposizioni al riguardo andranno, se del caso, ricercate nella normativa verticale stabilita per la specifica categoria merceologica di interesse, come il decreto ministeriale 13 luglio 1990, n. 312, concernente il trattamento con alcool etilico del pane speciale preconfezionato. Si puntualizza, ad ogni modo, che nessuna previsione in tal senso è nota allo scrivente in relazione ai prodotti di cacao e di cioccolato oggetto del quesito.\n\nGli operatori devono, comunque, tenere in considerazione i principi generali in materia di sicurezza alimentare e, in primo luogo, ai sensi dell’articolo 14 del regolamento (CE) 178/2002, il divieto di immissione sul mercato degli alimenti dannosi per la salute, identificati sulla base:\n

    \n \t

  1. dei probabili effetti immediati e/o a breve termine, e/o a lungo termine dell’alimento sulla salute di una persona che lo consuma, nonché sulla salute dei discendenti;
  2. \n \t

  3. dei probabili effetti tossici cumulativi di un alimento;
  4. \n \t

  5. della particolare sensibilità, sotto il profilo della salute, di una specifica categoria di consumatori, nel caso in cui l’alimento sia destinato ad essa.
  6. \n

\nUn’ulteriore disciplina che potrebbe, potenzialmente, assumere rilievo è quella del regolamento (CEE) 315/93, applicabile a tutti i “contaminanti” contenuti nei prodotti alimentari, categoria alla quale non sembra irragionevole ricondurre l’etanolo, quanto meno, qualora rappresenti un residuo dei processi fermentativi che si verifichino durante la trasformazione o lo stoccaggio del prodotto [5].\n\nAl riguardo, l’articolo 2 del regolamento stabilisce, tra l’altro:\n

    \n \t

  • il divieto di commercializzare alimenti con contaminanti in quantitativi inaccettabili sotto l’aspetto della salute pubblica;
  • \n \t

  • l’obbligo per gli operatori, in ogni caso, di mantenere i contaminanti ai livelli più bassi che si possono ragionevolmente ottenere attraverso buone pratiche.
  • \n

\nIn definitiva, ferma restando l’assenza di limiti legali alla presenza di etanolo da fermentazione, le disposizioni da ultimo citate fanno emergere comunque, ad avviso di chi scrive, la responsabilità degli operatori di garantire una corretta gestione, in autocontrollo, dei possibili pericoli correlati ad una presenza eccessiva di etanolo nei propri prodotti. Pericoli che potrebbero concretizzarsi, in particolare, quando gli alimenti siano destinati a categorie di consumatori maggiormente vulnerabili quali, esemplificativamente, bambini e donne durante la gravidanza.\n\n \n\n[Articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 3/2023, Filo diretto con l’esperto]”},{“component”:”hc_space”,”id”:”fne79″,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_separator”,”id”:”rAP8c”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”kaRKV”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”NOTE:”,”tag”:”h4″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”k44dy”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:”[1] L’articolo 2, paragrafo 2, lettera f) del regolamento (UE) 1169/2011 definisce “ingrediente” “qualunque sostanza o prodotto, compresi gli aromi, gli additivi e gli enzimi alimentari, e qualunque costituente di un ingrediente composto utilizzato nella fabbricazione o nella preparazione di un alimento e ancora presente nel prodotto finito, anche se sotto forma modificata; i residui non sono considerati come ingredienti”.\n\n[2] I ”supporti”, secondo la definizione dell’allegato I, punto 5 del regolamento (CE) 1333/2008, sono intesi come le “sostanze utilizzate per sciogliere, diluire, disperdere o altrimenti modificare fisicamente un additivo alimentare, un aroma, un enzima alimentare, un nutriente e/o altre sostanze aggiunte agli alimenti a scopo nutrizionale o fisiologico senza alterarne la funzione (e senza esercitare essi stessi alcun effetto tecnologico) allo scopo di facilitarne la manipolazione, l’applicazione o l’impiego”.\n\n[3] I “solventi” sono definiti dall’articolo 2 del decreto legislativo n. 64/1993, recante attuazione della direttiva 2009/32, come “qualsiasi sostanza atta a dissolvere un prodotto alimentare o qualsiasi componente di un prodotto alimentare, compresi gli agenti contaminanti presenti nel o sul prodotto alimentare”.\n\nPer “solvente da estrazione” si intende invece “un solvente impiegato nel corso di un procedimento di estrazione durante la lavorazione di materie prime o di prodotti alimentari, di componenti o di ingredienti di questi prodotti, il quale è rimosso, ma può condurre alla presenza, non intenzionale ma tecnicamente inevitabile, di residui o di derivati nel prodotto alimentare o nell’ingrediente”.\n\n[4] L’articolo 20 del regolamento (UE) 1169/2011 stabilisce infatti che, fatto salvo l’obbligo di indicazione degli allergeni, “nell’elenco degli ingredienti non è richiesta la menzione dei seguenti costituenti di un alimento:\n

