
Il quadro normativo sulla dealcolizzazione del vino in Italia.
Sono trascorsi ormai 3 anni da quando la Riforma della PAC, con il Regolamento (UE) 2021/2117, ha introdotto in Europa la possibilità di realizzare prodotti vitivinicoli dealcolizzati e parzialmente dealcolizzati, caratterizzati da un tenore alcolico inferiore alla soglia minima prescritta dalla normativa, e di commercializzare gli stessi come “vini”.
Considerata la diretta applicabilità delle disposizioni unionali, questi prodotti vitivinicoli innovativi hanno già fatto, legalmente, la loro comparsa anche sul mercato italiano. Sino ad oggi, tuttavia, l’ordinamento nazionale presentava una serie di ostacoli normativi che precludevano, di fatto, la messa in atto delle operazioni di dealcolizzazione [1].
La situazione di impasse parrebbe [2] essere stata, finalmente, superata grazie al Decreto Masaf del 20 dicembre 2024 – giunto all’esito un iter lungo e travagliato – che ha adeguato il nostro sistema giuridico al diritto dell’Unione, schiudendo le porte alla realizzazione di vini dealcolizzati anche sul territorio italiano.
Il suddetto testo normativo (ad oggi, ancora in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale) enuncia infatti chiaramente, all’art. 1, che “conformemente alle modalità stabilite nel presente decreto è possibile ridurre parzialmente o totalmente il tenore alcolico dei vini”.
Alla luce delle nuove possibilità aperte dall’intervento ministeriale, può essere utile fare il punto sulle regole, nazionali e sovranazionali, che disciplinano attualmente le modalità di produzione e presentazione dei vini dealcolizzati e parzialmente dealcolizzati in Italia.
1. I TRATTAMENTI DI DEALCOLIZZAZIONE.
A seguito delle modifiche apportate dal Regolamento (UE) 2021/2117, il Regolamento (UE) 1308/2013 (di seguito, anche Regolamento OCM), allegato VII, parte II stabilisce nell’incipit che le seguenti categorie di prodotti vitivinicoli possono essere sottoposte ad un trattamento di dealcolizzazione:
- vino,
- vino spumante, vino spumante di qualità, vino spumante di qualità del tipo aromatico e vino spumante gassificato,
- vino frizzante e vino frizzante gassificato.
Condizione per procedere alle relative operazioni, tuttavia, è che il prodotto vitivinicolo abbia già raggiunto pienamente le caratteristiche della rispettiva categoria, come descritte nell’allegato VII, parte II, ai punti 1, 4, 5, 6, 7, 8 o 9 [3].
La stessa norma precisa che la dealcolizzazione può essere totale oppure parziale.
Tenuto conto di quanto previsto in tema di etichettatura dal Regolamento OCM, art. 119, paragrafo 1, lettera a) – su cui ci si soffermerà infra – la dealcolizzazione è considerata “totale” quando riduce il titolo alcolometrico effettivo del prodotto ad un livello non superiore a 0,5 % vol. Diversamente, la dealcolizzazione “parziale” è quella che determina un titolo alcolometrico effettivo del prodotto finito superiore a 0,5 % vol e, al contempo, inferiore al titolo alcolometrico effettivo minimo individuato dall’allegato VII, parte II per la specifica categoria cui appartiene il vino “dealcolizzato”.
In entrambi i casi, i processi autorizzati per realizzare la riduzione di etanolo sono indicati dal Regolamento OCM, allegato VIII, alla sezione E (introdotta dal Regolamento (UE) 2021/2117) e corrispondono a quelli già utilizzati per il trattamento di correzione del tenore alcolico dei vini. Ci si riferisce, in particolare, ai seguenti interventi enologici, impiegabili sia singolarmente, sia congiuntamente tra loro:
- parziale evaporazione sottovuoto;
- tecniche a membrana;
- distillazione.
2. LE REGOLE E RESTRIZIONI PER I PROCESSI DI DEALCOLIZZAZIONE.
Il Regolamento OCM, allegato VIII, sezione E sottopone la dealcolizzazione, fondamentalmente, a due restrizioni.
Per un verso, si stabilisce che i processi di dealcolizzazione utilizzati non deve dare luogo a difetti dal punto di vista organolettico nei prodotti vitivinicoli.
Per altro verso, viene precisato che l’eliminazione dell'etanolo del prodotto “non deve essere effettuata in combinazione con un aumento del tenore di zuccheri nel mosto di uve”. In altri termini, la dealcolizzazione viene preclusa per tutti i vini “di base” ottenuti da mosti di uve arricchiti.
