Temperatura di esposizione e vendita di prodotti caldi nei supermercati.

 

Quesito: Qual è la nuova normativa a cui fare riferimento per la temperatura di esposizione e vendita di prodotti caldi nei supermercati, essendo la legge 327/80 abrogata? La temperatura prevista è sempre superiore ai 60 °C?

 

Risponde l'avvocato Stefano Senatore.

 

Il decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1980, n. 327 (regolamento di esecuzione della legge 30 aprile 1962, n. 283) dettava, all’articolo 31, alcune regole igieniche sulle temperature di conservazione dei prodotti alimentari deperibili. In tale ambito – per quanto qui rileva – veniva anche previsto che “gli alimenti deperibili cotti da consumarsi caldi (quali: piatti pronti, snacks, polli, etc.) debbono essere conservati da +60°C a +65°C”.

Come evidenziato nel quesito, il d.P.R. n. 327/1980 – in realtà, già in parte superato dalle norme europee del cosiddetto “Pacchetto igiene” del 2004 – è stato, di recente, formalmente abrogato ad opera dell’articolo 18 del decreto legislativo 2 febbraio 2021, n. 27, che ha fatto salva esclusivamente “l’applicazione delle disposizioni di esecuzione agli articoli 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 12-bis, 13, 17, 18, 19 e 22 della legge 30 aprile 1962, n. 283”.

Pertanto, anche i requisiti di temperatura previsti dal citato articolo 31 – non rientrando, ad avviso di chi scrive, nell’elenco delle norme mantenute in vita dal d.lgs. 27/2021 – dovrebbero potersi considerare definitivamente abrogati [1].

Venuta meno tale disciplina nazionale, l’attuale riferimento normativo per le temperature di conservazione è rappresentato dal regolamento (CE) 852/2004 sull’igiene dei prodotti alimentari, il cui Capitolo IX, al punto 5, stabilisce che “le materie prime, gli ingredienti, i prodotti intermedi e quelli finiti, in grado di consentire la crescita di microrganismi patogeni o la formazione di tossine non devono essere conservati a temperature che potrebbero comportare rischi per la salute”.

Di conseguenza, lo scrivente ritiene che sia rimessa, sostanzialmente, all’operatore del settore alimentare (Osa) la responsabilità di determinare la temperatura di conservazione dei prodotti, che dovrà essere tale da garantire la sicurezza e l’idoneità degli alimenti.

La valutazione condotta dall’Osa dovrà tenere conto, ovviamente, degli specifici prodotti trattati nello stabilimento, del tipo di attività poste in essere e delle loro modalità di svolgimento, individuando, così, i pericoli effettivamente rilevanti nel caso concreto.

La consultazione della bibliografia scientifica potrà, peraltro, offrire un valido supporto agli operatori ed ai loro consulenti nell’ambito dell’attività valutativa.

Ad esempio, in relazione ai prodotti cotti da consumarsi caldi, oggetto del presente quesito, un’indicazione utile si può rinvenire nel parere scientifico reso dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) il 27 settembre 2018, sugli approcci di analisi dei pericoli per taluni piccoli dettaglianti e sulle donazioni di alimenti [2]. Alla pagina 21 di tale documento si riferisce, infatti, che i piatti cotti, qualora mantenuti a temperature superiori ai 65°C, possono essere consumati fino a 4 ore dopo la cottura.

[Articolo pubblicato sulla rivista Alimenti&Bevande, n. 3/2022, Filo diretto con l'esperto]



NOTE:

[1] L’articolo 31 stabilisce, difatti, i requisiti di igiene degli esercizi di vendita e di somministrazione di alimenti e bevande, dando così attuazione all’articolo 2 della legge n. 283/1962, secondo il quale: “L'esercizio di stabilimenti, laboratori di produzione, preparazione e confezionamento, nonché di depositi all'ingrosso di sostanze alimentari, è subordinato ad autorizzazione sanitaria. Il rilascio di tale autorizzazione è condizionato dall'accertamento dei requisiti igienico-sanitari, sia di impianto, che funzionali, previsti dalle leggi e dai regolamenti”. Tale articolo 2 è stato espressamente abrogato dal decreto legislativo n. 27/2021 e, pertanto, si ritiene venuta meno anche la connessa disposizione dell’articolo 31 del d.P.R. 327/1980.

[2] EFSA BIOHAZ Panel (EFSA Panel on Biological Hazards), Koutsoumanis K, Allende A, Alvarez-Ordo~nez A, Bover-Cid S, Chemaly M, Davies R, Herman L, Hilbert F, Lindqvist R, Nauta M, Peixe L, Ru G, Simmons M, Skandamis P, Suffredini E, Jacxsens L, Petersen A, Varzakas T, Baert K, Hempen M, Van der Stede Y and Bolton D. Scientific Opinion on the hazard analysis approaches for certain small retail establishments and food donations: second scientific opinion. EFSA Journal 2018;16(11):5432, https://doi.org/10.2903/j.efsa.2018.5432