    \n \t

  1. i costituenti di un ingrediente che sono stati temporaneamente separati durante il processo di fabbricazione e successivamente reintrodotti in quantità non superiore alla proporzione iniziale;
  2. \n \t

  3. gli additivi e gli enzimi alimentari:\n
      \n \t

    • la cui presenza in un determinato alimento è dovuta unicamente al fatto che erano contenuti in uno o più ingredienti di tale alimento, conformemente al principio del trasferimento di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento (CE) n. 1333/2008, purché non svolgano una funzione tecnologica nel prodotto finito; oppure
    • \n \t

    • che sono utilizzati come coadiuvanti tecnologici;
    • \n

    \n

  4. \n \t

  5. i supporti e le sostanze che non sono additivi alimentari, ma sono utilizzati nello stesso modo e allo stesso scopo dei supporti e sono utilizzati nelle dosi strettamente necessarie;
  6. \n \t

  7. le sostanze che non sono additivi alimentari, ma sono utilizzate nello stesso modo e allo stesso scopo dei coadiuvanti tecnologici e sono ancora presenti nel prodotto finito, anche se in forma modificata;
  8. \n \t

  9. l’acqua:\n
      \n \t

    • quando è utilizzata, nel corso del processo di fabbricazione, solo per consentire la ricostituzione di un ingrediente utilizzato sotto forma concentrata o disidratata; o
    • \n \t

    • nel caso di un liquido di copertura che non è normalmente consumato”.
    • \n

    \n

  10. \n

\n[5] L’articolo 1 del regolamento (CEE) 315/93 definisce, infatti, come “contaminante”: “ogni sostanza non aggiunta intenzionalmente ai prodotti alimentari, ma in essi presente quale residuo della produzione (compresi i trattamenti applicati alle colture e al bestiame e nella prassi della medicina veterinaria), della fabbricazione, della trasformazione, della preparazione, del trattamento, del condizionamento, dell’imballaggio, del trasporto o dello stoccaggio di tali prodotti, o in seguito alla contaminazione dovuta all’ambiente. I corpi estranei quali, ad esempio, frantumi di insetti, peli di animali e altri non rientrano nella presente definizione”.”},{“component”:”hc_space”,”id”:”h4Rrd”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”fZgB3″,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_space”,”id”:”vPHMI”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_pt_post_informations”,”id”:”ZYgrC”,”css_classes”:”align-right “,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:””,”position”:”align-left”,”date”:true,”categories”:false,”author”:false}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”37FNE”,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_space”,”id”:”QK9gu”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_separator”,”id”:”PynS9″,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:”height: 2px;”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”RJL5S”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Related articles.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_space”,”id”:”K87GV”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space-sm”,”height”:””},{“component”:”hc_pt_grid_list”,”id”:”rmVxB”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:”post”,”post_type_category”:””,”column”:”3″,”column_lg”:”3″,”column_md”:”2″,”column_sm”:”1″,”column_xs”:”1″,”margins”:””,”pag_type”:””,”pag_items”:”2″,”pag_size”:””,”pag_animation”:””,”pag_scroll_top”:false,”pag_position”:””,”pag_button_prev”:””,”pag_button_next”:””,”lm_lazy”:false,”lm_button_text”:””,”box”:”image_half_content”,”boxed”:false,”extra”:true,”content”:”extra”,”title_length”:””,”excerpt_length”:”30″,”title_size”:””,”custom_css”:””,”button_text”:””,”button_style”:”circle”,”button_dimensions”:”btn-lg”,”button_animation”:false,”button_icon”:””}]}],”section_settings”:””},”scripts”:{“pagination”:”pagination.min.js”},”css”:{“content_box”:”css/content-box.css”,”media_box”:”css/media-box.css”},”css_page”:””,”template_setting”:{},”template_setting_top”:{},”page_setting”:{“settings”:[“lock-mode-off”]},”post_type_setting”:{“settings”:{“image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2024/01/Cheese-900×563.png|1000|1600|1045090″,”excerpt”:”Quesito: Avrei bisogno di un chiarimento sulla presenza, non dichiarata in etichetta, di etanolo negli alimenti. Esiste, ad esempio, un valore limite di tale sostanza nel cioccolato, che la contiene naturalmente?”,”extra_1″:”Quesiti”,”extra_2″:””,”icon”:{“icon”:””,”icon_style”:””,”icon_image”:””}}}}