L’arricchimento di altri prodotti a monte, come l’uva o il vino nuovo ancora in fermentazione, non viene preso espressamente in considerazione dalla norma. Ciò nonostante, secondo la posizione espressa dalla Commissione europea con la Comunicazione C/2024/694 [4], la dealcolizzazione andrebbe considerata radicalmente incompatibile con qualunque tipo di arricchimento, a prescindere da quale sia il prodotto sottoposto a tale trattamento. Ciò, in quanto la disposizione andrebbe interpretata in coerenza con la sua ratio, identificata nell’esigenza di escludere “le pratiche enologiche che hanno obiettivi opposti”.
Fermo quanto sopra, secondo il punto 8) della Comunicazione, non vi sono ostacoli alla possibilità di dealcolizzare prodotti vitivinicoli contenenti ancora zuccheri “naturali” non fermentati (mediante interruzione della fermentazione), così da ottenere vini dealcolizzati o parzialmente dealcolizzati dolci o amabili.
Le previsioni del Regolamento OCM illustrate sopra vengono, pedissequamente, riproposte anche a livello nazionale con l’art. 2 del D.M. 20 dicembre 2024, il quale aggiunge, tuttavia, due ulteriori precisazioni:
- il trattamento deve essere effettuato sotto la responsabilità di un enologo o di un tecnico qualificato (come, del resto, previsto dal Codice delle pratiche enologiche dell’OIV, scheda 3.5.16);
- è vietata l’aggiunta di acqua esogena e/o di aromi esogeni al prodotto ottenuto a seguito dell’avvenuta dealcolizzazione, parziale o totale.
La medesima disposizione ammette, però, il recupero dell’acqua endogena e degli aromi endogeni dalla soluzione idroalcolica derivante dal processo di dealcolizzazione, al fine del loro riutilizzo nella produzione del vino dealcolizzato e parzialmente dealcolizzato.
Ciò viene consentito a condizione che il riutilizzo avvenga all’interno dello stesso processo di dealcolizzazione, operando in modo continuo ed automatico in un circuito chiuso, senza alcuna estrazione e ulteriore manipolazione dell’acqua estratta.
La disciplina nazionale conferma inoltre espressamente come, dopo la conclusione del processo di dealcolizzazione parziale e/o totale, sia possibile effettuare sui prodotti ottenuti ulteriori pratiche e trattamenti enologici già autorizzati dalla normativa unionale. Il che si pone in piena coerenza con la posizione già espressa dalla Comunicazione della Commissione C/2024/694, punto 8), favorevole all'uso di pratiche enologiche autorizzate, come la dolcificazione o l’aggiunta di CO2, anche a seguito dell’avvenuta dealcolizzazione.
3. LA DEALCOLIZZAZIONE DEI PRODOTTI VITIVINICOLI A DOP E IGP.
Nel consentire la realizzazione di prodotti vitivinicoli dealcolizzati e parzialmente dealcolizzati, il Regolamento (UE) 2021/2117, considerando n. 41), ha dato atto della necessità di “ulteriori ricerche e sperimentazioni per migliorare la qualità di tali prodotti e, in particolare, per garantire che l'eliminazione totale del titolo alcolometrico consenta la preservazione delle caratteristiche distintive dei vini di qualità”. Per tale ragione, nel Regolamento OCM, art. 92, paragrafo 1 è stata inserita un’apposita disposizione volta ad escludere la dealcolizzazione totale per i prodotti vitivinicoli a DOP e IGP.
I prodotti DOP e IGP, secondo la normativa unionale, possono invece essere sottoposti ai trattamenti di dealcolizzazione parziale, a condizione che i produttori interessati provvedano, preventivamente, ad un’apposita modifica dei relativi disciplinari di produzione.
Ai sensi del Regolamento OCM, art. 94, paragrafo 2, comma 4, in tali documenti deve infatti, necessariamente, essere inclusa una descrizione dei vini parzialmente dealcolizzati consistente:
- nella descrizione delle principali caratteristiche analitiche e organolettiche, per i vini DOP,
- nella descrizione delle principali caratteristiche analitiche e valutazione o indicazione delle caratteristiche organolettiche, per i vini IGP.
I medesimi disciplinari possono inoltre contemplare, se del caso, apposite norme sulle pratiche enologiche specifiche utilizzabili nel loro processo produttivo e sulle relative restrizioni.
Sul tema, occorre tuttavia segnalare come il Masaf abbia ritenuto di assumere un approccio diverso e più restrittivo rispetto a quello unionale. Con il D.M. 20 dicembre 2024, art. 3, è stata difatti preclusa in Italia qualunque dealcolizzazione, “totale e/o parziale”, per i prodotti vitivinicoli a DOP e IGP [5].
4. LA DEALCOLIZZAZIONE DEI PRODOTTI VITIVINICOLI BIOLOGICI.
Al momento in cui il presente articolo è redatto, a parere di chi scrive, non dovrebbe ritenersi possibile la produzione di vini biologici dealcolizzati e parzialmente dealcolizzati.
Ciò, in ragione della disciplina contenuta nel Regolamento (UE) 2018/848, allegato II, parte VI, sezione 3, punto 3.4, secondo il quale tutte le pratiche, i processi ed i trattamenti enologici nuovi, ossia, autorizzati dalla normativa vitivinicola successivamente al 1° agosto 2010, “possono essere applicate nella vinificazione biologica solo in seguito all’inserimento di tali misure come consentito dalla presente sezione e, se necessario, in seguito a una procedura di valutazione conformemente all’articolo 24 del presente regolamento”.
Si segnala tuttavia che, lo scorso 13 dicembre 2024, la Commissione europea ha adottato un apposito Regolamento delegato sul tema, finalizzato a modificare la citata sezione 3 per permettere il ricorso ai processi di “parziale evaporazione sotto vuoto” e “distillazione” sottovuoto, utilizzabili singolarmente o congiuntamente tra loro, nel rispetto delle seguenti condizioni:
- l’impiego deve essere finalizzato esclusivamente alla produzione di vino dealcolizzato con un titolo alcolometrico volumico non superiore a 0,5 % vol;
- la temperatura utilizzata non deve superare i 75 ºC;
- le dimensioni dei pori di filtrazione non possomo essere inferiori a 0,2 micrometri.
Occorre, comunque, chiarire che il Regolamento delegato in esame non è stato ancora pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’UE e, per la sua applicabilità, sarà necessario attendere venti giorni dalla suddetta pubblicazione.
5. GLI AMBIENTI DEDICATI ALLA DEALCOLIZZAZIONE E GLI ADEMPIMENTI AMMINISTRATIVI NELLA DISCIPLINA NAZIONALE.
Nell’ordinamento italiano, il D.M. 20 dicembre 2024, art. 2 fornisce una specifica regolamentazione per i locali e gli stabilimenti nei quali possono essere condotti i processi di dealcolizzazione.
In primo luogo, il comma 6 consente la dealcolizzazione esclusivamente in stabilimenti o locali a ciò appositamente destinati. Il che dovrebbe, quindi, permettere di effettuare le operazioni anche all’interno dello stesso stabilimento in cui avvengono le operazioni di vinificazione e imbottigliamento, purché in ambienti dedicati.
Gli stabilimenti o locali destinati alla dealcolizzazione, tuttavia, non possono essere intercomunicanti, neanche attraverso cortili, con:
- stabilimenti o locali adibiti alla produzione o alla detenzione dei prodotti vitivinicoli, nonché dei prodotti vitivinicoli aromatizzati
- stabilimenti in cui i prodotti vitivinicoli e vitivinicoli aromatizzati sono detenuti per essere utilizzati come ingredienti,
- distillerie,
- acetifici.
I medesimi stabilimenti e locali, inoltre, devono essere dotati di:
- registro telematico di carico e scarico dei prodotti vitivinicoli, si cui al Regolamento OCM, art. 147, paragrafo 2;
- licenza di deposito fiscale di cui all’art. 28 Decreto Legislativo n. 504/1995 (T.U. sulle accise), rilasciata alle distillerie per la produzione di alcool etilico e/o agli stabilimenti di produzione di prodotti alcolici intermedi e/o alle cantine e stabilimenti di produzione del vino.
Sotto il profilo degli adempimenti di natura amministrativa, occorre richiamare anche l’art. 4, comma 4 del Decreto Ministeriale, laddove prescrive agli operatori l’annotazione delle operazioni di dealcolazione nel registro telematico, secondo le modalità indicate dall’ICQRF.
Ulteriori obblighi di comunicazione sono previsti dall’art. 2, comma 7. Ci si riferisce, in primo luogo, alla comunicazione all’ufficio ICQRF territorialmente competente, a mezzo p.e.c., della collocazione e della planimetria degli stabilimenti o locali, nonché della tipologia degli impianti ivi allestiti.
A ciò si aggiunge l’obbligo di comunicazione preventiva delle singole lavorazioni. Il quale, finché non sarà implementata una specifica funzionalità telematica, andrà adempiuto mediante p.e.c. inviata entro il quinto giorno antecedente alla lavorazione, con tutte le informazioni qui richiamate nella Tabella 1.