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Additivi: quali sostanze e limiti massimi sono ammessi nei tramezzini farciti? https://www.cibuslex.it/2024/01/additivi-quali-sostanze-e-limiti-massimi-sono-ammessi-nei-tramezzini-farciti/ Tue, 09 Jan 2024 17:38:28 +0000 https://www.cibuslex.it/?p=1045080 {“main-title”:{“component”:”hc_title”,”id”:”main-title”,”title”:””,”subtitle”:”January 09, 2024″,”title_content”:{“component”:”hc_title_empty”,”id”:”title-empty”}},”5ZtkF”:{“component”:”hc_section”,”id”:”5ZtkF”,”section_width”:””,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”vertical_row”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”section_content”:[{“component”:”hc_column”,”id”:”RaEe8″,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_image”,”id”:”Wq9MW”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2024/01/hod-dog-900×563.png|1000|1600|1045082″,”alt”:””,”thumb_size”:”full”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”5KCJq”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Additivi: quali sostanze e limiti massimi sono ammessi nei tramezzini farciti?”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”8CBYG”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:” \n\nQuesito: Un tramezzino farcito, pluri-ingrediente e pronto al consumo, a quale categoria appartiene in riferimento al regolamento (UE) 1129/2011 per la ricerca dei valori di riferimento per gli additivi?\n\n \n\nRisponde l’avvocato Stefano Senatore.\n\n \n\nIl regolamento (CE) 1333/2008, recante la disciplina degli additivi alimentari, all’articolo 4 consente l’utilizzo di tali sostanze negli alimenti solo qualora esse siano incluse nel relativo elenco comunitario, riportato nell’allegato II, ed esclusivamente nelle categorie di alimenti ivi indicate.\n\nL’allegato II, in particolare, identifica 18 categorie alimentari, nessuna delle quali, tuttavia, riguarda specificamente i tramezzini farciti oggetto del quesito [1].\n\nI suddetti prodotti potrebbero, eventualmente, essere ricondotti nell’ambito della categoria residuale n. 18, dedicata agli “alimenti trasformati non coperti dalle categorie 1-17”, laddove fossero sottoposti ad un trattamento tale da determinare un mutamento sostanziale del loro stato iniziale (come si ricava dall’articolo 3, paragrafo 2, lettera d). Ad ogni modo, ad oggi non vi sono additivi alimentari autorizzati in relazione alla suddetta categoria n. 18.\n\nPremesso ciò, va tuttavia chiarito che, in base al “principio del trasferimento” definito dall’articolo 18 del Regolamento, nei tramezzini farciti sarà comunque ammessa la presenza di tutti gli additivi autorizzati, dall’allegato II, all’interno dei singoli ingredienti di tale prodotto composto.\n\nEsemplificativamente, nel tramezzino contenente l’ingrediente prosciutto cotto sarà conforme agli obblighi normativi l’eventuale presenza di nitriti apportati da tale salume, posto che l’allegato II, parte E, alla categoria 08.3.2 autorizza tale additivo in tutti i prodotti a base di carne sottoposti a trattamento termico (e quindi anche nel prosciutto cotto).\n\nInfine, considerato che gli additivi riscontrati in un tramezzino ripieno potranno essere solo quelli “trasferiti” dai suoi ingredienti, è da ritenere che la loro quantità massima debba rispettare i limiti stabiliti, dall’allegato II, per il singolo ingrediente aggiunto.\n\nQuindi, assunto che il prosciutto cotto sia soggetto ad un limite massimo di nitriti pari a 150 mg/1000 g di prodotto, e volendo ipotizzare la presenza di 10 g di prosciutto cotto in un tramezzino farcito, la quantità massima di nitriti riscontrabili nell’alimento composto dovrebbe essere di 1,5 mg (salvo, ovviamente, che non siano utilizzati anche ulteriori ingredienti nei quali sia consentita la presenza di nitriti).\n\n \n\n[Articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 3/2023, Filo diretto con l’esperto]”},{“component”:”hc_space”,”id”:”fne79″,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_separator”,”id”:”rAP8c”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”kaRKV”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”NOTE:”,”tag”:”h4″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”k44dy”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:”[1] Come emerge dall’allegato II del regolamento (CE) 1333/2008, ciascun additivo alimentare viene autorizzato sono in relazione a specifici alimenti. A tal fine, le categorie di prodotti alimentari considerate sono:\n

    \n \t

  1. Prodotti lattieri e analoghi
  2. \n \t

  3. Oli e grassi ed emulsioni di oli e grassi
  4. \n \t

  5. Gelati
  6. \n \t

  7. Ortofrutticoli
  8. \n \t

  9. Prodotti di confetteria
  10. \n \t

  11. Cereali e prodotti a base di cereali
  12. \n \t

  13. Prodotti da forno
  14. \n \t

  15. Carni
  16. \n \t

  17. Pesce e prodotti della pesca
  18. \n \t

  19. Uova e ovoprodotti
  20. \n \t

  21. Zuccheri, sciroppi, miele ed edulcoranti da tavola
  22. \n \t

  23. Sali, spezie, zuppe, minestre, salse, insalate, prodotti a base di proteine
  24. \n \t

  25. Alimenti destinati ad un’alimentazione particolare, quali definiti dalla direttiva 2009/39/CE
  26. \n \t

  27. Bevande
  28. \n \t

  29. Salatini e snack pronti al consumo
  30. \n \t

  31. Dessert, tranne i prodotti compresi nelle categorie 1, 3 e 4
  32. \n \t

  33. Integratori alimentari quali definiti nella direttiva 2002/46/CE
  34. \n \t

  35. Alimenti trasformati non coperti dalle categorie 1-17, tranne gli alimenti per lattanti e bambini nella prima infanzia
  36. \n

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Piccole produzioni locali, obblighi generali di igiene alimentare e possibili semplificazioni. https://www.cibuslex.it/2023/12/piccole-produzioni-locali-obblighi-generali-di-igiene-alimentare-e-possibili-semplificazioni/ Wed, 20 Dec 2023 07:00:05 +0000 https://www.cibuslex.it/?p=1045066 {“main-title”:{“component”:”hc_title”,”id”:”main-title”,”title”:””,”subtitle”:”February 07, 2021″,”title_content”:{“component”:”hc_title_empty”,”id”:”title-empty”}},”5ZtkF”:{“component”:”hc_section”,”id”:”5ZtkF”,”section_width”:””,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”vertical_row”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”section_content”:[{“component”:”hc_column”,”id”:”RaEe8″,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_image”,”id”:”Wq9MW”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2023/12/ppl-1-900×563.png|1000|1600|1045076″,”alt”:””,”thumb_size”:”full”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”5KCJq”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Piccole produzioni locali, obblighi generali di igiene alimentare e possibili semplificazioni.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”8CBYG”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:” \n\nQuesito: La legge 1° aprile 2022, n. 30 si applica agli imprenditori agricoli e a quelli ittici per la valorizzazione delle piccole produzioni locali (Ppl). Qualora la Regione di appartenenza degli imprenditori non abbia stabilito la semplificazione della normativa in materia ed i requisiti strutturali dei locali destinati alla attività di lavorazione, produzione e vendita dei prodotti Ppl, l’imprenditore come si dovrebbe orientare per ottemperare ai requisiti minimi di igiene? Tale attività di Ppl va registrata ai sensi dell’articolo 6 del regolamento (CE) 852/04?\n\n \n\nRisponde l’avvocato Stefano Senatore\n\n \n\nCon la legge 1 aprile 2022, n. 30 è stata introdotta, in Italia, una disciplina volta a promuovere e valorizzare le “piccole produzioni locali” (PPL), che l’articolo 1 del testo normativo identifica con i prodotti agricoli, di origine animale o vegetale, rispondenti ai seguenti requisiti:\n

    \n \t

  • sono prodotti primari oppure ottenuti dalla trasformazione di materie prime derivanti da coltivazione o allevamento svolti esclusivamente sui terreni di pertinenza dell’azienda;
  • \n \t

  • sono destinati all’alimentazione umana;
  • \n \t

  • sono ottenuti presso un’azienda agricola o ittica;
  • \n \t

  • sono destinati, in limitate quantità in termini assoluti, al consumo immediato e alla vendita diretta al consumatore finale nell’ambito della provincia in cui si trova la sede di produzione e delle province contermini.
  • \n

\nNell’ambito del nuovo quadro regolatorio – per quanto interessa ai fini del quesito – sono incluse anche alcune disposizioni concernenti i profili igienico-sanitari delle attività di produzione e commercio delle PPL.\n\nIn primo luogo, l’articolo 6 conferma l’applicazione della normativa generale in materia di igiene alimentare, con particolare riferimento al regolamento (CE) 852/2004.\n\nCiò comporta, tra l’altro, l’obbligo degli operatori del settore alimentare di notificare all’Autorità competente ogni stabilimento posto sotto il loro controllo, ai fini della sua registrazione, come richiesto dall’articolo 6 del regolamento (a meno che, beninteso, le attività svolte dall’operatore non siano tali da rendere necessario conseguire un provvedimento di riconoscimento per lo stabilimento).\n\nI successivi articoli 7 e 11 della legge prevedono, comunque, l’adozione di ulteriori regole specificamente rivolte ai prodotti PPL, la cui implementazione viene rimessa alle singole Regioni e Province autonome, nel rispetto dei criteri e delle Linee guida che verranno esplicitati con un prossimo decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari forestali e del Ministero della salute.\n\nTali regole potranno riguardare, in particolare:\n