6. LE REGOLE NAZIONALI PER I SOTTOPRODOTTI DELLA DEALCOLIZZAZIONE.
La disciplina italiana si occupa anche dei possibili impieghi dei sottoprodotti ottenuti nel corso della dealcolizzazione (identificabili, sostanzialmente, nella soluzione idro-alcolica estratta dal vino). Le relative disposizioni differiscono, però, a seconda dello specifico processo utilizzato per la riduzione dell’etanolo.
Ai sensi del D.M. 20 dicembre 2024, art. 4, comma 1, il sottoprodotto risultante dalla dealcolizzazione con tecnica a membrana “è utilizzato, in via prioritaria, per la produzione di bioetanolo”. Il che non dovrebbe escludere, ad ogni modo, la possibilità di altri e diversi impieghi, come ricavabile implicitamente dall’inciso “in via prioritaria” (e non, dunque, in via esclusiva).
Si rileva comunque che, nel caso in cui l’utilizzo avvenga all’interno del medesimo stabilimento enologico, sarà necessario procedere alla preliminare denaturazione del sottoprodotto, in modo da garantire la tracciabilità ai fini dei controlli.
Diversamente, in merito al sottoprodotto risultante dalla dealcolizzazione per distillazione o per parziale evaporazione sottovuoto, il comma 2 stabilisce che esso “potrà essere utilizzato per la produzione di distillato di vino di cui all’articolo 4 punto 7 del Regolamento (UE) 2019/787” (ciò, ad avviso di chi scrive, a condizione che il sottoprodotto abbia conservato l’aroma ed il gusto della materia prima utilizzata [6]).
Merita di essere segnalato, infine, il comma 3 dell’art. 2, che – seppur in termini piuttosto vaghi – sottopone i “sottoprodotti ottenuti dalle procedure di cui ai commi 1 e 2” alle disposizioni in materia di accise, di cui al Decreto Legislativo n. 504/1995, al Decreto del Ministero delle finanze n. 153/2001 ed alle altre disposizioni sulle accise relative alla produzione, alla circolazione ed al deposito dell’alcole etilico e delle miscele idroalcoliche.
7. L'ETICHETTATURA DEI VINI DEALCOLIZZATI.
7.1. I termini “dealcolizzato” e “parzialmente dealcolizzato”.
Il Regolamento (UE) 2021/2117 ha apportato alcune integrazioni anche all’art. 119 del Regolamento OCM, dedicato all’etichettatura dei prodotti vitivinicoli, al fine di garantire una chiara informazione ai consumatori sulla natura dei prodotti sottoposti a dealcolizzazione.
Il nuovo testo del paragrafo 1, lettera a) di tale articolo precisa difatti che, qualora il vino abbia subito il suddetto trattamento, la designazione della categoria (es. “vino”, “vino spumante”, “vino frizzante” ecc.) deve essere accompagnata, a seconda dei casi, da uno dei seguenti termini:
- “dealcolizzato”, se il titolo alcolometrico effettivo del prodotto non è superiore a 0,5 % vol., o
- “parzialmente dealcolizzato”, se il titolo alcolometrico effettivo del prodotto è superiore a 0,5 % vol. ed è inferiore al titolo alcolometrico effettivo minimo della categoria che precede la dealcolizzazione [7].
Viene peraltro chiarito dal paragrafo 2 che, quando la designazione della categoria è abbinata con i termini riferiti alla dealcolizzazione, questa deve essere riportata anche per i vini a DOP e IGP (i quali invece, normalmente, sarebbero esentati da tale obbligo informativo).
Nell’ambito della sua Comunicazione C/2024/694, punto 9), la Commissione evidenzia, altresì, come nessuna soglia di tolleranza sia stata prevista dal Legislatore in relazione al titolo alcolometrico minimo e massimo che definisce i vini dealcolizzati e parzialmente dealcolizzati. Sicché, ove l’analisi di un vino dealcolizzato mostri, ad esempio, un contenuto di 0,6 % vol di alcole etilico, il prodotto dovrà necessariamente essere ri-etichettato come “vino parzialmente dealcolizzato”.
In merito alla designazione dei prodotti sottoposti a dealcolizzazione, si deve inoltre, purtroppo, segnalare una divergenza tra le indicazioni prescritte dal Regolamento OCM ed i termini utilizzati, invece, dal D.M. 20 dicembre 2024, art. 1. Quest’ultimo, difatti, impone l’identificazione dei prodotti vitivinicoli in esame con le seguenti, diverse diciture obbligatorie:
- “dealcolato”, in luogo dell’espressione “dealcolizzato” riportata nel testo ufficiale italiano del Regolamento OCM;
- “parzialmente dealcolato”, in luogo dell’espressione “parzialmente dealcolizzato” richiesta dal Legislatore unionale.