    \n \t

  • da un lato, i requisiti strutturali dei locali destinati alle attività di lavorazione, produzione e vendita dei prodotti PPL, finalizzati a semplificare la normativa igienica generale, anche allo scopo di preservare le caratteristiche e le tradizioni territoriali dei prodotti;
  • \n \t

  • d’altro lato, le misure da applicare e i controlli igienico-sanitari da effettuare sui prodotti PPL, che dovranno comunque includere un sopralluogo preventivo in azienda per verificare il possesso dei requisiti necessari e, per il primo anno di attività, autocontrolli su tutti i lotti di produzione.
  • \n

\nAll’intervento regionale viene affidata inoltre, dall’articolo 9, l’eventuale istituzione di corsi di formazione obbligatori per il personale addetto alla lavorazione, alla preparazione, alla trasformazione, al confezionamento, al trasporto e alla vendita dei prodotti PPL, volti all’acquisizione di nozioni relative alle corrette prassi operative e buone prassi di igiene, nonché di elementi di microbiologia, valutazione del rischio e procedure di autocontrollo secondo la metodologia HACCP.\n\nIn attesa dell’implementazione delle suddette disposizioni di dettaglio – e ferma restando l’operatività delle discipline già eventualmente adottate dalle Regioni [1] – il riferimento normativo primario sull’igiene alimentare rimane, come già accennato, il regolamento (CE) 852 /2004.\n\nQuest’ultimo, per quanto qui rileva, offrirebbe potenzialmente la possibilità di un’interpretazione flessibile degli obblighi degli operatori, volta a rendere gli stessi proporzionati al livello di rischio correlato alla specifica attività svolta. Tali spazi di flessibilità sono stati, peraltro, ampiamente esplorati ed illustrati dalla Commissione europea con una serie di documenti di orientamento rivolti agli operatori ed alle Autorità competenti, l’ultimo dei quali è rappresentato dalla comunicazione 2022/C 355/01 [2].\n\nTuttavia, ad oggi non sono stati adottati atti giuridicamente vincolanti che rendano operative – con criteri certi ed oggettivi – le semplificazioni prospettate dalla Commissione. Pertanto, la flessibilità nell’applicazione dei requisiti di igiene e nella predisposizione delle procedure basate sul sistema HACCP è, tuttora, rimessa alla valutazione, caso per caso, da parte delle singole Autorità degli Stati membri.\n\nTale approccio è stato seguito, In Italia, con le “Linee guida per il controllo ufficiale ai sensi dei regolamenti (CE) 882/2004 e 854/2004”, adottate dalla Conferenza Stato-Regioni con atto 212/CSR dd. 10.11.2016. Il suddetto documento, infatti, pur prevedendo possibili semplificazioni nell’applicazione del sistema HACCP, rimette, comunque, queste ultime ad una valutazione ed autorizzazione, caso per caso, da parte dell’Autorità competente di livello regionale o locale.\n\n\n\n \n\n[articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 2/2023, Filo diretto con l’esperto]”},{“component”:”hc_space”,”id”:”fne79″,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_separator”,”id”:”rAP8c”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”kaRKV”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”NOTE:”,”tag”:”h4″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”k44dy”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:”[1] Iniziative di supporto per le PPL sono state infatti assunte, tra l’altro, dal Veneto (deliberazione della Giunta regionale n. 2016/2007) e dal Friuli Venezia Giulia (articolo 8, commi 40 e 41 della legge regionale n. 22/2010).\n\n[2] Comunicazione della Commissione relativa all’attuazione dei sistemi di gestione per la sicurezza alimentare riguardanti le corrette prassi igieniche e le procedure basate sui principi del sistema HACCP, compresa l’agevolazione/la flessibilità in materia di attuazione in determinate imprese alimentari (2022/C 355/01)”},{“component”:”hc_space”,”id”:”h4Rrd”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”37FNE”,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_space”,”id”:”QK9gu”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_separator”,”id”:”PynS9″,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:”height: 2px;”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”RJL5S”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Related articles.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_space”,”id”:”K87GV”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space-sm”,”height”:””},{“component”:”hc_pt_grid_list”,”id”:”rmVxB”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:”post”,”post_type_category”:””,”column”:”3″,”column_lg”:”3″,”column_md”:”2″,”column_sm”:”1″,”column_xs”:”1″,”margins”:””,”pag_type”:””,”pag_items”:”2″,”pag_size”:””,”pag_animation”:””,”pag_scroll_top”:false,”pag_position”:””,”pag_button_prev”:””,”pag_button_next”:””,”lm_lazy”:false,”lm_button_text”:””,”box”:”image_half_content”,”boxed”:false,”extra”:true,”content”:”extra”,”title_length”:””,”excerpt_length”:”30″,”title_size”:””,”custom_css”:””,”button_text”:””,”button_style”:”circle”,”button_dimensions”:”btn-lg”,”button_animation”:false,”button_icon”:””}]}],”section_settings”:””},”scripts”:{“pagination”:”pagination.min.js”},”css”:{“content_box”:”css/content-box.css”,”media_box”:”css/media-box.css”},”css_page”:””,”template_setting”:{},”template_setting_top”:{},”page_setting”:{“settings”:[“lock-mode-off”]},”post_type_setting”:{“settings”:{“image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2023/12/ppl-900×563.png|1000|1600|1045073″,”excerpt”:”Quesito: Quali sono gli obblighi di igiene alimentare per le piccole produzioni locali (Ppl), in attesa delle semplificazioni adottate dalle Regioni?”,”extra_1″:”Quesiti”,”extra_2″:””,”icon”:{“icon”:””,”icon_style”:””,”icon_image”:””}}}}

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Birra, l’indicazione dell’origine dell’ingrediente primario. https://www.cibuslex.it/2023/12/birra-lindicazione-dellorigine-dellingrediente-primario/ Thu, 07 Dec 2023 06:51:06 +0000 https://www.cibuslex.it/?p=1045053 {“main-title”:{“component”:”hc_title”,”id”:”main-title”,”title”:””,”subtitle”:”December 07, 2023″,”title_content”:{“component”:”hc_title_empty”,”id”:”title-empty”}},”5ZtkF”:{“component”:”hc_section”,”id”:”5ZtkF”,”section_width”:””,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”vertical_row”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”section_content”:[{“component”:”hc_column”,”id”:”RaEe8″,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_image”,”id”:”Wq9MW”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2023/12/birra-900×563.png|1000|1600|1045060″,”alt”:””,”thumb_size”:”full”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”5KCJq”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Birra, l’indicazione dell’origine dell’ingrediente primario.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”8CBYG”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:” \n\nQuesito: Come comportarsi con l’indicazione dell’origine dell’ingrediente primario di una birra? Considerato che l’acqua è l’ingrediente quantitativamente più importante, malto d’orzo e luppolo cosa devono essere considerati?\n\n \n\nRisponde l’avvocato Stefano Senatore\n\n \n\nL’indicazione obbligatoria del Paese di origine o del luogo di provenienza degli ingredienti primari di un alimento trova la sua disciplina nell’articolo 26, paragrafo 3 del regolamento (UE) 1169/2011 e nelle relative disposizioni applicative, di cui al regolamento di esecuzione (UE) 2018/775.\n\nTali previsioni, in particolare, rendono necessaria l’indicazione dell’origine o provenienza dei suddetti ingredienti primari qualora ricorrano entrambe le seguenti condizioni:\n

    \n \t

  1. il paese d’origine o il luogo di provenienza dell’alimento è indicato attraverso qualunque mezzo, come diciture, illustrazioni, simboli o termini che si riferiscono a luoghi o zone geografiche;
  2. \n \t

  3. l’ingrediente primario abbia un’origine o una provenienza diversa da quella indicata per l’alimento.
  4. \n

\nPer l’identificazione degli ingredienti primari di un alimento occorre fare riferimento alla definizione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera q) del regolamento (UE) 1169/2011, secondo la quale sono considerati primari “l’ingrediente o gli ingredienti di un alimento che rappresentano più del 50% di tale alimento [criterio quantitativo, NdR] o che sono associati abitualmente alla denominazione di tale alimento dal consumatore e per i quali nella maggior parte dei casi è richiesta un’indicazione quantitativa” [criterio qualitativo, NdR].\n\nLa previsione di due diversi criteri identificativi rappresenta un rilevante profilo di criticità delle disposizioni in esame, considerato che, per svariati alimenti, l’applicazione del parametro quantitativo porta ad individuare un ingrediente primario diverso da quello che può ricavarsi riferendosi al parametro qualitativo.\n\nUn esempio calzante è, per l’appunto, quello illustrato nel quesito relativamente al prodotto “birra”, rispetto al quale:\n

    \n \t

  • secondo il criterio quantitativo, l’ingrediente da considerare come primario sarebbe l’acqua, costituendo questa più del 50% del prodotto finito;
  • \n \t

  • secondo il criterio qualitativo, invece, gli ingredienti primari in quanto “associati abitualmente” alla birra dovrebbero, ragionevolmente, ricondursi al malto d’orzo ed al luppolo.
  • \n