A prescindere da ogni considerazione di natura linguistica, la scelta normativa nazionale suscita notevoli perplessità sul piano strettamente giuridico. Ad avviso di chi scrive, infatti, nel Regolamento OCM non è dato rinvenire alcuna devoluzione di competenza, a favore degli Stati membri, per l’individuazione di termini alternativi rispetto a quelli tassativamente indicati dal Legislatore dell’Unione. Sussistono, pertanto, ragionevoli dubbi sull’attuale validità ed applicabilità delle prescrizioni italiane di cui sopra, fintanto che non intervenga, eventualmente, una modifica nel testo ufficiale italiano del Regolamento OCM.
Ad ogni modo, ragionando pragmaticamente, sarà comunque opportuno attendere di conoscere la prassi che assumerà l’ICQRF, Autorità competente per i controlli ufficiali, nell’affrontare questo profilo di criticità.
Fermo quanto sopra, si rileva da ultimo che, nel medesimo art. 2 del D.M. 20 dicembre 2024, viene opportunamente chiarito come la designazione della categoria ed il termine “dealcolato” o “parzialmente dealcolato” debbano apparire in etichetta in un testo omogeneo con caratteri di pari rilievo grafico.
7.2. Il termine minimo di conservazione.
Ai sensi del Regolamento OCM, art. 119, paragrafo 1, lettera j) – inserita dal Regolamento (UE) 2021/2117 – per i prodotti vitivinicoli che sono stati sottoposti ad un trattamento di dealcolizzazione, aventi un titolo alcolometrico volumico effettivo inferiore al 10 %, viene imposta anche l’indicazione del termine minimo di conservazione di cui al Regolamento (UE) 1169/2011, art. 9, paragrafo 1, lettera f).
Per la fornitura di tale informazione, in assenza di ulteriori specifiche all’interno della normativa vitivinicola, occorre fare riferimento alle disposizioni generali del Regolamento (UE) 1169/2011 (di seguito, Regolamento FIC, per “food information to consumers”), come, del resto, confermato anche nella Comunicazione della Commissione C/2024/694, punto 14).
Di conseguenza, il termine minimo di conservazione (di seguito, anche TMC) dovrà corrispondere alla “data fino alla quale [il] prodotto conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione”, conformemente alla definizione dell’art. 2, paragrafo 2, lettera r) del Regolamento FIC.
La determinazione della data è rimessa alla responsabilità dell’operatore. La Comunicazione C/2024/694, punto 14), ricorda comunque che quest’ultimo potrà fare riferimento agli orientamenti scientifici elaborati dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) nel 2020 e del 2021, in cui sono stati illustrati i parametri da considerare, caso per caso, nel corso della valutazione di shelf-life [8].
Per quanto riguarda le modalità di espressione del TMC, le norme cui attenersi sono stabilite dal Regolamento FIC, allegato X, qui riproposte schematicamente nella Tabella 2.
È inoltre opportuno rimarcare come, secondo la suddetta disciplina, l’indicazione del termine minimo di conservazione, ove necessario, vada completata da una descrizione delle modalità di conservazione che dovranno essere, eventualmente, osservate affinché il prodotto si mantenga per il periodo di tempo specificato.
Si rileva infine che, stando alla Comunicazione C/2024/694, punto 14), sull’operatore graverebbe anche l’ulteriore onere di valutare se lo specifico prodotto vitivinicolo, per le sue caratteristiche, richieda l’espressione della shelf-life in forma di termine minimo di conservazione o di data di scadenza. Ad avviso di chi scrive, una tale posizione non risulta condivisibile, essendo lo stesso testo normativo dell’art. 119, paragrafo 1, lettera j) del Regolamento OCM a riferirsi, in maniera chiara e precisa, al solo “termine minimo di conservazione”, escludendo quindi a priori l’obbligatorietà della data di scadenza [9].
7.3. Le altre informazioni obbligatorie.
Sotto ogni ulteriore profilo, i vini ottenuti dai trattamenti di dealcolizzazione sono soggetti alle regole di etichettatura applicabili ad ogni altro prodotto vitivinicolo.
Quanto sopra, per inciso, riguarda anche l’indicazione del titolo alcolometrico volumico effettivo, tassativamente richiesta dal Regolamento OCM, art. 119, paragrafo 1, lettera c) per tutti i prodotti vitivinicoli, indipendentemente dal loro grado alcolico e senza contemplare alcuna eccezione nei confronti dei vini dealcolizzati o parzialmente dealcolizzati.
Ne consegue che, conformemente a quanto riferito nella Comunicazione della Commissione C/2024/694, punto 13), “il titolo alcolometrico effettivo dei vini parzialmente o totalmente dealcolizzati deve essere sempre indicato sull'etichetta, anche per le bevande con un titolo alcolometrico inferiore a 1,2 % vol”.
In altri termini, l’esenzione dall’obbligo informativo stabilita per le bevande contenenti non più dell’1,2% di alcol in volume, contemplata dalla normativa generale sugli alimenti di cui al Regolamento FIC, art. 9, paragrafo 1, lettera k), non opera rispetto ai vini oggetto di dealcolizzazione, prevalendo la lex specialis stabilita dal Regolamento OCM.
7.4. Le informazioni fornite a titolo volontario.
Anche in tema di informazioni volontarie, non si rinvengono differenze di disciplina tra i vini dealcolizzati o parzialmente dealcolizzati e gli altri prodotti vitivinicoli.
Di conseguenza, esemplificativamente, la Comunicazione della Commissione C/2024/694, punto 6) conferma la possibilità di “apporre in etichetta indicazioni quali l'annata o il nome della varietà se sono soddisfatte le condizioni applicabili per tali indicazioni”.
Per quanto concerne le informazioni non specificamente normate dalla disciplina settoriale, la loro ammissibilità andrà valutata caso per caso, tenendo conto, soprattutto, dei criteri elencati agli artt. 36 e 37 del Regolamento (UE) 1169/2011 per le indicazioni fornite su base volontaria.
Si ricorda che queste ultime, in particolare:
- non devono indurre in errore il consumatore;
- non devono essere né ambigue né confuse;
- devono basarsi, se del caso, sui dati scientifici pertinenti;
- non possono inoltre occupare lo spazio disponibile per le informazioni obbligatorie sugli alimenti.
Considerati tali parametri normativi, la Comunicazione della Commissione C/2024/694, punto 7) – fatte salve eventuali specifiche previsioni nazionali – ritiene in linea di principio consentito anche “l'uso di termini come «analcolico», «alcohol free» o «alkoholfrei» come indicazioni supplementari in un vino totalmente dealcolizzato contenente lo 0 % di alcole”.
Resta fermo che le suddette diciture volontarie non potranno, ovviamente, sostituire l’informazione obbligatoria “dealcolizzato”, che dovrà comunque figurare sull’etichetta.
8. ULTERIORI PROFILI AFFRONTATI DALLA COMMISSIONE EUROPEA.
8.1. Designazione dei prodotti ottenuti per miscelazione.
A conclusione del presente approfondimento, riteniamo utile riportare alcune ulteriori indicazioni fornite nella Comunicazione della Commissione C/2024/694, relative ad altri dubbi interpretativi insorti in relazione a specifici profili e situazioni.
In primo aspetto di interesse riguarda le modalità di classificazione e designazione dei prodotti ottenuti mediante miscelazione tra vini totalmente dealcolizzati e vini non dealcolizzati.
Al riguardo, il punto 4) della Comunicazione riferisce che “la bevanda alcolica risultante potrebbe essere chiamata «vino» se il suo tenore alcolico è pari o superiore a 8,5-9 %, in quanto ciò potrebbe essere considerato come miscelazione o «taglio»”.
Diversamente, qualora il tenore alcolico della bevanda ottenuta sia inferiore a 8,5-9 %, quest’ultima “non può essere chiamata «vino» perché non si raggiunge il tenore alcolico minimo per il vino. Non può nemmeno essere chiamata «vino parzialmente dealcolizzato» in quanto la riduzione del tenore alcolico è dovuta alla miscelazione e non a un processo di dealcolizzazione parziale”.
Se ne può ricavare che un siffatto prodotto potrebbe essere commercializzato, in ipotesi, solo ricorrendo ad altre e diverse denominazioni usuali o descrittive, conformi alle regole generali di etichettatura dei prodotti alimentari di cui al Regolamento (UE) 1169/2011.
Per quanto concerne, invece, l’eventuale miscelazione di una partita di vino parzialmente dealcolizzato con un'altra partita di vino parzialmente dealcolizzato, stando al citato punto 4), il prodotto risultante “potrebbe essere denominato «vino parzialmente dealcolizzato» poiché corrispondente a una miscela di vini che sono stati entrambi parzialmente dealcolizzati”.
8.2. Designazione di prodotti vitivinicoli con tenore alcolico superiore al minimo previsto per la categoria.
Un altro problema affrontato dalla Comunicazione, al punto 15), riguarda i prodotti vitivinicoli il cui tenore alcolico sia stato ridotto di oltre il 20% ma risulti, comunque, ancora superiore al minimo stabilito per la rispettiva categoria (ad esempio, superiore a 8,5/9% per la categoria “vino”).
La Commissione evidenzia che tali prodotti “non possono essere etichettati come vini in quanto non soddisfano le condizioni necessarie per essere un vino o un vino dealcolizzato/parzialmente dealcolizzato“.