\nPer una gestione razionale di tali situazioni, un parziale supporto può rinvenirsi negli orientamenti formulati dalla Commissione nell’ambito della comunicazione 2020/C 32/01, relativa alla “applicazione delle disposizioni dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1169/2011”.\n\nIn base al citato documento, nel fornire informazioni riguardo agli ingredienti primari gli operatori dovrebbero tenere conto tanto della composizione quantitativa dell’alimento, quanto della sua natura e delle sue caratteristiche specifiche, nonché della presentazione complessiva dell’etichetta e, infine, della percezione e delle aspettative dei consumatori.\n\nCiò, al fine di valutare “se l’indicazione dell’origine di un determinato ingrediente abbia probabilità di influenzare in misura sostanziale le decisioni di acquisto dei consumatori e se l’assenza di tale indicazione possa indurre in errore i consumatori”.\n\nApplicando tali coordinate al caso in esame, ad avviso dello scrivente, è da ritenere che l’aspettativa dei consumatori rispetto alla birra – tale da poter incidere sulla loro determinazione all’acquisto – sia quella di essere informati in merito all’origine o alla provenienza degli ingredienti “abitualmente associati” al prodotto, i quali, come già anticipato, dovrebbero potersi identificare con il malto d’orzo (essendo la birra comunemente conosciuta come bevanda fermentata a partire dall’orzo maltato) e, nel contesto attuale, anche con il luppolo (preso atto della crescente attenzione riservata a tale ingrediente rispetto al passato).\n\nDa ultimo, per completezza, è doveroso accennare ad un ulteriore, potenziale problema nella corretta indicazione del Paese di origine del malto d’orzo, emerso a seguito di una presa di posizione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) in relazione all’ingrediente primario della pasta.\n\nIn particolare, nell’ambito del provvedimento n. 11387 del 20 dicembre 2019, reso all’esito di un’istruttoria per pratiche sleali (PS11387), l’Autorità ha fornito una propria interpretazione della disciplina europea in merito all’ingrediente primario della pasta, giungendo alla conclusione secondo cui l’informazione rilevante per il consumatore sarebbe non l’origine dell’ingrediente “farina di grano duro”, bensì l’origine della materia prima “grano duro” e, quindi, il Paese di coltivazione di quest’ultimo (“l’ingrediente generalmente associato alla denominazione della pasta nella percezione dei consumatori è il grano duro, che rappresenta la componente fondamentale del prodotto pasta”).\n\nTale posizione non è condivisa dallo scrivente, in quanto giunge a confondere l’obbligo normativo, avente ad oggetto l’origine dell’ingrediente primario (la farina), con il diverso obbligo – non previsto espressamente da alcuna disposizione – di indicazione dell’origine della materia prima da cui è ottenuto l’ingrediente primario (il grano).\n\nTuttavia, l’esistenza di questo orientamento potrebbe rendere opportuno per l’operatore, quanto meno a titolo cautelativo, un adeguamento nell’indicazione del Paese di origine del malto d’orzo quale ingrediente primario della birra (essendo anch’esso, come la farina di grano duro, un prodotto ottenuto a partire dalla lavorazione di un cereale). Il che potrebbe realizzarsi – esemplificativamente – affiancando in etichetta l’origine dell’ingrediente “malto d’orzo” (corrispondente al Paese di ultima trasformazione sostanziale, ossia, al paese di maltazione) con l’origine della materia prima “orzo” (corrispondente al Paese di coltivazione del cereale) [1].\n\n \n\n[articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 2/2023, Filo diretto con l’esperto]”},{“component”:”hc_space”,”id”:”fne79″,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_separator”,”id”:”rAP8c”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”kaRKV”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”NOTE:”,”tag”:”h4″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”k44dy”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:”[1] Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3 del regolamento (UE) 1169/2011, il Paese di origine di un alimento si riferisce all’origine di tale prodotto, come definita conformemente agli articoli da 23 a 26 del regolamento (CEE) n. 2913/92 (oggi, articoli da 61 a 63 del regolamento (UE) 952/2013 ed articoli da 31 a 36 del regolamento delegato (UE) 2015/2446.”},{“component”:”hc_space”,”id”:”h4Rrd”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”b6zlU”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”ALLEGATO:”,”tag”:”h4″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”BofDk”,”css_classes”:”no-padding-top “,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:” Slowzine n. 7- febbraio 2021.”}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”fZgB3″,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_space”,”id”:”vPHMI”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_pt_post_informations”,”id”:”ZYgrC”,”css_classes”:”align-right “,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:””,”position”:”align-left”,”date”:true,”categories”:false,”author”:false}]},{“component”:”hc_column”,”id”:”37FNE”,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_space”,”id”:”QK9gu”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space”,”height”:””},{“component”:”hc_separator”,”id”:”PynS9″,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:”height: 2px;”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”RJL5S”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Related articles.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_space”,”id”:”K87GV”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”size”:”space-sm”,”height”:””},{“component”:”hc_pt_grid_list”,”id”:”rmVxB”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”post_type_slug”:”post”,”post_type_category”:””,”column”:”3″,”column_lg”:”3″,”column_md”:”2″,”column_sm”:”1″,”column_xs”:”1″,”margins”:””,”pag_type”:””,”pag_items”:”2″,”pag_size”:””,”pag_animation”:””,”pag_scroll_top”:false,”pag_position”:””,”pag_button_prev”:””,”pag_button_next”:””,”lm_lazy”:false,”lm_button_text”:””,”box”:”image_half_content”,”boxed”:false,”extra”:true,”content”:”extra”,”title_length”:””,”excerpt_length”:”30″,”title_size”:””,”custom_css”:””,”button_text”:””,”button_style”:”circle”,”button_dimensions”:”btn-lg”,”button_animation”:false,”button_icon”:””}]}],”section_settings”:””},”scripts”:{“pagination”:”pagination.min.js”},”css”:{“content_box”:”css/content-box.css”,”media_box”:”css/media-box.css”},”css_page”:””,”template_setting”:{},”template_setting_top”:{},”page_setting”:{“settings”:[“lock-mode-off”]},”post_type_setting”:{“settings”:{“image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2023/12/birra-900×563.png|1000|1600|1045060″,”excerpt”:”Quesito: Come comportarsi con l’indicazione dell’origine dell’ingrediente primario di una birra? Considerato che l’acqua è l’ingrediente quantitativamente più importante, malto d’orzo e luppolo cosa devono essere considerati?”,”extra_1″:”Quesiti”,”extra_2″:””,”icon”:{“icon”:””,”icon_style”:””,”icon_image”:””}}}}