Si può ragionevolmente concordare con una tale soluzione, in quanto la pratica enologica descritta:
- da un lato, non risponde ai requisiti del trattamento di “correzione del tenore alcolico dei vini” di cui al Regolamento (UE) 2019/934, allegato I, appendice 8, i quali prevedono che “il tenore alcolico può essere ridotto al massimo del 20 %”;
- d’altro lato, neppure si può ritenere risponda alle condizioni previste per il trattamento di “dealcolizzazione”, il quale, stando al combinato disposto dell’art. 119, paragrafo 1 e dell’allegato VIII, sezione E del Regolamento OCM, dovrebbe necessariamente determinare un tenore alcolico inferiore al limite minimo previsto per la categoria.
I prodotti in esame potranno dunque essere immessi sul mercato unionale, eventualmente, soltanto ricorrendo ad una denominazione diversa da quelle previste per i prodotti vitivinicoli, identificata sulla base del Regolamento (UE) 1169/2011.
8.3. Produzione di vini spumanti dealcolizzati.
I punti 5) e 12) della Comunicazione affrontano, infine, il tema dei vini spumanti totalmente dealcolizzati, rilevando come tali prodotti, pur astrattamente consentiti dalla nuova normativa, in concreto non risultino, attualmente, ancora realizzabili in ragione dello stato dell’arte delle tecniche produttive.
Per un verso, infatti, “le tecniche di dealcolizzazione oggi disponibili non garantiscono ... l'eliminazione dell'etanolo dai vini spumanti mantenendo nel contempo il loro contenuto di anidride carbonica”.
Per altro verso, “le attuali tecniche di fermentazione non consentono una seconda fermentazione senza produzione di alcole (a differenza della birra). L'aggiunta di uno sciroppo zuccherino a un vino spumante totalmente dealcolizzato porterebbe probabilmente a ottenere un vino spumante con un titolo alcolometrico effettivo superiore a 0,5 %, quindi non conforme alla definizione di «vino dealcolizzato»”.
Ne consegue che il prodotto finale ottenuto mediante tale rifermentazione rientrerà piuttosto, probabilmente, nella diversa definizione di vino spumante parzialmente dealcolizzato e, in tal caso, come tale andrà identificato in etichetta.
Rimane, invece, aperta la possibilità di produrre “vini spumanti gassificati” totalmente dealcolizzati, partendo da un vino di base dealcolizzato al quale venga aggiunta anidride carbonica esterna.
Il presente articolo divulgativo è stato scritto dall'avv. Stefano Senatore per la Rivista ConsulenzaAgricola, periodico di approfondimento dedicato alle tematiche del mondo agricolo.
Per informazioni ed abbonamenti alla rivista: https://consulenzaagricola.it/editoria/rivista-pubblicazioni.
La versione integrale dell'articolo è scaricabile dal link in fondo.
NOTE:
[1] L’estrazione della soluzione idro-alcolica dal vino presso una cantina solleva, ad esempio, diversi problemi di compatibilità con la Legge n. 238/2016 (Testo unico della vite e del vino), soprattutto con riferimento al suo art. 15, comma 1, che vieta la detenzione negli stabilimenti enologici, nonché nei locali annessi o intercomunicanti, di:
- alcol (lettera a)
- acqua (lettera e)
- mosti, mosti parzialmente fermentati, vini nuovi ancora in fermentazione e vini aventi un titolo alcolometrico totale inferiore all'8 % vol (lettera g).
[2] L’uso del condizionale deriva da una considerazione sul rapporto fra fonti del diritto nell’ordinamento italiano. Si nota infatti che gli ostacoli nazionali alla dealcolizzazione sono dovuti alle disposizioni della Legge n. 238/2016 e, dunque, ad una fonte di rango primario. Nonostante ciò, le “deroghe” recentemente intervenute a favore della dealcolizzazione sono stabilite da un Decreto ministeriale, fonte del diritto subordinata alla Legge e, quindi, inidonea a prevalere sul Testo unico.
La stabilità dell’attuale assetto normativo potrebbe, comunque, ritenersi garantita – ad avviso di chi scrive – considerando inapplicabili le previsioni della Legge n. 238/2016 che si pongano in contrasto con le norme dell’Unione europea sulla dealcolizzazione. Il che farebbe venire meno, per l’appunto, il conflitto tra il Testo unico ed il D.M. del 20 dicembre 2024.