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Master in diritto dei mercati agroalimentari: aperte le iscrizioni per l’edizione 2023/24. https://www.cibuslex.it/2023/11/master-in-diritto-dei-mercati-agroalimentari-aperte-le-iscrizioni-per-ledizione-2023-24/ Fri, 17 Nov 2023 06:40:53 +0000 https://www.cibuslex.it/?p=1045041 {“main-title”:{“component”:”hc_title”,”id”:”main-title”,”title”:””,”subtitle”:”February 07, 2021″,”title_content”:{“component”:”hc_title_empty”,”id”:”title-empty”}},”5ZtkF”:{“component”:”hc_section”,”id”:”5ZtkF”,”section_width”:””,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”vertical_row”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”section_content”:[{“component”:”hc_column”,”id”:”RaEe8″,”column_width”:”col-md-12″,”animation”:””,”animation_time”:””,”timeline_animation”:””,”timeline_delay”:””,”timeline_order”:””,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”main_content”:[{“component”:”hc_image”,”id”:”Wq9MW”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”image”:”https://www.cibuslex.it/wp-content/uploads/2023/11/prospectus-900×347.png|530|1375|1045042″,”alt”:””,”thumb_size”:”full”},{“component”:”hc_title_tag”,”id”:”5KCJq”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”text”:”Master in diritto dei mercati agroalimentari: aperte le iscrizioni per l’edizione 2023/24.”,”tag”:”h2″},{“component”:”hc_wp_editor”,”id”:”8CBYG”,”css_classes”:””,”custom_css_classes”:””,”custom_css_styles”:””,”editor_content”:” \n

Sono aperte le iscrizioni nell’ambito del Master Universitario di II Livello in ‘DIRITTO DEI MERCATI AGROALIMENTARI‘ 2023/24, attivato dal Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Torino.

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l percorso formativo, giunto alla III edizione, si svolgerà dal 14 marzo 2024 al 7 febbraio 2025, attraverso 400 ore accademiche di lezione online, calendarizzate il giovedì e venerdì pomeriggio (ore 16.30 –19.30).

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L’obiettivo del Master è formare esperti giuridici ed operatori professionali con idonea e specifica preparazione in tema di diritto agrario, sicurezza alimentare, produzione e commercializzazione di alimenti e bevande, in modo da rispondere alla richiesta proveniente da imprese ed associazioni di categoria, società di servizi, Pubblica Amministrazione, Aziende Sanitarie e studi professionali legali. 

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Il Comitato Scientifico e i/le docenti sono esperti provenienti dall’Università degli Studi di Torino e dal mondo del lavoro, tra i quali segnaliamo con piacere la presenza, anche quest’anno, dell’avv. Stefano Senatore.\nProponente del master è il prof. Roberto Cavallo Perin.

\nIl termine ultimo per l’iscrizione scadrà il 14 febbraio 2024, con possibilità di fruire di prezzi agevolati per le domande pervenute entro il 16 gennaio 2024.\n\n \n

PER INFORMAZIONI: 

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Web: www.master-agroalimentare.it

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Email: iscrizioni@corep.it

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Tel. 011/63.99.254

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