[3] Pertanto, a titolo esemplificativo, la dealcolizzazione di un prodotto appartenente alla categoria “vino” potrà avere luogo soltanto dopo che siano stati soddisfatti i requisiti previsti dal punto 1 dell’allegato, ossia quando il prodotto “base”:
- sia stato ottenuto esclusivamente dalla fermentazione alcolica totale o parziale di uve fresche, pigiate o no, o di mosti di uve;
- abbia raggiunto il titolo alcolometrico effettivo minimo richiesto, pari a 9% vol in caso di uve raccolte in Italia;
- possegga un titolo alcolometrico totale non superiore a 15% vol (fatti salvi i casi di deroga);
- sia caratterizzato da un'acidità totale espressa in acido tartarico non inferiore a 3,5 g/l, ossia 46,6 milliequivalenti per litro.
[4] Ci si riferisce alla Comunicazione della Commissione C/2024/694 avente ad oggetto “Domande e risposte sull'attuazione delle norme dell'UE in materia di dealcolizzazione dei vini”, che al punto 3) affronta espressamente il tema dell’arricchimento dei prodotti a monte.
[5] Tale restrizione nazionale, ad avviso di chi scrive, potrebbe considerarsi ammissibile nonostante la discordanza rispetto alle sovraordinate norme dell’Unione europea. Il Regolamento OCM, art. 83, paragrafo 2 stabilisce difatti che “gli Stati membri possono limitare o vietare l'impiego di determinate pratiche enologiche e prevedere norme più restrittive per i vini prodotti sul loro territorio, autorizzate in virtù del diritto dell'Unione, al fine di rafforzare la preservazione delle caratteristiche essenziali dei vini a denominazione di origine protetta o a indicazione geografica protetta, dei vini spumanti e dei vini liquorosi”.
[6] Il Regolamento (UE) 2019/787, art. 4, punto 7) citato dalla norma fornisce, infatti, la seguente definizione di “distillato di origine agricola”: “un liquido alcolico ottenuto mediante distillazione, previa fermentazione alcolica, dei prodotti agricoli elencati nell'allegato I del trattato che non presenta le caratteristiche dell'alcole etilico e che conserva l'aroma e il gusto delle materie prime utilizzate”.
[7] La Commissione, nella Comunicazione C/2024/694, punto 10), precisa al riguardo che i titoli alcolometrici effettivi minimi per le varie categorie di prodotti vitivinicoli andrebbero identificati come segue:
- per la categoria 1) (vino): “8,5 % (zone viticole A e B), 9 % (altre zone)”;
- per le categorie 4) e 5) (vino spumante e vino spumante di qualità): “titolo alcolometrico non specificato, quindi implicitamente identico a 1)”;
- per la categoria 6) (vino spumante di qualità del tipo aromatico): “6 %”;
- per la categoria 7) (vino spumante gassificato): “titolo alcolometrico non specificato, quindi implicitamente identico a 1)”;
- per le categorie 8) e 9) (vino frizzante e vino frizzante gassificato): “7 %”.
[8] Sono state predisposte, al riguardo, le seguenti due guide:
- EFSA BIOHAZ Panel (EFSA Panel on Biological Hazards), Koutsoumanis K, Allende A, Alvarez-Ordo~nez A, Bolton D, Bover-Cid S, Chemaly M, Davies R, De Cesare A, Herman L, Nauta M, Peixe L, Ru G, Simmons M, Skandamis P, Suffredini E, Jacxsens L, Skjerdal T, Da Silva Felicio MT, Hempen M, Messens W and Lindqvist R, 2020. Guidance on date marking and related food information: part 1 (date marking). EFSA Journal 2020;18(12):6306, 74 pp. https://doi.org/2903/j.efsa.2020.6306;
- EFSA BIOHAZ Panel (EFSA Panel on Biological Hazards), Koutsoumanis K, Allende A, Alvarez-Ordo~nez A, Bolton D, Bover-Cid S, Chemaly M, Davies R, De Cesare A, Herman L, Hilbert F, Nauta M, Peixe L, Ru G, Simmons M, Skandamis P, Suffredini E, Jacxsens L, Skjerdal T, Da Silva Felıcio MT, Hempen M, Messens W and Lindqvist R, 2021. Guidance on date marking and related food information: part 2 (food information). EFSA Journal 2021;19(4):6510, 45 pp. https://doi.org/2903/j.efsa.2021.6510.
[9] Si noti, peraltro, che il riferimento esclusivo al “termine minimo di conservazione” (senza alcun cenno alla “data di scadenza”) non rappresenta una peculiarità della traduzione ufficiale italiana del Regolamento (UE) 1308/2013, art. 119, paragrafo 1, lettera j), essendo riscontrabile anche nelle altre versioni linguistiche, tra cui si possono citare quella inglese (“date of minimum durability”), francese (“date de durabilité minimale”) e tedesca (“Mindesthaltbarkeitsdatum”).